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Ed eccoci di nuovo qui nella maratona thriller storica firmata dal ruso de cavei Ron Howard, l'ex Richie Cunningham, di Happy Days. Mi spiace Ronnie, ma quell'appellativo ti rimarrà attaccato addosso ancora per molto. E non lamentarti, perché potevi benissimo fare la fine di Henry Winkler... quindi possiamo dire che ti è andata di stralusso nel mettere il culo dietro la macchina da presa. Non posso dire lo stesso di Dan Brown, perché dopo la prima doppietta di romanzi è andato a impantanarsi come non mai, tantoché ho smesso di seguirlo con prepotenza, tantoché il suo ultimo che ho acquistato manco l'ho finito - e manco ricordo il titolo, ma so che parlava di una base missilistica sotto un iceberg, cosa che fa molto cartoon anni '90. Ha trovato però nuova linfa nella settima arte, dove le trasposizioni dei suoi romanzi sembrano aver successo. Quindi per certi versi manco mi spiego i quasi quattro anni che separano questo sequel da Il codice Da Vinci, ma visti i risultati...
Manco dopo aver salvato la figlia di Cristo [no, non è una bestemmia] per Robert Langdom non c'è pace. Il Vaticano lo fa arrivare a Roma perché gli Illuminati, o chi agisce per loro, hanno rubato da un laboratorio segreto in Svizzera un flacone di Antimateria, e minacciano di uccidere tutti i candidati alla carica di papa. Ce la farà il professore più powa di sempre a svelare l'arcano?Prima di cominciare voglio dire una cosa molto curiosa circa questa saga thriller-storica. A differenza di quello che molti possono pensare, o da quello che vuole fare dedurre la produzione hollywoodiana, Il codice Da Vinci non è il primo romanzo di Dan Brown. Il primo infatti era Angeli e demoni, che però in patria non riscosse alcun successo, tanto che alcuni voci non fondate avevano spinto il luminare dei poveri a ritirarsi dal mondo della scrittura. Poi il successo è arrivato col codice del genio di Firenze, e tutti sappiamo come da lì tutto è stato in discesa. In Italia però si deciso di pubblicare il romanzo dopo il suo successo mondiale, in modo da far affluire più persone alle vendite, e lo stesso è stato fatto coi film. Se non altro nelle trasposizioni su celluloide hanno avuto l'idea vagamente intelligente di mettere un riferimento alle precedenti bisbocce di Langdom, per quanto flebile, in modo da dare un senso di corposità al tutto. Quindi, com'è alla fine questo film? Il primo l'ho saputo gradire, come avrete avuto modo di leggere, ma questo mi è rimasto incastrato nel gargarozzo. Davvero. E ricordo che all'occorrenza io sono uno che sa accontentarsi, perché il libro mi era piaciuto e anche tanto, o almeno, quanto può piacere una lettura distensiva da fare sotto l'ombrellone. Questo film invece fa acqua da tutte le parti [chi ha visto il film o letto il libro capirà il gioco di parole]. La trama è sicuramente più articolata e movimentata del capitolo precedente, che oltre a delle indagini intraprende pure degli inseguimenti niente male, delle esplosioni fantascientifiche e degli assassinii abbastanza macabri. Eppure non tutto sembra filare per il verso giusto. La regia di Ron Howard qui è asettica e, oltre a un prologo abbastanza bellino, tutto il resto si concede a degli scolastici campi e controcampi che a lungo andare sanno diventare davvero noiosi. Sembra che i realizzatori abbiano pensato che basti far gestire tutto a una trama intrigante per avere un fil, avvincente, dimenticandosi che il più delle volte è più importante il come si narra una cosa anziché il cosa. Questa pellicola infatti non offre altro che un masturbatorio repertorio di azioni in corsa e fiatoni sudati, senza che però si finisca per emozionare. Io ho finito la visione con la testa abbastanza piena, perché non c'è uno-dico-uno momento di pausa, cosa che non rende il ritmo scattante, ma fa diventare il film scattoso, finendo per non far risaltare nessuna sequenza a causa di un deficitario sovraccumulo. Se non altro l'atmosfera è più oppressiva e gode di una cura maggiore rispetto al film precedente, ma questo da solo non basta, specie perché verso la fine ci sono pure un paio di lezioncine di filosofia spiccia che vogliono combinare la scienza con la religione, risultando parecchio pressapochiste e ridicole. Sempre ottimo il cast, che vede affiancato Tom Hanks [con dei capelli decenti, finalmente!] dalla abbastanza arrapante Ayelet Zurer, inseme a Ewan McGregor e il nostrano Pierfrancesco Favino - le fa tutte Favino!, direbbero in Boris. Poi vorrei citare una pseudo darkettona molto arrapante che lancia un gavettone in una scena random di massa, se sta leggendo la prego di contattarmi perché la voglio sposare.Da annotare il fatto che il film doveva essere girato a Roma, ma il vaticano aveva impedito alla troupe di girare sul suolo pontificio, pertanto la città eterna è stata ricostruiita interamente in studio con l'ausilio del digitale.Voto: ★★
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