Andrea Paolucci, autore di Wuh, da quando ha incontrato Temperamente è entrato in un trip – e chi lo conosce, lo sa, a lui non capitano spesso queste cose. Allora, in preda ad una crisi estetica, gli è venuta un’idea, che avrebbe reso partecipe il suo pallino: intervistare Temperamente e le sue fondatrici. E a noi, che siamo impallinate con Temperamente tanto quanto lui, l’idea è piaciuta, e questo che segue è il risultato.
Caro Temperamente, hai in mente un obiettivo?
In mente ho una matita, veramente. Con una matita puoi scrivere, disegnare, colorare, staccarti dal foglio; può essere mordicchiata e colpire, anche le matite sanno essere cattive. Però poi tutto si può cancellare, così puoi ricominciare ad esprimerti. Questo è l’obiettivo, fondamentalmente.
Ti senti più sito d’informazione o di partecipazione letteraria?
Per mia natura, per il fatto che sono stato partorito dalla fervida mente di più ragazze incontratesi per caso e per per fortuna, mi sento un sito partecipativo. Mi piace condivedere ciò che faccio, ho raccolto numerosi stranieri nel tempo, pubblico tutto ciò che mi piace e sono aperto a commenti, critiche e proposte.
Chi è il tuo eroe?
Dato che sono stato fondato da donne, dovrebbe esserci al massimo un’eroina, piuttosto! Ma andando oltre le battute e le distinzioni, posso affermare che non ci sia un unico eroe a cui mi ispiro, ma tanti. C’è Vittorio Alfieri che si fa tagliare i capelli e legare alla sedia per studiare, c’è Jack Kerouac che attraversa gli States con il suo rotolo di carta che assomiglia a una strada, c’è Emily Dickinson che vive le sue avventure in una stanzetta, c’è Giulio Einaudi che fonda una casa editrice sperimentale che diventerà un modello negli anni, c’è Antonio Gramsci che scrive dal carcere, George Orwell con la sua capacità di prevedere il futuro e Philp K. Dick che lo descrive, come Herman Melville o Jules Verne, c’è Josè Saramago che detta nei suoi altimi anni le sue opere. E molti molti altri. Ci sono tutti quelli che hanno difeso il diritto di leggere e scrivere facendo circolare manoscritti, copie di libri proibiti, salvando dall’incuria e dall’ignoranza le generazioni future e contemporanee. Tanti eroi, tanto onere (gran, piacevole onere).
Ti piacciono più i libri o i lettori?
Da buon lettore, Andrea, ti dirò che amo i libri. Ma cosa sarebbero i libri senza qualcuno che li legge? E i lettori cosa sono se non un insieme di libri? Gli uni non possono vivere senza gli altri. Poi certo, potremmo dire che ci sono libri e libri, lettori e lettori, ma in generale, mi piacciono parimenti. Mi rammarico del fatto che non ci siano abbastanza lettori per i tanti libri che ci sono…
Cosa si cela nella bellezza di una storia?
La bellezza del mondo.
Ed ora una domanda per ogni fondatrice, sussunta con poteri magici e rielaborata con la lettura delle mini-biografie.
Cara Azzurra, qual è lo schifo di roba che non leggi?
A costo di passare per radical chic e intellettuale di cartone, cose che in effetti sono, solitamente non leggo i best seller, i primi in classifica, quello di cui parlano tutti. E per lavoro dovrei, eh! Ma non mi guardate così, non sono snob né ho la puzza sotto al naso, leggo anche le carte trovate a terra e prendo i libri in prestito in biblioteca. Io ci ho provato a leggere FollettSmithVitaliGiordanoVoloPattersonReich eccetera eccetera, ma non mi piacciono. Alcuni (molti) li ho anche letti tutti, in diversi formati, generi e stili, ma il risultato non è cambiato. Forse è perché a me piace variare, infatti sono un’onnivora (di libri – esclusivamente, di libri). Leggo classici, alterno fumetti, mi nutro di contemporanei e postmoderni, seguo avventure editoriali e mi appassiono ad autori sconosciuti e conosciutissimi. E ogni tanto, mi ricredo sui primi in classifica – come qui . Anzi, spero di ricredermi più e più volte, perché sono convinta che solo gli stupidi non cambiano mai idea e aspetto sempre l’arrivo di grandi sorprese come il Grande Cocomero.
