Magazine Cinema
con Keira Knightley, Jude Law, Aaron Taylor-Johnson, Kelly Macdonald, Matthew Macfadyen
Gran Bretagna 2012
Inizio premettendo di non aver letto questo libro di Lev Tolstoj (anche se fa parte di una lista che sospetto non basterà mai questa vita per finirla), ma credo che un po' tutti conosciamo, anche per 'sentito dire', la storia di Anna Karenina. Per chi invece non la conoscesse credo che i film servano anche ad insegnare e a far conoscere qualcosa che per tempo, pigrizia o gusti diversi non conosciamo. Soprattutto quando si parla di classici mondiali. E Tolstoj fa parte di questa cerchia per me ristretta e particolarissima.
Joe Wright è riuscito a mettere in scena un libro per nulla semplice, sia per questione di tempo perché trasporre in pellicola un libro di 1200 pagine non è cosa facile, sia per i turbamenti interiori di Anna, donna difficile e complessa, la cui interiorità è difficile da trasmettere. In più vi è tutto un mondo, quello russo dell'Ottocento, controverso, particolare intorno al quale ruotano vari personaggi e varie psicologie.
Ciò che amo degli autori russi è proprio questo: tutta la mole interiore, sociologica, sociale, religiosa, umana che riescono a intrecciare con vicende personali e apparentemente semplici.
Wright, secondo me, ha fatto di più: consapevole della difficoltà strutturale del classico in oggetto, ha deciso di mettere in bella vista le problematiche alle quali andava incontro e ne ha fatto la sua forza. Tutta la teatralità inscenata come se stessimo assistendo ad uno spettacolo in teatro è brillante, così come gli espedienti utilizzati per cambiare ogni volta scena e per mettere in evidenza il tempo che trascorreva. Il modo spazio temporale in cui si muovono i personaggi, i loro gesti, la loro eleganza sono impeccabili. La forma è espressa alla sua massima potenza, una forma che intrecciandosi con la sostanza (che sembra esserne penalizzata, ma che invece esplode più vigorosa che mai) fa venire fuori tutti gli affanni di un cuore infelice e buio, di una donna che sceglie, libera e sola in una società che la condanna. E tutti i suoi stati d'animo, ma non solo i suoi, sono messi in scena attraverso gli oggetti, i colori e i suoni, non solo spiegati da Anna/Keira. Sono rimasta completamente catturata e strabiliata da così tanta consapevolezza cinematoriale del regista. Un film di classe, girato con gusto, spettacolare e paralizzante soprattutto per la sua sfera estetica.
Mi duole dirlo, ma una nota stonata però l'ho percepita per tutta la durata del film: Keira Knightley. Non so, sembrava di vederla ancora in A dangerous Method o semplicemente non posso ancora riprendermi dalla sua interpretazione nel film di Cronenberg, non me ne vogliate. Cioè sicuramente impeccabile e bellissima, ma qualcosa non me l'ha fatta amare completamente, a differenza di un Jude Law nuovo in un ruolo glaciale e vigoroso. Sarà quel modo di fare la disperata con la mascella serrata, ma in quelle scene non l'ho trovata particolarmente intensa come volevo. Ma è solo una piccola annotazione alla fine superabile nel suo complesso. Nota di grande merito invece a Dario Marianelli, apprezzato compositore italiano e perfetto nelle musiche che accompagnano mirabilmente lo scorrere delle vicende narrate.
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