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Ancora su Amazon, sui prezzi dei libri e su un libro di Alessandro Gazoia

Creato il 31 luglio 2014 da Martinaframmartino

Ancora su Amazon, sui prezzi dei libri e su un libro di Alessandro GazoiaSiete clienti di Amazon? Io sì, con la carta di credito di mio marito perché non ne ho una personale. I miei acquisti però si limitano in genere a libri fuori catalogo, quel tipo di volumi che se interessano li si deve comprare appena si trovano perché non è detto che li si riesca a trovare un’altra volta, o a libri di pattinaggio in inglese, qualcosa che in Italia è più difficile da trovare del bel tempo in questi ultimi giorni. Mi sa che devo aver detto troppe volte nella mia vita l’inverno sta arrivando e qualcuno lassù ha deciso di accontentarmi.

Cliente molto attenta e limitata nelle scelte quindi, anche se sono avvantaggiata dal fatto di lavorare in una grossa libreria e di poter quindi fare i miei acquisti con una certa facilità. Immagino che per chi viva in un paesino il discorso cambi e di molto, eppure sono convinta che Amazon dovrebbe essere l’ultima risorsa nella scelta di un posto dove fare i propri acquisti.

Ancora su Amazon, sui prezzi dei libri e su un libro di Alessandro Gazoia
Tempo fa vi avevo parlato di Come finisce il libro di Alessandro Gazoia: http://librolandia.wordpress.com/2014/07/02/su-come-finisce-il-libro-di-alessandro-gazoia-jumpinshark/. Chiacchiere a ruota libera, come ogni tanto mi capita di fare, anche se spero di scrivere comunque cose interessanti, mentre la recensione vera e propria per ora si trova solo su FantasyMagazine: http://www.fantasymagazine.it/libri/21459/come-finisce-il-libro/
Della Legge Levi, che fissa limiti allo sconto sui libri e di cui parla anche Gazoia, ho già parlato in passato (http://www.fantasymagazine.it/notizie/15455/sconti-sui-libri-la-nuova-legge-a-gia-in-vigore/), ma forse è il caso di riprendere l’argomento e formularlo in modo più semplice. Faccio esempi con un ipotetico libro dal prezzo di 10,00 euro perché così i calcoli sono più semplici.

Ok, abbiamo il Libro da 10,00 €. Questa è la cifra che paga il lettore, non quella che paga la libreria. Alla libreria il libro deve costare per forza meno, altrimenti non può esistere. Quanto meno? Qui entrano in gioco gli accordi commerciali. Sono accordi, non c’è nessuna legge in proposito. E allora come si fa a stabilire quale sia il prezzo giusto, posto che tutti vogliono guadagnare? La libreria vorrà spendere il meno possibile, l’editore guadagnare il più possibile. Il prezzo è un compromesso legato alla forza delle due parti in causa. Un grosso editore potrà permettersi di far pagare molto i suoi libri alle piccole librerie senza troppe difficoltà. Ve la immaginate la piccola libreria che non ha l’ultimo romanzo di John Grisham o che è senza il libro di cucina di Carlo Cracco? Il potenziale lettore ci mette poco ad andare altrove e la libreria ha perso un cliente. L’editore non ha perso nulla. D’altro canto le grandi librerie di catena possono permettersi di fare pressione sugli editori. Quando qualcuno dell’ufficio acquisti si mette al tavolo con un editore per discutere le condizioni di acquisto per 300 negozi, alcuni anche di 500 metri quadri, può permettersi di far notare all’editore che è lui che ci rimette se i suoi libri non sono esposti nei negozi che rappresenta. Chi acquista 5.000 copie di un libro per l’editore ha motivazioni molto più convincenti di qualcuno che di copie ne acquista solo 10. La libreria autonoma di 50 metri quadri non conta nulla a livello commerciale, le grosse catene sì. E con questo non voglio sminuire l’impegno e la passione di chi ci lavora, solo sottolineare come l’economica di libero mercato presenti non pochi problemi evidenti pure a me che di economia non so un accidente.
Le condizioni da bilanciare sono molte, io non ho mai fatto parte di un ufficio acquisti ma qualche conto ipotetico posso provare a farlo lo stesso. Una libreria di catena può arrivare a farsi fare lo sconto da un editore del 45%. Questa cifra l’ho sentita davvero, sicuramente mi sono imbattuta anche in altre cifre che ora non ricordo e che non ho tempo di cercare. Con lo sconto del 45% la Libreria di catena paga il Libro all’Editore 5,50 €, gli altri 4,5 € sono quel che gli rimane per pagare affitto, corrente, dipendenti, tasse e via dicendo e per avere il suo guadagno.

