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Angeli.

Creato il 04 marzo 2013 da Philomela997 @Philomela997

I Monologhi di Sana – Rubrica

“Tutti abbiamo un angelo. Un custode che veglia su di noi. Non sappiamo che forma prenda. Un giorno è un vecchio, un altro giorno una ragazzina. Ma non fatevi ingannare dalle apparenze: possono essere feroci quanto un drago. Eppure non combattono le nostre battaglie, ma ci bisbigliano dal nostro cuore per ricordarci che siamo noi; è ognuno di noi che ha in mano il potere sui mondi che creiamo. [...] Possiamo negare che i nostri angeli esistano. Convincerci che non possano essere reali. Ma loro si mostrano ugualmente… in posti strani… e in momenti strani. E parlano per bocca di uno qualunque dei personaggi. Quella urlante di un demone se devono. Sfidandoci. Incitandoci a combattere.”

(Sucker  Punch – Incipit)

 

Fisso lo specchio di un bagno estraneo.

Di nuovo, da capo, prova ancora.

Non so più chi sono.

Sento il terreno che frana,

come se le pareti di questa realtà potessero da un momento all’altro iniziare a sgretolarsi,

rivelando un mondo di cartapesta.

Fisso la pioggia da una finestra troppo alta,

le vette della stazione si intravedono fumose.

Partire, andarsene, e non tornare più.

Scappare dalla città della nascita e della morte.

Scappare da un reale che fa troppa paura.

Ho vissuto attraverso gli occhi di qualcun altro.

Mentre mi accascio in preda a un dolore tortile,

a una paura ammiccante di non saper vivere sola.

Implorando ancora, ancora una volta, di essere salvata.

Fluttuo con i miei occhi di bambola, vitrei e immemori,

tentando di ricordare che sapore avesse la vita.

Ma è un rischio, quello di non vivere più, che spezza il fiato.

Mentre la città scorre nella notte, conto i sette gradi di distanza,

i sette passi che mi separano da un passato troppo passato;

quella, non sono più io.

Hai aperto il mio vaso di Pandora

e ora, tornare indietro è impossibile.

Ma una cosa mi è chiara, almeno quella:

non voglio mollare, non voglio arrendermi.

Si, c’è qualcosa per cui vale la pena.

Ora lo so.

Perché nell’esatto istante in cui ho sentito il mio Io dissolversi,

mentre imploravo pietà e allo stesso tempo tenevo fuori il mondo

contorcendomi in una spirale distruttiva

qualcosa è successo.

Quando mi credevo ormai senza possibilità di redenzione,

qualcuno mi ha salvata da me stessa.

Ma ora, cosa succede se quel qualcuno scompare?

Sono in grado di proseguire da sola?

Mi fisso nello specchio, di nuovo,

chiedendomi chi sono.

Sono abbastanza forte da combattere questa guerra tutta da sola?

Ora si.

Non c’è più sconcerto, nel fondo dei miei occhi.

Intreccio i capelli e alzo il viso,

non voglio più fissare il terreno.

E so che mi rivolgerai parole di fuoco,

che ti prenderai gioco del mio dolore,

ma imparerò a non farmi più annientare dal suono di una voce,

è questa, la lezione da apprendere.

È sempre stata questa.

Non mi arrendo, non stavolta.

E sarò sola, sarà difficile, maledettamente difficile,

ma bisogna piantare lo sguardo sull’orizzonte

e non smettere mai di fissare quel punto,

la meta,

dove ci siamo prefissi di arrivare.

Non è la pietà ne la comprensione che voglio,

non è quello che cerco.

Lascio andare il dolore,

combatto.


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