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Anime Invisibili: Dai Diari di Colombo alla Venere Ottentotta
Creato il 28 marzo 2012 da Alessandro Manzetti @amanzettiGli abitanti di essa [...] mancano di armi, che sono a loro quasi ignote, né a queste son adatti, non per la deformità del corpo, essendo anzi molto ben formati, ma perché timidi e paurosi [...] Del resto, quando si vedono sicuri, deposto ogni timore, sono molto semplici e di buona fede, e liberalissimi di tutto quel che posseggono: a chi ne lo richieggia nessuno nega ciò che ha, ché anzi essi stessi ci invitano a chiedere (Cristoforo Colombo, prima relazione sul viaggio nel Nuovo Mondo, 14 marzo 1493)
Venerdì, 12 ottobre 1492, a mezzogiorno, Cristoforo Colombo sbarcò dalla sua Pinta su un'isola, nella baia di Fernandez, prendendo di possesso di quel luogo battezzato per l'occasione San Salvador, chiamata dagli indigeni Guanahani. E' questo l'inizio di un lungo viaggio parallelo che vi propongo, continuando l'esplorazione del colore tematico di questo mese, il bianco. Un viaggio che si concluderà il 6 maggio 2002, 510 anni dopo, quando le spoglie di Saartjie Baartman, una ragazza di etnia boscimane, giunsero in Sudafrica nella valle del Gamtoos, e furono finalmente sepolte sul Vergaderingskop, una collina sovrastante la città di Hankey, più di 200 anni dopo la sua nascita.
Dovete sapere che esistono diversi tipi di anime, almeno questo ci racconta la storia. Anime colorate e evidenti, come le nostre, evolutissimi animali, oppure anime invisibili, per i quali servono centinai di anni di ricerche per scoprirle, per vederle, ma anche anime bianche, dalla assoluta purezza che avvicinano l'uomo al divino, quelle dell'età dell'oro e delle utopie, e infine anime inesistenti, di creature che si preoccupano esclusivamente della sopravvivenza, delle necessità degli istinti, gli antenati animali che hanno perso il controllo del pianeta. Questione di selezione naturale, ma anche questioni di anime.
Questo viaggio, Anime Invisibili, racconta dunque una storia della ricerca di un'anima e nello stesso tempo di milioni di anime sospese, quasi trasparenti. Un viaggio che termina, inspiegabilmente, solo pochi anni fa, nonostante i progressi dei valori civili, della scienza e le meraviglie delle nuove tecnologie. E' stata più semplice la scissione dell'atomo che accorgersi di un'anima rimasta chiusa e dimenticata in un barattolo di vetro di un museo di storia naturale. Ma andiamo per gradi, riprendo dall'inizio, da Colombo e i suoi diari di viaggio.
Il diario di navigazione di Cristoforo Colombo è giunto fino a noi grazie alla trascrizione del frate francescano Bartolome' de las Casas, che consultò una copia del testo trascritto dall'Ammiraglio di suo pugno, andato perduto. Questo testo è estremamente interessante per comprendere la religiosità di Colombo, la sua presunta missione "divina", le emozioni guidate dalle filosofie dell'epoca, dell'età dell'oro dell'uomo, della sua purezza nella simbiosi con la natura, l'assenza di qualsiasi contaminazione, la sua somiglianza e stretta connessione con il mondo trascendente. Erano queste le aspettative di Colombo e della sua epoca nei confronti degli indigeni che avrebbe incontrato fin dallo sbarco a San Sanvador e poi nelle successive esplorazioni e perlustrazioni degli atolli delle Bahamas, Cuba, Haiti, Giamaica, l'isola di Trinidad (Venezuela), Honduras, Nicaragua e Costa Rica.
Il misticismo di Colombo traspare dal suo diario di viaggio: Il 23 settembre 1492 istituisce un parallelo fra sé e Mosé: come allora Mosé, che conduceva gli ebrei fuori dalla schiavitù egiziana, fu salvato dal mare grosso in assenza di vento, così lo stesso straordinario fenomeno si è ripetuto a suo vantaggio per tranquillizzare i marinai timorosi circa la possibilità di fare ritorno a casa. Ma nel tempo cambia radicalmente la filosofia di Colombo nei confronti degli indigeni, l'interpretazione dei valori dei nuovi popoli e culture incontrate, la propria dimensione religiosa. L'età dell'oro, del nobile selvaggio, finirà presto, e sarà solo la ricerca del prezioso metallo lo scopo ultimo delle sue scoperte, tramite lo sfruttamento delle risorse locali, ridotte in schiavitù. Schiavi, questo il nome giusto, tanto che sia Colombo che i suoi fratelli non battezzeranno più gli indigeni in quanto privi di anima, corrotti, sodomiti. Inutili anche per il duro lavoro richiesto, a causa della costituzione fisica non particolarmente resistente, minata oltretutto dalle malattie e dall'alcol portate dai nuovi mistici colonizzatori. Il mito del selvaggio sparisce, insieme alle anime di migliaia di persone. Le isole dele amazzoni, abitate da sole donne descritte con ammirazione e meraviglia, affondano in un mare oscuro. Il Paradiso diventa l'Inferno.