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La Piccola libreria (le maiuscole non sono casuali, vogliono esemplificare una categoria) non è così forte e potrebbe trovarsi ad acquistare il libro con il 20% di sconto. Il che significa che l’Editore incasserà 8,00 € e la Piccola libreria ne avrà solo 2,00 € per far fronte alle sue spese. La Piccola libreria avrà spese minori, meno dipendenti, un affitto più basso, cose di questo tipo, ma la differenza è comunque tanta. E avrà meno scelta anche solo per il fatto che ha uno spazio espositivo minore e quindi può avere meno titoli. Vi è mai capitato di scegliere un negozio in base alla sua grandezza sapendo che questo vi avrebbe dato più scelta? Ecco, il solo fatto di essere piccole può far perdere clienti alle Piccole librerie. E poi guardiamo il prezzo.
Se il prezzo è fisso per il cliente cambia poco dove fare il suo acquisto, e magari è determinante la competenza o la simpatia del libraio. Quando però entra in gioco il portafogli le cose cambiano. Mettiamo che la Libreria di catena faccia ai suoi clienti il 15% di sconto. Il cliente spenderà 8,50 €, e sarà più propenso a fare il suo acquisto lì piuttosto che dove dovrebbe spendere ben 10,00 €, cifra che al confronto appare altissima. Togliendo 1,50 € ai suoi incassi alla Libreria di catena resterà comunque un margine di incasso di 3,00 €, cifra più alta rispetto a quanto resta alla Piccola libreria che non fa sconti. Con un meccanismo di questo tipo per forza la Piccola libreria prima o poi si troverà a perdere tutti i clienti, attirati oltre che dalla scelta maggiore dal prezzo più basso della Libreria di catena.
Capito perché è stata fatta la legge sullo sconto sui libri? Ora ciascuna libreria – anche on-line – non può fare di propria iniziativa uno sconto superiore al 15%, e già quella percentuale è altissima per chi fatica a sopravvivere. I conti, ancora una volta, sono semplici: se la Piccola libreria paga il Libro con il 20% di sconto e lo vende con il 15% le rimangono solo 50 centesimi, un po’ troppo poco. Tenete presente anche che non tutti i libri si vendono, e che anche il magazzino ha un costo.

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Come faceva Amazon a vendere i libri con il 40% di sconto? Semplice, impiccava gli editori – Gazoia parla del programma gazzella, quella che deve essere raggiunta e sbranata – pretendendo di acquistare i libri da loro con uno sconto altissimo. Amazon non fa filantropia, preferisce prendersela con gli editori per accaparrarsi i lettori, e chiudere gli occhi di fronte a questa realtà perché ora non tocca le nostre tasche è di una miopia notevole. Perché una volta che tutti gli altri concorrenti saranno stati eliminati Amazon non avrà più bisogno di fare gli sconti per avere i clienti. Sarà l’unico negozio disponibile, e i clienti non avranno alcuna scelta.

Qualche tempo fa mi sono imbattuta in un articolo di una giornalista americana. Non ho tenuto il link, sono talmente piena di link che a volte fatico a raccapezzarmici e non tengo tutto. Questa giornalista raccontava di essere stata da poco a Parigi e di essere rimasta colpita dalla quantità di librerie che ha visto. Lì lo sconto massimo consentito sui libri è del 5%, quindi non è potuto entrare nessun colosso ad uccidere il mercato stritolando tutti i rivali. D’altra parte in Gran Bretagna non esiste nulla del genere, e le pochissime librerie londinesi sono una specie in via d’estinzione.
Noi, al momento, siamo nel mezzo.
Amazon ha una serie di vantaggi sleali che non vanno trascurati. Anche se guadagna in Italia paga le tasse in Lussemburgo, il 3% contro il 22% delle librerie in cui entrate abitualmente e dei negozi on-line italiani. Con una differenza così grande può – potrebbe visto che ora la legge glie lo impedisce – permettersi sconti agli altri impossibili. Tralascio il discorso sulle condizioni di lavoro, di cui parla Gazioia e di cui ho letto altri esempi sui giornali, per chi volesse saperne di più ricordo solo il libro di Jean-Baptiste Malet “En Amazonie”. Un infiltrato nel “Migliore dei mondi”.

