Testo diVincenzo Sfirro pubblicato su: ventonuovo.eu
Andromeda. A leggere tale nome, magari, alcuni potrebbero storcere il naso, prefigurandosi questo articolo come il racconto dell’ennesima favola mitica.
Del resto, se c’è qualcuno che trova noiosi tali argomenti, non è questo il luogo per dimostrargli il contrario.
Dato che, inoltre, l’argomento stavolta trattato, potrebbe risultare un po’ delicato e inconsueto, a maggior ragione, la base di partenza mitologica offrirà al lettore, come ha già fatto per il redattore, una sicura e, soprattutto, seria ancora d’appoggio, costituendo almeno una radice nobile a un discorso più frivolo.
Inoltre, prendendo per buona la tesi di Freud, secondo cui i greci erano stati degli psicologi tanto bravi da saper imprigionare e semplificare nelle figure mitologiche i desideri ancestrali e, spesso, inconfessabili degli uomini, allora, sempre il nostro mito di partenza, quello della fanciulla Andromeda, fungerà da modello di paragone per un particolare costume molto in voga nella società attuale.
Del resto, come sottolineano spesso anche i matematici e i fisici, il caso ideale, quello riprodotto in laboratorio e in condizioni ottimali, che per i più letterati corrisponderebbe al mito, non può essere valido, senza tenere conto di tutte le variabili che entrano in gioco nella realtà di ogni giorno, quella che si svolge fuori dall’osservatorio.Dunque, prima di divagare per giustificare la trattazione di questo articolo, cercando di dargli un tono di serietà e mistero, si parlava del mito di Andromeda, la principessa d’Etiopia figlia di Cefeo e Cassiopea.
La sfortuna dell’eroina fu quella di avere una madre che lodava la propria bellezza come superiore persino a quella delle Nereidi, le ninfe del mare figlie del dio Poseidone.
Mai porsi al di sopra di una divinità, almeno nell’ambiente ideale della mitologia, perché subito questa interviene a punire la superbia dei mortali, il dio degli oceani, infatti, pretese, come risarcimento, il sacrificio della bella figlia, Andromeda.
A questo punto ad illustrare i particolari dell’offerta ci pensa Ovidio (Metamorfosi IV, vv. 672-683 che, non a caso, indugia sui particolari più sensuali dell’eroina: appena la vide (Perseo, il suo liberatore) legata con le braccia alla dura roccia, se non fosse stato per un lieve vento che le muoveva i capelli e per il tiepido pianto che le scendeva dagli occhi, l’avrebbe creduta una statua di marmo… senza saperlo prese fuoco e restò attonito e rapito dall’immagine di bellezza vista… La fanciulla dapprima stette zitta, né osò chiamare l’uomo (sempre Perseo) e se non fosse stata legata si sarebbe coperte le modeste sembianze con le mani.
Se, poi, la sensualità delle parole non dovesse bastare c’è, ancora, la bellezza delle immagini di pittori come Henri Pierre Picou, Gustave Dorè e Edward Poynter che ritraggono un’Andromeda nuda, con le mani legate alla roccia da una catena e il volto teso per la paura del pericolo imminente.