Quando alcuni nativi saranno portati e mostrati come animali alle corti d'Europa, a cominciare da quella di Isabella di Castiglia, saranno altrettanto interessanti quanto i papagalli dagli affascinanti colori, senz'altro meno utili del mais e di altre diavolerie portate dalle Americhe da Colombo. Nascono dunque quei giorni le anime invisibili. Il resto della storia la conosciamo tutti, i genocidi di Colombo e di altri conquistadores, come Francisco Pizarro che da pastore di maiali nella sua terra riuscirà a distruggere civiltà antichissime, che avevano trasformato la foresta in tante cattedrali d'arte. I suoi stessi mercenari, percorrendo stupiti strade megalitiche e ammirando città costruite su giardini galleggianti, si sentivano come dei barbari spaventati dalla grandezza delle opere dell'antica Roma.
Ma per continuare il nostro viaggio, e comprenderlo del tutto, dobbiamo sfogliare velocemente il tempo e arrivare a Londra nel 1810, dove fu trasferita Saartjie Baartman, una ragazza di etnia boscimane della tribù sudafricana khoikhoi (chiamati ottentotti) nata nelle vicinanze del fiume Gamtoos nell'odierno Sudafrica, rimasta orfana a causa di un raid di un commando sudafricano e presa come schiava al servizio da una famiglia di boeri. E' lei la protagonista della storia più incredibile di scomparsa di un'anima per quasi duecento anni. L'anima invisibile per eccellenza.
Saartjie a Londra diventò celebre, purtroppo, come fenomeno da baraccone. Riappare improvvisamente la scena dei nativi trascinati da Colombo davanti alla corte di Isabella di Castiglia, più di trecento anni dopo. Nonostante la schiavitù fosse ormai stata abolita Saartjie fu esibita come un animale da circo in tutta l'Inghilterra, costretta a intrattenere il pubblico esponendo il suo corpo, esotico e inusuale per gli europei. La ragazza possedeva infatti natiche enormi (steatopigia) e le labbra della sua vagina sporgevano per oltre 8 centimetri, caratteri somatici tipici delle donne della sua etnia.
Gli spettacoli della Baartman, chiamata la Venere Ottentotta, proseguirono a Parigi, quando fu venduta a un nuovo sfruttatore, un domatore di animali, che la esibì in condizioni ancora più dure per quindici mesi. I naturalisti francesi, tra i quali Georges Cuvier, la visitarono, esamimandola e misurandola in ogni dettaglio e ritraendola in innumerevoli illustrazioni al Jardin du Roi. Quando le sue esibizioni passarono di moda, la Baartman fu costretta e mantenersi con la prostituzione, cadendo sempre più vittima dell'alcolismo.
Saartjie Baartman morì il 29 dicembre 1815, all'età di 25 anni, probabilmente di vaiolo, sifilide o polmonite. Il suo sfruttatore vendette il suo corpo all'anatomista francese Henri Marie Ducrotay de Blainville nel 1816, la sua anatomia fu poi ripubblicata dal naturalista Georges Cuvier nelle Memorie del Museo di Storia Naturale, nel 1817. Il suo scheletro, i suoi genitali e il suo cervello furono messi in mostra al Musée de l'Homme di Parigi fino al 1974, poi vennero rimossi e conservati nel museo, non più visibili al pubblico. Si tratta di un'anima invisibile che nessuno riuscì a vedere, pur essendo in bella mostra in un museo, per centocinquanta anni, il calco del suo corpo e gli organi interni distribuiti in vari contenitori. Solo il libro di Stephen Jay Gould The Hottentot Venus negli anni ottanta riuscì a muovere qualche emozione umana, per considerare una degna sepoltura per Saartjie Baartman. Qualcuno iniziò a sospettare che anche Saartjie possedesse un'anima. Nel 1994, il presidente Nelson Mandela chiese ufficialmente alla Francia la restituzione dei resti. Le spoglie di Saartjie giunsero in Sudafrica e furono finalmente sepolte solo nel 2002.
Un lungo viaggio che ci ha consentito di ritrovare l'anima di Saartjie, e di tante altre persone che ne sono state private, anche in epoca moderna o recentissima. La storia di Saartjie Baartman è raccontata in modo straordinario nel film documentario del 2010 la Venere Nera di Abdellatif Kechiche, presentato in concorso alla 67ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia. All'interno dell'articolo trovate alcune immagini e video del film, compreso il calco del corpo di Saartjie Baartman esposto al museo, proprio qui sopra. La toccante interpretazione di Yahima Torrès del ruolo di Saartjie Baartman è imperdibile, i suoi occhi sono indimenticabili, si tratta di un film con grande contenuti civili e artistici, dalla fantastica fotografia. Un film pieno di anima, dai meravigliosi colori, che tormentano i bianchi abissi dell'indifferenza.
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