Angelo Costa: per un’economia votata al bene comune

Creato il 16 dicembre 2013 da Libera E Forte @liberaeforte

È possibile l’unione tra morale cristiana e libertà economica? Di questi tempi l’impresa sembra decisamente ardua, anche se, a causa delle scelleratezze di uno pseudo liberalismo degradato, gli appelli per un’economia responsabile si stanno facendo sempre più numerosi. Il problema non risiede tanto nell’assenza dei modelli da seguire, quanto nella deliberata esclusione di tali modelli da parte dell’establishment politico ed economico: la Dottrina sociale della Chiesa, il popolarismo sturziano hanno indicato la via per conciliare l’aspetto imprenditoriale con quello della solidarietà.

Nel solco di questa tradizione si colloca la figura di Angelo Costa, analizzata nel libro “Cattolicesimo e liberalismo nei primi scritti di Angelo Costa”, scritto da Mauro Bontempi e edito da Aracne, casa editrice poliedrica che nella collana “Cronogrammi” presta particolare attenzione alla storia politica risorgimentale. L’autore, dottore di ricerca e collaboratore dell’Istituto di Studi politici “S. Pio V” di Roma, presenta la figura dell’imprenditore genovese ricostruendo la sua personale visione di un’economia etica e responsabile in cui confluiscono i principi del liberalismo e della morale cristiana.

Due volte Presidente di Confindustria “durante gli anni delicati della Ricostruzione e del rallentamento dell’economia italiana”, Costa viene descritto come un uomo di “speculazione e praxis”, che considerava il ruolo dell’imprenditore come “investito di una responsabilità etica e morale che trova fondamento nella centralità della persona, imago Dei”. Erede del cattolicesimo liberale che vede in Sturzo uno dei massimi esponenti, Costa, che annovera tra i suoi maestri ispiratori Einaudi, Bresciani Turroni, Zappa e Cabiati, si esprime criticamente nei confronti dell’imprenditoria italiana, “chiamata ad essere autonoma rispetto alla politica, più audace, più liberale, più responsabile sul piano etico e morale”.

Come ha notato il cardinale Tettamanzi nel discorso per il centenario della nascita di Costa, l’imprenditore genovese ha offerto alla Dottrina sociale della Chiesa un contributo originale, in cui l’homo oeconomicus lascia il posto all’homo agens, “un soggetto capace di coniugare l’etica della distribuzione con l’etica della produzione”.

La visione di Angelo Costa può essere sintetizzata in questa sua affermazione: “Quando il Signore ha detto ‘ama il prossimo tuo’ è evidente che non ha voluto imporre all’uomo un sentimento emotivo verso i suoi simili, ma ha comandato a tutti gli uomini di cooperare per il bene comune. L’obbligo morale di chi possiede dei beni di impiegarli per il bene comune è della stessa natura dell’obbligo che ha chi detiene doti intellettuali e fisiche di rivolgerle pure al bene comune”. Un insegnamento di grande attualità, che speriamo sia ripreso in questi tempi in cui la necessità di coniugare economia ed etica si fa sempre più pressante.

Marco Cecchini


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