Cara Glenda, quale personaggio letterario vorresti in questo istante accanto a te?
A volte le persone che incontro nei libri continuano a presenziare nei miei pensieri: qualcuno è seduto sulla sua poltrona, con lo sguardo perso nel vuoto; altri sono ancora alla guida della loro auto; i più divertenti sono coinvolti nelle situazioni più paradossali; altri ancora, senza dubbio i miei preferiti, riflettono, rimuginano, travolti da rimorsi e rimpianti . Ma c’è una figura che non ha mai abbandonato il mio ricordo e la accolgo in questo modo.
Raggiungo la cucina, prendo il pentolino e lo riempio di acqua fino a tre dita dal bordo; estraggo un fiammifero per accendere un fornello e, dopo essermi scottata appena un polpastrello, vi appoggio il pentolino, stando bene attenta che rimanga in equilibrio. Posiziono al centro del tavolo di legno rotondo un vaso ricolmo di fiori di campo e alla sua destra una crostata di marmellata di ciliegie. Suonano alla porta. Non sono nervosa, ho soltanto paura di non essere in ordine, così controllo un attimo i capelli allo specchio e, contemporaneamente, appoggio la mano sulla maniglia di ottone della porta d’ingresso color carta da zucchero. Apro. Eccola lì, in tutta la sua vibrante bellezza. Nonostante sia abituata ad ambienti più eleganti, a suo agio, prende posto alla mia tavola, su una sedia di un verde acceso, getta uno sguardo malinconico verso una margherita bianca, accarezzandola dolcemente. L’acqua bolle, spengo il fuoco e verso il liquido incandescente nella teiera. Mi volto e gli occhi della mia ospite sono già lucidi. Le sorrido. Lei, rivolta al Ritratto di signora che capeggia nella mia cucina, comincia a raccontare ciò che non mi ha mai detto, ma che io ho sempre saputo.
Cara Angela, chi è che maltratta la grammatica?
Quelli che: “L’importante che si è capito ciò che ho detto!”. Chi paragona la grammatica a un mostro da combattere rigorosamente con l’arma dell’ignoranza. Quei taaanti ragazzi che studiano Lettere – ma calpestano lessico e sintassi –, che rischiano di trasmettere il non-sapere e la non-passione agli studenti di domani.
Soprattutto, chi non sa che un ottimo modo per far pace con la nostra grammatica è aprire un buon libro!
Cara Simona, cosa ti emoziona in un libro?
Non c’è un elemento ben preciso che mi emoziona, ogni lettura è un’esperienza diversa. Un libro mi emoziona quando riesce a farmi viaggiare in luoghi insoliti, quando mi propone punti di vista differenti e personaggi talmente realistici che mi sembra di conoscerli di persona e di incontrarli per strada. Un libro che mi emoziona è un libro che riesce a strapparmi un sorriso, una lacrima, e che mi tiene sulle spine. Un libro che mi emoziona è un libro che mi manca non appena termino la sua ultima pagina.
Cara Susanna, ci descrivi la tua collezione di sogni e desideri e dove la tieni?
I miei sogni e i miei desideri possono trovarsi in uno spicchio di luna o nel moto notturno del mare. In una conchiglia che vuole raccontarsi o in un libro non scritto, tante volte in uno lasciato in sospeso. Sono forme non esprimibili, figlie di una volontà che a volte emerge impetuosa, altre volte scava silente e costante. Non amano essere imbrigliati in definizioni. Sanno di esistere e questo basta.
(L’intervista è finita, le domande no..)