Ancora sulle esperienze di pre-morte (NDE) – 2^ parte

Creato il 06 gennaio 2013 da Salvoc

Riporto in questo post le ipotesi che sono state fatte per spiegare l’insorgere delle NDE. Esse si dividono essenzialmente in due insiemi contrapposti: quelle di tipo ‘riduzionista’ o ‘monista’, avanzate da coloro che vedono le NDE come fenomeni che avvengono solo internamente al cervello e quelle di tipo 'non riduzionista' o ‘dualista’, sostenute da quelli che vedono le NDE come fenomeni che non possono essere interamente spiegati  come ‘prodotti’ interni al cervello.


1) Ipotesi dei sostenitori della ‘NDE interna al cervello’
Secondo alcuni studiosi 'riduzionisti', le NDE si possono spiegare per mezzo dei cambiamenti fisiologici nel cervello, a causa dei neuroni che muoiono, quindi come il risultato di uno stato mentale associato alle condizioni critiche finali. 
Queste si possono distinguere in cause chimiche, fisiologiche e psichiatriche.
Per quanto riguarda le cause chimiche, è stato ipotizzato che le NDE  possano accadere per l’anossia (mancanza di ossigeno), o anche  per l’ipossia (riduzione di ossigeno), per liberazione di glutammato, o per altri mediatori cerebrali farmacologici tipo serotonina e agenti allucinogeni tipo chetamina e fenilciclidina, oppure anche per una elevata concentrazione di anidride carbonica e di potassio nel sangue (2).  
Tuttavia queste ipotesi sono state criticate da Greyson (2010) per svariati motivi: piccolo numero di soggetti osservati e per contraddizioni con risultati di precedenti ricerche (3).
Per quanto riguarda le cause  fisiologiche, ci sono prove che il lobo temporale è coinvolto nella mistica e nelle esperienze religiose e la sua stimolazione può indurre allucinazioni, flashback di memoria, esperienza fuori dal corpo (OBE).
Alcuni  ricercatori  hanno studiato il funzionamento del lobo temporale in individui che hanno avuto NDE. I ricercatori hanno segnalato che tali individui presentano una forma vicina a quella degli epilettici nell’attività EEG del lobo temporale e maggiore rispetto ai soggetti normali e sono giunti alla conclusione che un alterato funzionamento del lobo temporale può essere alla base delle NDE e che gli individui che hanno avuto esperienze di questo tipo sono distinti dalla popolazione generale rispetto a questo aspetto fisiologico (4). 
Tuttavia, gli stessi ricercatori riconoscono che non è stato possibile stabilire con precisione se le differenze riportate nei loro studi siano da imputare  a traumi dei soggetti osservati oppure se siano  specifici delle NDE (5).
Per le cause psichiatriche sono state proposte, sempre dai sostenitori ‘NDE interna’, spiegazioni che fanno riferimento al fenomeno della ‘dissociazione’ post trauma , tuttavia Greyson esplorando questa ipotesi ha concluso che nessuno di quelli che hanno avuto una NDE presentava sintomi dissociativi. (6)
E’ stato ipotizzato inoltre da alcuni studiosi che la NDE sarebbe una rappresentazione approssimata della realtà fatta dal cervello in mancanza di informazioni sufficienti provenienti dai sensi. Tuttavia Greyson (2010), ha criticato questa impostazione perché la chiarezza mentale, le immagini sensoriali vivide e la memoria limpida che sono la norma durante le NDE, sembrerebbero essere tutt’altro che rappresentazioni approssimate della realtà (7).
Spiegazione dei diversi fenomeni che compongono una NDE
Ecco come diversi studiosi che sostengono la tesi ‘NDE dentro il cervello’ spiegano l’insorgere di alcuni dei fenomeni che costituiscono le NDE:
-Sensazione di pace: E’ noto che sotto stress o paura di morire vengono rilasciate delle endorfine che inducono sensazione di benessere e di piacere. 
-Tunnel e luce:  la corteccia visiva è organizzata in maniera tale che molti neuroni sono dedicati al centro del campo visivo e pochi alla periferia. Per cui l’eccitazione casuale di alcuni di essi, essendo più frequenti al centro del campo visivo, potrebbero generare visone di luce e oscurità intorno, in modo da dare la sensazione di vedere un tunnel. 
Ad individui in stato di meditazione in grado di visualizzare mentalmente un senso di luce, è stata misurata un cambiamento emodinamico (con fMRI) e neuroelettrico (con EEG) in diverse regioni cerebrali fra cui il lobo temporale,
regione implicata nelle emozioni positive, immaginazione visiva mentale, attenzione e esperienze spirituali.
