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Subito dopo aver ucciso Monckham andai direttamente a Scotland Yard. Mi sembrava il posto migliore per crearmi un alibi". Inizia così questo romanzo scritto originariamente nel 1938. Ma nonostante l'apparenza il lettore non saprà fino alla fine - in realtà fino all'ultima riga del libro - chi è il colpevole, sebbene quest'ultimo ci racconti in prima persona i suoi movimenti. Monckham, la vittima, era un ricattatore che aveva estorto denaro a numerose persone. Dunque sono in molti quelli che avevano un movente e che hanno tratto vantaggio dalla sua morte. Ma chi fra loro è il narratore assassino? Un assassino che, anche se attentissimo a non tradirsi, è però estremamente fair nei confronti delle altre persone coinvolte al punto da intervenire con opportune anonime indicazioni agli inquirenti per dimostrare come il presunto colpevole di turno non possa aver commesso il crimine. Un libro anomalo nel suo genere, una sfida al lettore che non potrà fare a meno di cercare di superare in astuzia l'autore Betteridge Don e scoprire il colpevole prima che gli venga svelato. «Subito dopo aver ucciso Monckham, andai direttamente a Scotland Yard. Mi sembrava il posto migliore per crearmi un alibi. Chiesi dell’ispettore Duncan, che conoscevo bene. Non c’era, ma la cosa non aveva importanza. Perché il sergente Newcombe, che in genere lavorava con Duncan, era presente, e la mia domanda spontanea – quanto ci avrebbe messo ad arrivare Duncan – sarebbe stata importante per richiamare l’attenzione sul fattore tempo. Newcombe aveva una buona memoria, come sapevo, ed era improbabile che si dimenticasse di un simile particolare, sebbene vi avessi fatto cenno in un modo assolutamente casuale. In ogni caso, non mi aspettavo che sarebbe stato necessario fare affidamento sulla sua memoria. Monckham era il primo uomo che avessi mai ucciso, ma ero certo di non aver commesso alcun errore. Duncan arrivò mezz’ora dopo. Aveva un paio di cosette da sbrigare, ma poi andammo a casa insieme. Duncan è un mio vecchio e fidato amico, e le nostre abitazioni, i cui muri posteriori confinano, si trovano in strade adiacenti. Passò da me per il bicchiere della staffa e poi proseguì verso casa sua. Così, dalle 21,25 alle 23,10 del 21 ottobre 1936, avevo il migliore alibi del mondo: ero in compagnia di uno stimato funzionario di Scotland Yard. E per i primi quaranta minuti – il periodo critico – mi trovavo proprio a Scotland Yard. Nemmeno il più scaltro pubblico ministero del Paese sarebbe stato in grado di inficiare il mio alibi. Sebbene avessi ucciso un uomo due ore prima, me ne andai a letto fiducioso, in perfetta tranquillità d’animo. Ero sicuro che il mio piano fosse infallibile. Era un piano semplice, ma l’avevo preparato con grande cura. Credo di aver letto centinaia di romanzi polizieschi, quelli che i primi ministri e i vescovi elogiano in modo così sperticato.»
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