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Andy Warhol tra le Vetrine del PAN

Creato il 24 aprile 2014 da Wsf

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«La Pop art è per tutti. Non credo che l’arte dovrebbe essere solo per pochi eletti, ma penso che al contrario dovrebbe essere per la massa del popolo americano, gente che di solito accetta comunque l’arte …»
Andy Warhol, 1967

IN BREVE
In Pennsylvania, il 6 agosto 1928, da due immigrati ruteni nasce Andrew Warhola Jr. un bambino con un prodigioso talento artistico. Dopo essersi laureato al Carnegie Istitute of Technology (oggi Carnegie Mellon University) di Pittsburg si trasferì a New York, che gli offrì subito la possibilità di affermarsi nel mondo pubblicitario, collaborando soprattutto con le riviste Vogue e Glamour.

Il suo talento artistico si sviluppò in molti campi visivi. Infatti oltre al suo operato come pittore, è noto come scultore e per aver ricoperto vari ruoli in ambito cinematografico.
Grazie al suo enorme talento pubblicitario riuscì a ritagliarsi un posto d’onore tra i personaggi influenti del XX secolo, oltre che come padre fondatore della Pop Art.

La Pop(ular) Art è una delle correnti più importanti del dopoguerra, ha come caratteristiche centrali un graffiante cinismo (Nuova oggettività) e una semplicità equilibrata (Neoplasticismo, Dadaismo, Suprematismo). I soggetti dell’Arte Popolare sono gli oggetti di consumo e i linguaggi della società in cui si vanno a collocare. L’artista pertanto respinge la propria interiorità, e deve invece raccogliere e tradurre gli stimoli esterni che sono scagliati verso l’uomo e gli elementi che lo circondano. Differisce quindi dal movimento Dadaista che ha una carica prettamente provocatoria e “anarchica”.
Il termine “popolare” si riferisce al fatto che questa è un tipo di arte per la massa, cioè prodotta in serie per adattarsi al maggior numero di persone.

«Tutti si rassomigliano e agiscono allo stesso modo, ogni giorno che passa di più. Penso che tutti dovrebbero essere macchine. Penso che tutti dovrebbero amarsi. La pop art è amare le cose. Amare le cose vuol dire essere come una macchina, perché si fa continuamente la stessa cosa. Io dipingo in questo modo perché voglio essere una macchina»
Andy Warhol su “Art News” nel novembre 1963.

Poco dopo aver realizzato “Last Supper” (ispirato all’Ultima Cena di Da Vinci), muore a New York il 22 febbraio 1987 in seguito ad un intervento chirurgico alla cistifellea.

PITTURA
L’opera pittorica consiste per lo più nella ripetizione di una stessa immagine su vasta scala. Questo serviva prevalentemente a svuotarla di significato. Spesso le immagini erano ripetute modificandone i colori che erano sempre forti e vivaci. Tra i suoi lavori più noti vi sono sicuramente i ritratti di Marilyn Monroe e Mao Tse-Tung. La produzione in serie era fatta mediante l’impianto serigrafico.

FILM
Anche in campo cinematografico Warhol si fa subito notare per la spiccata sperimentazione, questo grazie soprattutto alle tecniche che utilizzerà per riprendere e poi proiettare i suoi film. I suoi primi lavori devono essere considerati come dei quadri che si animano davanti agli occhi dello spettatore.
Tra questi c’è “Sleep” (1963) la durata del film è di 5 ore e 20 minuti e viene filmato John Giorno (suo intimo amico) mentre dorme. A questo film fanno seguito: “Eat” (1963) interamente in bianco e nero e senza colonna sonora, durante il film Robert Indiana è intento a mangiare un alimento non bene identificato, dura 45 minuti; “Blow Job” (1964) ritrae un uomo che subisce una fellatio da uno o più partner fuori campo, viene inquadrata solamente l’espressione del soggetto centrale e la pellicola viene rallentata durante la proiezione di un terzo; “Kiss” (1963) dura 50 minuti e si alternano varie coppie (sia etero che omosessuali) che si baciano per 3 minuti e 30 secondi ciascuno.
“Empire” (1964) consiste in un’unica ripresa con la tecnica “long take in extremis”, ovvero con la telecamera fissa sull’Empire State Building di New York per 6 ore e 36 minuti, il film è riprodotto a rallentatore arrivando così a durare 8 ore e 5 minuti.