-Revisione della vita: il sistema limbico è coinvolto nelle emozioni e la memoria, quindi anossia in questa regione anatomica potrebbe essere alla base della "revisione di vita" fenomeno che si verifica a volte durante le NDE. 
- Eperienza di fuoriuscita dal corpo (OBE) : Un esperimento di OBE su un uomo di 63 anni, monitorato tramite PET ha permesso di capire che la regione del cervello interessata durante l’evento è stata quella della giunzione tempo-parietale. 
2) Ipotesi dei sostenitori della ‘NDE esterna al cervello’
Sono diversi gli studiosi che diffidano dell’impostazione riduzionista adottata da quelli che credono nella “NDE tutta interna al cervello” e ritengono che questa non possa spiegare le NDE nella loro globalità. 
Un articolo di Lommel del 2001 affermava, dopo l’analisi delle interviste fatte ai rianimati per arresto cardiaco di cui il 18% aveva avuto una NDE, che le NDE non possono essere spiegate come causate da fattori fisiologici, neurologici o psicologici. Infatti pur essendo tutti i pazienti ‘clinicamente morti’ molti non avevano avuto una NDE. Inoltre secondo questo ricercatore se solo fattori fisiologici dovuti all’anossia del cervello fossero la causa delle NDE allora la maggior parte dei pazienti dovrebbe provarla (8). 
Successivamente numerose sono state le obiezioni avanzate  contro la tesi ‘NDE interna’ . Una delle maggiori,  dovuta a Greyson (2010), è che la chiarezza mentale, le immagini sensoriali vivide e la memoria limpida, oltre che la convinzione che l’esperienza sembri più reale di quelle ordinarie sono la norma per le NDE sebbene esse accadano in condizioni di fisiologia cerebrale drasticamente alterata in cui la neurologia tradizionalmente ritiene ogni forma di consapevolezza come impossibile. Invece l’80% di quelli che hanno avuto una NDE dice che l’esperienza è stata ‘più limpida del normale’, il 74% dice che è stata “più veloce di quelle usuali” o ‘più logica’. Inoltre dall’analisi del quadro clinico si è scoperto che l’incidenza delle NDE diventa percentualmente sempre più alta man mano che si aggravano le condizioni fisiche, cioè man mano che i pazienti si sono avvicinati allo stato di vera morte irreversibile. Quindi le NDE sembrano caratterizzate dalla presenza di coscienza, attenzione e grande  consapevolezza in uno stato e in un momento in cui non ci si aspetterebbero presenza della coscienza e funzionamento della memoria (9). 
‘Morte clinica’ e memoria
I sostenitori ‘NDE interna’ hanno obiettato che l’EEG piatto (cioè lo stato di ‘morte clinica’) non significa necessariamente che il cervello abbia smesso di funzionare perché magari c’è una residua attività che non è possibile registrare, ma i sostenitori della ‘NDE esterna’ controbattono dicendo che la questione non è stabilire se c’è una minima attività ma se c’è quella attività che secondo la neurologia moderna è la condizione sine qua non perché vi sia una esperienza conscia. Inoltre le cellule dell’ippocampo che sono essenziali nella formazione della memoria, sono particolarmente vulnerabili agli effetti dell’anossia. In conclusione quindi pare temerario affermare che delle esperienze così complesse quali le NDE possano essere interamente spiegate come un prodotto di una ipotetica residua capacità cerebrale. 
Ma i sostenitori ‘NDE interna’ hanno ipotizzato che la NDE si verifichi non quando si suppone che accada, cioè durante la morte clinica, ma poco prima o poco dopo l’evento traumatico, quando il cervello ancora funziona più o meno bene, però è stato osservato, dai sostenitori della ‘NDE esterna’, che la perdita di coscienza dovuta ad arresto cardiaco usualmente procura amnesia sugli eventi prima e dopo il trauma, e ciò ridurrebbe di molto la possibilità che una NDE che avvenisse poco prima o poco dopo l’incidente possa essere fissata in memoria (10).
Osservazioni intorno a se
Una caratteristica che appare importante e che i fautori  della ‘NDE esterna’ mettono in evidenza è il fatto che sono stati riferiti numerosissimi casi verificati in cui durante la NDE i pazienti che erano fisiologicamente e fisicamente impossibilitati  a farlo hanno invece osservato intorno a se e in posti remoti eventi, cose e persone che non avrebbero potuto vedere o sentire.  