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Amazon – ma questo vale per tutti i negozi on-line – non ha orari di apertura né librai che forniscono consigli. Il negozio in cui lavoro mi deve pagare lo stipendio anche se in negozio non c’è nessun cliente. Gli orari di apertura sono chiari, e sul piano dobbiamo essere sempre almeno in due indipedentemente da quel che abbiamo da fare. Negli orari di punta, nei giorni di maggiore affluenza, nei momenti di sovrapposizione dei turni, nei periodi dell’anno più importanti, siamo di più. Cambi turno, straordinari, assunzione di qualcuno per il periodo natalizio sono cose normali. A volte lavoriamo con calma, a volte con frenesia, dipende da quanti clienti ci sono, da quanto chiedono (chi si sta facendo una passeggiata in genere vuole solo essere lasciato in pace, uno studente con una lista di 30 libri da cui ne deve scegliere 10 per le vacanze li vuole vedere tutti e i 20 che non prende poi vanno pure rimessi a posto), da quante novità e/o rifornimenti sono arrivati, dal fatto di dover allestire o disallestire una o più promozioni, dalla quantità di ordini che dobbiamo fare (le variabili sono legate al numero di giorni di stampa del venduto che dobbiamo leggere – quando si torna dalle ferie e vanno lette due settimane invece dei consueti 1-2 giorni è un incubo – e dal fatto di dover fare gli ordini di preparazione di una campagna), dal fatto che siano o meno aperte delle rese, dall’educazione dei nostri clienti (!) e da quanti siamo noi. Non c’è una regola fissa.

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In un negozio on-line è tutto molto più lineare. Il cliente non va seguito, non si chiacchiera con lui e non si risponde ai suoi dubbi. Non arriva nessuno a chiedere quel libro molto grosso con un occhio in copertina (Frank Schatzing, Il quinto giorno, una ragazza me lo ha davvero chiesto così), il libro di quel tal scrittore presente da Fabio Fazio due settimane fa (cosa che implica che noi cerchiamo il sito della trasmissione di Fazio e andiamo a vedere chi erano i suoi ospiti) o che spieghiamo l’ordine di lettura di una saga. Fra l’altro lo sapete che c’è gente che viene da noi, si prende la consulenza e poi va a fare acquisti su internet perché lì i libri li paga meno? E magari quando chiuderemo si chiederà pure il perché.
Nel nostro orario lavorativo sono comprese anche queste cose, le ricerche assurde e le risposte alle domande strane, purché il cliente ci fornisca qualche indizio su cui lavorare. Se l’unica cosa che sa è che il libro è blu e che è uscito da poco allora può scordarsi di trovarlo, ma a volte riusciamo a trovare i libri anche con tutti i dati sbagliati. Una volta mi sono fatta una risata insieme a una signora che mi aveva chiesto Il libro della felicità di una certa Allegra Speranza, quando il libro che voleva era L’arte della Gioia di Goliarda Sapienza. Aveva sbagliato tutto, ma il libro per me era troppo famoso per non trovarlo. Potrei andare a prenderlo a occhi chiusi se non avessi paura d’inciampare nei tavoli.

