di Giovanni Agnoloni
“Orange Pedestal”
- Com’è nato il tuo amore per la pittura, e come si è sviluppato?
Cominciai a dipingere all’età di quindici anni. In quel periodo ero interessato anche all’architettura, ma mi resi conto che la mia vera passione era l’arte. Ricevetti una borsa di studio alla George Washington University nel periodo 1997-2001, a Washington D.C., e cominciai a capire che cosa volevo fare con la mia pittura. Ma direi che è stato nel 2005 che ho iniziato la strada su cui oggi mi trovo. Ho fatto un Masters alla St Martins di Londra, dove ho sviluppato il modo in cui tuttora dipingo.
- Che significa essere un pittore americano in Italia?
Direi che sono un pittore americano che lavora in Italia con pittori italiani, ma alle fine siamo tuttiartisti. Un esempio un po’ diverso, ma per sottolineare la fluidità di cosa vuol dire essere un artista contemporaneo straniero in Italia, sarebbe la situazione di Villa Romana a Firenze. In teoria è un’istituzione per artisti tedeschi – nel senso che artisti della Germania vengono alla Villa per un periodo di residenza. Però in questo momento c’è anche un’artista canadese che lavora in Germania. Perciò lei in un certo senso è “tedesca”. Il mondo dell’arte di oggi è cosi fluido… una situazione davvero interessante, secondo me.
– La memoria e lo spazio sono due temi importanti della tua pittura. Ci puoi parlare in particolare delle tue figure “emergenti” da uno sfondo tenue, come di sogno?
Sì penso che è vero, e mi piace quest’idea di una pittura “morbida”. Penso che questo tipo di pittura funzioni bene con i temi della memoria e dello spazio, proprio per via dell’atmosfera creata dal colore nel quadro. Lo scopo sarebbe di trovare una specie di bellezza non nella cosa in sé, ma nella sottigliezza del tono e dell’ombra.
“Studio at the Old St Martins”
- Hai dei modelli artistici e dei “maestri” solo in ambito pittorico o anche in altri campi, come quello letterario?
Non guardo solo gli altri pittori per ispirarmi, però è vero che ho diverse fonti d’ispirazione letteraria, comeMarcel Proust. Mi hai chiesto del tema della memoria, e sicuramente Proust ne è il vero maestro: direi che mi ha proprio aperto gli occhi, con le sue immagini altamente suggestive. Però sono stato molto influenzato anche dalla musica, e posso dire che è nel periodo dell’adolescenza che ho trovato l’ispirazione.
- Hai esposto in numerose città italiane, europee e americane, in mostre personali e collettive, e insegni disegno e pittura a Firenze. Quali sono i tuoi prossimi obiettivi e progetti?
Sono sempre nel mio studio: penso che è una sorta di disciplina che mi permette la libertà assoluta. Lì si realizzano tutti i miei progetti, e la cosa più importante è continuare a dipingere, perché è solo in questo modo che riesco a creare dei nuovi lavori.
(nelle foto, due dipinti di Andrew Smaldone)
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