I fautori della ‘NDE interna’ asseriscono che queste sarebbero ‘false visioni’ causate dalla memoria  o dalla visione degli ambienti prima dell’evento cruciale o semplicemente per inferenza logica e immaginativa sulla situazione ambientale. Però i fautori della ‘NDE esterna’ rincarano la dose portando come esempio il fatto che molti ciechi dalla nascita, durante la NDE hanno potuto vedere, e ciò appare inspiegabile nell’ipotesi ‘NDE interna’. Holden (2009) ha riferito di più di 90 casi di NDE con uscita dal corpo in cui ciò che è stato visto è stato corroborato da verifica (11).
Visione dei parenti defunti 
Per quanto riguarda la visione di conoscenti defunti, i sostenitori della ‘NDE interna’ ritengono che sia una allucinazione causata dai farmaci o dalle condizioni fisiologiche o dal desiderio della persona di ricongiungersi con i parenti defunti. Infatti si è notato che le persone più vicine alla morte percepiscono più facilmente i defunti rispetto a quelli che ne sono lontani. Però i pazienti sotto attacco cardiaco hanno poco tempo per accorgersi di essere vicini alla morte e quindi la spiegazione sul loro desiderio di vedersi riuniti con i parenti deceduti non può valere. Fra l’altro alcuni pazienti vedono altri defunti totalmente sconosciuti. In certi casi veramente interessanti, i pazienti hanno visto persone di cui  non conoscevano il fatto che erano morte, e che invece erano decedute di recente. Quindi l’ipotesi ‘aspettativa’ in questi casi non può essere valida. 
Molte persone sono emotivamente vicini ai loro animali domestici e sperano quindi di essere riuniti con loro, così come con le persone care, dopo la morte. Pertanto, secondo l'ipotesi ‘aspettativa’, sarebbe ragionevole trovare un gran numero di allucinazioni di animali domestici deceduti, come delineato da Greyson (2010). Tuttavia, Kelly (2001) ha riferito che, fra quasi 300 casi, solo due persone hanno visto i loro animali domestici (12).
Nel prossimo post riporterò le conclusioni di Agrillo e di Dell’Olio, e le mie considerazioni finali.
(continua)
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Note e crediti
(1) Il post è stato scritto avendo come riferimento principale l’articolo di Agrillo (in inglese) segnalato qui, da esso ho tratto la maggior parte delle informazioni riportate e si rimando a esso chi vuole  approfondire:  Christian Agrillo – Near-Death Experince: Out-of-Body and Out-of-Brain ?– Rewiew of General Psycology 2011   vol   15 -American Psychological Association.Ho 
Ho consultato anche l’articolo reperibile in rete di Andrew J. Dell’Olio - Do Near-Death Experiences   Provide a   Rational Basis for Belief in Life after Death? - Springer Science + Business Media B.V. 2009
(2) vedere i riferimenti bibliografici riportati da Agrillo a pag.5 dell’articolo citato.
(3) Greyson, B. (2010). Hypercapnia and hypokalemia in near-death experiences.
   Critical Care, 14, 420 (segnalato da Agrillo nell’articolo citato a pag 5)
(4) Agrillo articolo citato pag 5
(6) (da Wikipedia) Con dissociazione in psicopatologia e in psichiatria si intende un meccanismo di difesa con cui alcuni elementi dei processi psichici rimangono "disconnessi" o separati dal restante sistema psicologico dell'individuo: tale condizione si può ritrovare in molte reazioni psicologiche (ad esempio, davanti a situazioni traumatiche)
(7) Agrillo articolo citato pag 5
(8) C’è da dire però che nel 2008 Braithwaite ha pubblicato un articolo di critica alle tesi di Lommel sostenendo che egli aveva misurato l’anossia solo indirettamente e rispondendo al quesito del perché solo il 18% dei pazienti anche nelle stesse condizioni cliniche avesse avuto una NDE ribaltando la questione e cioè asserendo che, se fosse vera l’ipotesi della vita oltre la morte, le NDE dovrebbero essere provate da tutti i rianimati anziché solo da 1 su 5. (Agrillo articolo citato pag 6)
(9) Agrillo articolo citato pag 6
(10) Agrillo articolo citato pag 6
(11) Holden, J. M. (2009). Veridical perception in near death experiences. In J. M.
Holden, B. Greyson, & D. James (Eds.), The handbook of near-death
experiences (pp. 185–211). Santa Barbara, CA: Praeger/ABC-CLIO. (segnalato da Agrillo nell’articolo citato a pag 7)
(12)  Kelly, E. W. (2001). Near-death experiences with reports of meeting
   deceased people. Death Studies, 25, 229–249 (segnalato da Agrillo nell’articolo citato a pag. 7


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