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Con internet il cliente fa tutte le ricerche per conto suo, nessuno gli dedica del tempo, quindi quello è tempo per cui i dipendenti non vanno pagati. I negozi on-line risparmiano, pure sui cassieri. Sì, alla fine qualcuno si deve occupare della contabilità, ma questo avviene anche da noi. Le cassiere fanno il loro calcolo totale della giornata e poi passano i loro dati alla responsabile che fa il resto. Internet ha solo la figura corrispondente alla nostra responsabile, magari anche più di una se il lavoro è tanto – il che significa che gli incassi sono tanti – ma elimina i cassieri, tanto fa tutto il cliente.
I clienti non sono nel negozio, il che da alcuni punti di vista è un bel vantaggio. Non ci sono furti per esempio. Anche mettendo l’antitaccheggio – e per farlo serve tempo e il tempo dei dipendenti costa – i furti ci sono lo stesso. Alcuni mesi fa io e una mia collega eravamo stupite di come ci avessero rubato praticamente sotto al naso una manciata di libri ai quali avevamo messo l’antitaccheggio, così un responsabile ci ha spiegato come hanno fatto. Ora se volessi potrei rubare pure io, è facilissimo una volta imparato il trucco. Non ve lo dico, comunque ogni volta che non troviamo il libro e che vi diciamo che qualcuno lo avrà messo fuori posto la frase potrebbe significare che qualcuno ha davvero messo il libro fuori posto oppure che qualcuno ce lo ha rubato. Alla lunga sono soldi, spese anche notevoli per i negozi reali ma inesistenti per quelli virtuali, a meno di avere un dipendente ladro.

Altro vantaggio del negozio virtuale: i clienti non mettono in disordine. I dipendenti sanno con quali criteri sono disposti i libri e li mettono su tavoli e scaffali seguendo quei criteri. I clienti menefreghisti – e sono tanti – sono quelli che prendono il libro, decidono che non gli interessa e lo mettono giù a caso. A volte troviamo intere pile di libri abbandonate in giro. Chi sta programmando un viaggio spesso consulta una decina di guide turistiche per decidere quale gli piace di più, e fin troppo spesso dopo essere stato capace di trovarle non sa più come metterle via, come se improvvisamente l’ordine alfbetico della parete fosse cambiato, e le abbandona in giro, a volte tutte insieme, a volte sparse qua e là. Rimettere a posto la parete delle guide turistiche la domenica sera, anche se si è passati a sistemarla più volte in giornata, richiede sempre 10-15 minuti. E con il reparto bambini va anche peggio.
I clienti stronzi sono quelli che nascondono i libri. Li nascondono davvero, li mettono sotto altri libri o a scaffale al di fuori del loro reparto, in modo che noi ci accorgiamo che sono lì solo quando un cliente ci chiede un libro che sta accanto a quello che lo stronzo in questione ha messo al posto sbagliato o quando andiamo a sistemare un libro appena arrivato con i rifornimenti proprio in quel punto. Chiariamo una cosa: a noi importa poco se i clienti acquistano i libri. Siamo dipendenti, la nostra busta paga non cambia se un giorno vendiamo dieci libri in più o in meno. Purché ce ne siano abbastanza a fare acquisti da far stare in piedi il negozio la cosa ci tocca poco, anche se ci dà soddisfazione vedere un cliente che torna e ci ringrazia per il bellissimo consiglio. Perciò quando do’ un libro a qualcuno non ho mai la pretesa che lo acquisti, può restituirmelo tranquillamente e io lo ringrazio per la restituzione. Quando lo trovo abbandonato su un tavolo sono infastidita perché penso che come mi ha chiesto il libro la persona in questione avrebbe pure potuto restituirmelo. Ha paura che io mi arrabbi perché non lo compra? Non lo farei mai, ma visto che magari non ne è sicuro può lasciare il libro non sui tavoli di vendita, in disordine, ma sulle nostre postazioni di computer senza dirmi nulla. Io o qualche collega lo troveremo lì entro breve e lo rimetteremo subito a posto, e se qualcuno dovesse chiedercelo di nuovo noi avremmo un’altra possibilità di vendere quel libro. Non so quante volte ci è capitato di non trovare un libro lì dove avrebbe dovuto essere, perdere la vendita, e ritrovarlo abbandonato da qualche parte poco dopo che il cliente se n’è andato. Un libro abbandonato in giro ci infastidisce molto, un libro nascosto ci fa lanciare abbondanti insulti allo Stronzo Misterioso. I negozi virtuali non hanno questi problemi, non perdono vendite per libri fuori posto e i loro dipendenti non perdono tempo a sistemare, magari anche più volte al giorno, gli stessi libri sugli scaffali.

