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Androni Giocattoli Venezuela. Storia di una squadra. | Episodio 1

Creato il 16 dicembre 2014 da Emialzosuipedali @MiriamTerruzzi

Rivarolo Canavese è un paese a una trentina di chilometri da Torino, tra quelle colline che accolgono le viti in file ordinate e persino di questa stagione sembrano vive. All’orizzonte le montagne imbiancate di neve che all’alba delle giornate più limpide assomigliano a un quadro e più in là la cima lontana del Gran Paradiso. Questa terra ha una bellezza silenziosa e io, prima ancora di vederla, sono onesta, ho imparato a conoscerla tra le pagine dei romanzi di Cesare Pavese. Quando l’ho vista dal vivo ho ritrovato i respiri, i colori, i suoni delle parole già lette. Perché è vero che nessuno sa cantare un luogo meglio di chi ci è nato. Sono le radici, le abbiamo dentro, si avvinghiano all’anima anche se non le sentiamo. E in qualunque parte del mondo andiamo sentiremo un rumore, un odore, una voce che riporterà all’origine.
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L’Androni Giocattoli Venezuela corre dovunque. Ma le sue radici sono qui, tra queste colline dove si fa il vino, tra queste strade dove una volta l’anno passa un Carnevale che è una festa meglio di Natale o del 31 dicembre. Il legame con questa terra è forte, autentico, come le cose di una volta che non si rompevano mai. Anche grazie alla gente di qui che è legata profondamente alle sue tradizioni e chi le esporta nel mondo. D’altronde non è un caso che il Piemonte sia il cuore antico dell’Italia, dove tutto è cominciato.

E’ a Rivarolo che i ragazzi del Team si ritrovano per uno dei primi ritiri in preparazione della prossima stagione: alcuni si sono già visti, altri si conoscono già da tempo, altri si presentano per la prima volta. Un gruppo che diventa già di amici. Perché correre in bicicletta è un collante forte e a fare squadra non si comincia per strada ma prima, molto prima. Durante i test, gli allenamenti, a colazione o a cena. Gianni Savio, storico Team Manager, sceglie spesso questo hotel per far incontrare gli atleti e lo staff. Forse perché è un po’ come sentirsi a casa, per stare più vicino a quelle origini che rafforzano il concetto di famiglia. Un valore fondamentale e autentico che non è mai stato sbandierato inutilmente. L’Androni è davvero come una grande famiglia, lo si capisce da fuori e ancor più da dentro, standoci in mezzo.

Il pomeriggio, mentre fuori si accendono piano piano, le luci della strada e delle luminarie di Natale, in palestra, i ragazzi fanno i primi test. Emanuele Sella è concentrato sulla watt bike assieme agli allenatori, i fratelli Lanfranco, che lo incitano mentre Simone Stortoni, nuovo arrivato, scherza con il dottor Vicini. Dice di essere in stanza con un altro nuovo acquisto del team: Johan Ebsen, danese, e di non riuscire a dire altro che good morning e good night. Di fianco a lui, Serghei Tvectcov ascolta e sorride. Anche lui è appena arrivato ma qualche parola di italiano già la capisce.

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Una squadra che si forma e si riforma ogni anno sotto la stessa divisa come sotto una stessa bandiera. L’obiettivo è elementare: vincere. Gianni Savio dice sempre che lui, avendo giocato a pallone, ha imparato a ragionare come un allenatore di calcio. Il team è la formazione. Le tattiche cambiano e si studiano come in una partita importante. Ma non si gioca solo in campo, come non si corre solo in strada. La preparazione che è fondamentale. Si è ciclisti sempre, anche giù dalla bicicletta. E se questo è uno sport dove conta l’istinto è anche vero che dietro ci sono le carte, i watt, i numeri, le tabelle. Perché per arrivare a un sogno importante bisogna lavorare sodo, anche con tutte le variabili che possono esistere. Sul corpo, almeno. Perché la testa poi è una cosa a parte.
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I computer, le fasce cardio, il sudore, i muscoli tesi in uno sforzo che deve essere quasi identico a quello in corsa. In salita. In fuga. A tutta. Gli ultimi secondi di test sono per tutti come gli ultimi secondi di una volata. Poi ti svuoti e anche se devi continuare a pedalare, la fatica scorre via, tra gli scherzi, le risate e chi ti passa un asciugamano e una bottiglietta d’acqua.
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Si cena un po’ più tardi perché Oscar Gatto è arrivato da poco ed è ancora in palestra sulla watt bike. E’ un po’ che Gianni vuole che Oscar corra nella sua squadra ed è uno dei ragazzi su cui conta molto per il 2015, un talento che ancora deve sbocciare completamente. Di solito li sceglie così, anche i suoi tecnici, fidandosi un po’ dell’istinto perché il più delle volte per capire la passione e la dedizione basta un’occhiata, una sensazione, una parola.

Non è un caso che quando si parla di Androni Giocattoli viene automatico pensare a Gianni Savio. Il principe, lo chiamano. Per i suoi modi, la sua pacatezza, la sua gentilezza. Non so quando sia stato coniato questo soprannome ma di certo questa squadra l’ha voluta lui e ha una storia che va oltre quegli otto anni ufficiali. Comincia prima, affonda le sue radici agli inizi del Novecento con la figura di Giovanni Galli, il nonno materno di Gianni. Un ciclista, campione italiano degli Indipendentisti che aveva corso con Costante Girardengo. Ritirandosi dal ciclismo, intraprese un’attività e diede vita ai freni Galli. Gianni, dopo la laurea, entra nell’azienda del nonno e con gli anni la trasforma. Questo perché i tempi stanno cambiando e le piccole attività familiare hanno vita sempre più difficile. Lui è sempre stato convinto che siamo noi a dover stare al passo con le evoluzioni del mondo e plasmarle un po’ a nostro favore. Un concetto che forse vale anche nel ciclismo. La strada non aspetta nessuno. Bisogna trovarla da soli, con la fatica e un pizzico (anche di più) di creatività.
Quando Gianni capisce che i freni Galli non possono competere con i grandi colossi del settore, dà all’impresa un’anima più commerciale e crea un’agenzia pubblicitaria. E’ il 1985 quando nasce il Team Galli, la squadra di professionisti che, molto alla lontana, è un po’ l’antenata dell’Androni di oggi. Ma questo fa parte della prossima storia. La scoperta dell’America, del Venezuela. Dal paese in tutto il mondo. Perché il ciclismo il più delle volte insegna che per inseguire un traguardo bisogna partire. E basta. Si cresce, si diventa più forti.
Anche se in una sera d’inverno sotto il cielo limpido è bello sentire attorno la gente che ha il tuo stesso accento e ti sostiene come i primi giorni. Ecco perché Gianni ha voluto presentare la nuova squadra qui, ai fans, per la prima volta. “Siete lo zoccolo duro di questo sport” ha detto loro. E’ vero. Il rapporto tra tifosi e corridori è il motore di tutto. Il sudore in cambio dell’attesa costante sotto il sole o sotto la pioggia. E’ il senso della famiglia. Lontana ma divisa mai.



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