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Anello del Monte Cretis, un set su Flickr.
A volte basta girare l’angolo per scoprire itinerari nuovi, dove una cima solitaria, dall’accesso nascosto,può ancora farti sentire l’emozione di un ambiente naturale. Il sentiero incerto entra a far parte di te e nella tranquillità di un bosco puoi ricostruire per un giorno sentimenti selvatici, quelli addomesticati dal mondo obbligato ad affrontare.
Per chi ama il silenzio e la natura, i segnavia sbiaditi e i sentieri vaganti questo è il posto adatto. Non si salirà in alto ma le linee che si possono ammirare vanno molto lontano a danzare sui contorni delle cime per poi attorcigliarsi sui tronchi degli alberi dentro il bosco e ancora fuggire in alto portando gli occhi oltre le punte dei rami spogliati dall’inverno. Sentiero senza nome per una montagna quasi sconosciuta e noi, nessun altro oggi, a reclamare per un giorno il bisogno di un po’ di spazio sopra le nuvole che giustifichi la fatica e l’inutile conquista di una cima. I prati degli stavoli Cuelcovon si distendono improvvisi, raggiunto l’apice dell’impluvio roccioso risalito tra tacche sulla roccia e qualche traverso erboso un po’ esposto. Poi si entra nel bosco per un breve tratto, per lasciar spazio infine al piacere di una pausa sopra il Friuli, stretto nell’oblio della quotidianità, sopra la foschia che avvolge la valle e le sue coscienze, per attimi che sembreranno infiniti, ma mai abbastanza.La cima cede il passo al bosco, dove ci lasciamo portare dalla luce che si diverte a giocare con i rami e il fruscio delle foglie cadute che profumano di umido. Il segnavia è incerto, la cartina indica una miriade di vecchie tracce di passaggio, tra queste c’è quella giusta.In alcuni tratti costruiamo degli ometti di pietra. Per chi verrà, se verrà, ma non troppi. Occorre lasciare anche il gusto di sentire proprio il bosco, di lasciarsi attrarre al suo interno, di sentire la sua presenza, che sarà rivelatrice della giusta direzione e disegnare la propria, arrotondando gli spigoli mimetizzati, dove ancora non è passato nessuno.Il silenzio si ostina a far sentire la sua voce, è un vero piacere stare ad ascoltarlo quando usciamo di nuovo all’aperto tra le eriche e il ginepro e ci fermiamo di nuovo a riposare, ancora una volta sopra la vallata, con i contorni di cime lontane e cimotte vicine che precipitano sopra la forra del Vinadia .La parte più bella del percorso, quella selvatica, si esaurisce poco dopo un ricovero di cacciatori,sul Col del Prete, poi il sentiero inverte direzione, abbandona il nord, si fa più evidente, si innesta su una pista e ci deposita il località Porteal. Passando accanto ai resti di tombe alto medievali, su tratti di strada e belle mulattiere lastricate raggiungiamo Chiauians e Lauco.Le case di Lauco, in gran parte ristrutturate, in gran parte chiuse, seconde case , fan bella mostra precedendo l’ultimo tratto di mulattiera a picco su Villa Santina. Il sole continua il suo giro quotidiano scendendo pian piano dietro i monti della Carnia, sotto di noi i paesi, le fabbriche tra poco saranno assorbite dal buco nero della notte, prigionieri di un sistema vittima di se stesso. Il silenzio smette di parlare, adesso le voci son altre, si sentono scorrere le auto sulla strada, si sente il rumore dell’energia che muove la macchina che non ha mai pausa. Si fermerà mai? No certo, ma è bello, almeno per un momento, averlo potuto immaginare.