A NAPOLI
Warhol fu un artista molto attivo in Italia, sin dal 1965 quando il gallerista Gian Enzo Sperone lo volle nella propria galleria torinese.
Sebbene fu fortemente voluto a Napoli da Mario Franco per eseguire un film d’Avanguardia, il legame artistico tra la Neapolis e l’artista non si realizzò prima del 1976 quando venne invitato dal gallerista Lucio Amelio per eseguire dei lavori su commissione. La galleria era situata in Piazza dei Martiri. Warhol si fermò per tre giorni ed eseguì anche dei ritratti che ritraevano il gallerista stesso.

«Amo Napoli perché mi ricorda New York, specialmente per i tanti travestiti e per i rifiuti per strada. Come New York è una città che cade a pezzi, e nonostante tutto la gente è felice come quella di New York.»
Citato in Napoli Nobilissima: Volume 19, Arte Tipografica, 1980

Un anno dopo Lucio Amelio volle commissionare a Warhol la serie “Hammer and Sickle”, che non venne mai ultimata a causa dell’elevato costo. Durante il suo soggiorno, nello stesso anno, si cimentò nel cortometraggio “Maker”, dove viene ripreso un palazzo durante tutte le ore del giorno, studiando i cambiamenti apportati dallo scorrere del tempo.
Nel 1980 creò la nota opera “Fate Presto”, che è un riadattamento della prima pagina del Mattino che annunciava il terremoto d’Irpinia (23 Novembre 1980). Warhol rimase terribilmente impressionato dall’evento, e qualche anno più tardi creò una nota serie di quadri ispirata al Vulcano partenopeo.
Nel 1985 Warhol presentò “Vesuvius” ad un concerto organizzato dal gallerista per la soprintendenza dei Beni Archivistici e Storici di Napoli. Non è da sottovalutare la scelta del Vesuvio come icona di Napoli, infatti come si è già detto Warhol – avendo delle spiccate capacità pubblicitarie – aveva un’enorme e impressionante dote nell’identificare le icone chiave di una società e di una cultura.

LA MOSTRA AL PAN
Dal 18 Aprile 2014 fino al 20 Luglio al Palazzo delle Arti di Napoli, verrà tenuta la mostra “Andy Warhol: Vetrine”, a cura di Achille Bonito Oliva, critico italiano noto per essere il fondatore del movimento di Transavanguardia e per aver ricollocato il ruolo del Critico d’Arte trasformandolo in un ricercatore d’artisti.
La mostra è stata organizzata da Spirale delle idee, con il patrocinio del Forum Universale delle Culture e in collaborazione con il Comune di Napoli.
Il titolo della mostra è dovuto alla esposizione nella sede del PAN di un gruppo di lavori su carta tratti dalla serie “Golden Shoes”, questo è un omaggio alla prima attività dell’Artista e fa riferimento al periodo in cui lavorava come grafico pubblicitario e vetrinista per i negozi di Madison Avenue.
Sono raccolte 180 opere che si sviluppano soprattutto nel rapporto che legava l’artista a Napoli. Verranno esposti i numerosi ritratti dedicati ai personaggi noti della città e le vedute del territorio intitolate “Napoliroid”. Verranno inoltre mostrate la storica serie “Marilyn” (1967) e la successiva “Marilyn this is not by me” (1985).
Saranno proiettati due video inediti degli anni ’80 filmati da Warhol: il primo prodotto con Mario Franco è “Andy Warhol eats”; l’altro è girato con Peter Wise durante un viaggio da New York a Cape Cod.


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