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Poi ci sono i danni. Siete mai entrati in libreria con il gelato? Se lo fate sappiate che io vi guardo storto. Anche qui, ci sono persone ben educate che fanno attenzione a quello che fanno e che se inavvertitamente fanno un danno si adoperano per rimediare, e c’è chi se ne frega. Se vi cade del gelato su un libro voi cosa fate? Se usate il cervello e non ve ne infischiate prendete un fazzolettino e asciugate, molte copertine sopportano benissimo il trattamento purché il gelato sia poco e venga asciugato in fretta. Se ve ne cade tanto e voi ve ne andate, magari il gelato cola e io devo eliminare un’intera pila di sette libri terribilmente sbrodolati, e sappiate che questo non è un esempio ipotetico. Mi è successo davvero. Ci sono anche i simpaticoni che, troppo timidi per chiedere, e troppo orbi per vedere la quindicina di cestini presenti in negozio, o forse solo troppo scarsi di cervello, abbandonano il fondo del cono o le loro coppette vuote direttamente sui libri. Non vi dico cosa vorrei fare io quando faccio ritrovamente come questi, o quando trovo l’ennesimo libro sulla cui copertina qualcuno ha appicicato un chewing gum, potrebbe imbattersi nel mio blog qualche minorenne e non voglio turbare animi delicati.

In più ci sono genitori che ci scambiano per un parco giochi consentendo ai loro libri di attaccare gli adesivi dei libri con adesivi, o di smontare e sparpagliare in giro tutti i pezzi dei libri-puzzle, ma trascurando il dettaglio di pagarli, tanto mica li portano via. Che poi noi non li possiamo più vendere non è un problema loro. Se poi noi sognamo di spingere qualcuno giù dalle scale…
Ecco, tutti questi clienti sono un danno, un danno che il negozio in internet non ha. Poi per forza su internet si trovano prezzi più bassi.
Torniamo al punto di partenza. Avremmo meno problemi se i clienti fossero più educati – la maggior parte lo sono, ma comunque i maleducati sono un numero sufficeintemente alto da creare problemi – ma il fatto di avere uno sconto massimo bloccato almeno non ci pone troppo in svantaggio rispetto alla concorrenza on-line. L’ebook è per noi un altro concorrente pericolosissimo proprio perché costa meno.

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Gazoia fa discorsi interessantissimi sul rapporto fra testi di qualità e testi che aiutano gli editori a stare in piedi (La vita letteraria e l’autore autorizzato) e sulla bolla editoriale (da pag. 56), sull’editing dei libri autopubblicati (Il libro che i lettori vogliono), con una frase – il risultato finale è un’operazione esplicitamente volta a compiacere i lettori – che fa venire i brividi a me, e che mi fa pensare a quanto si stia facendo sempre più difficile il percorso per scrittori veri come Filippo Tuena, con il quale ho chiacchierato recentemente, ma anche sulle Fan fiction e su tutta una serie di realtà che si stanno modificando – spesso in peggio – in quest’ultimo periodo e in cui anch’io in qualche modo sto facendo la mia parte. Del resto se do’ pareri sui libri sul lavoro, e sono pagata per farlo, li do’ anche qui, e lo faccio gratis, il che da un lato implica una certa generosità da parte mia (forse è solo che sento il bisogno irrinunciabile di scrivere e che qui ho trovato la mia valvola di sfogo) ma che dall’altro può mettere in difficoltà chi i consigli li dà a pagamento, ed è ciò che gli consente di vivere.
Fra le cose di cui parla Gazioia c’è anche la tariffa pagata per gli ebook del kindle store, e visto che mi sono imbattuta in un articolo interessante vi segnalo il link: http://www.quintadicopertina.com/index.php?option=com_content&view=article&id=313:la-retorica-di-amazon&catid=56:editoria-digitale&Itemid=83.
Avrei voluto parlare dell’altro libro di Gazoia, l’ebook Il web e l’arte della manutenzione della notizia, che ho letto in vacanza, ma mi sono imbattita in quell’articolo, mi sono dilungata fin troppo e per ora mi fermo qui.



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