Magazine Cinema
“Le GENIALITA' che hanno realizzato "Vivere in pace", "Roma Città Aperta", "Paisà" e "Morte di un commesso viaggiatore" sono state qui combinate per darvi …”
(Dalla Frase di lancio originale sui manifesti americani dell'epoca.)
Questo bellissimo film di Zampa, che dovrebbe essere oggi proiettato in tutte le scuole, fu l'inizio della propria collaborazione con Vitaliano Brancati, per quella trilogia che sarebbe poi proseguita con “Anni Facili” (1953) , protagonista un grande Nino Taranto, e di “L'Arte di arrangiarsi” (1954) da me qui precedentemente affrontato, con Alberto Sordi al meglio della forma. Oltre alla “coda” di “Anni ruggenti” (1962) con Nino Manfredi, però oramai postuma a Brancati.
Come detto, Zampa inizia con questo film la sua trilogia d'ambientazione siciliana per l'esatezza a Modica (RG), scritta e tratta da testi di Vitaliano Brancati, in questo caso “Il vecchio con gli Stivali”, una lunga cavalcata attraverso la storia nazionale dal 1933 al 1945 dello sbarco degli americani in Sicilia, come per “L'Arte di arrangiarsi” (1954) . In più, vi sono inseriti anche dei filmati e dei documenti storici veri, ben integrati grazie anche alla splendida fotografia in B&N di Montuori, con la storia del film che non è affatto didascalica come ho letto da qualche parte, ma anzi a completazione di un film praticamente perfetto, molto intelligente anche nell'illustrare e nel mostrarci una famiglia dai vari caratteri come a volte poteva succedere e succedeva, soprattutto in quelle più intelligenti di antifascisti. E come ben dimostra il momento insuperabile nel quale il grande Umberto Spadaro dà giustamente della cretina alla moglie Ave Ninchi/Rosina e alla figlia, sperticate fanatiche del Duce. Oltre tutto in un film che non si tira indietro di fronte a nessuno degli argomenti del ventennio, compresi quelli più scottanti e tabù come la guerra civile in Spagna, argomento che in Italia era stato evitato realisticamente fino alla fine degli anni '60. Per continuare parlando poi del tesseramento forzato, della guerra civile in Spagna, fino alla guerra in Africa , le campagne di Grecia e di Russia, concludendo come detto allo sbarco degli americani, e alla successiva, trasformistica, quando spesso iniqua e mai veramente avvenuta, “de-fascistizzazione”.
”Anni difficili” come anche “L'Arte di arrangiarsi”, vorrebbe essere prima di tutto un film divertente, ma è anche una disamina feroce e di rara incisiva lucidità proprio sul trasformismo italico, vizio degenere con il quale come il film dimostra , il popolo italiano ha sempre flirtato, anche e più di prima sotto il ventennio della dittatura fascista. Per aver affrontato tale argomento, e per di più molto “a caldo”, appena tre anni dopo la Liberazione, mostrando quanto e come il fascismo non fosse stato veramente passato né tantomeno estirpato, ma solo riciclatosi come tutti i veri fascisti che “mai e poi mai erano stati fascisti”, ebbe dunque i suoi grossi problemi, provocatigli soprattutto dal giovane sottosegretario al turismo e allo spettacolo Giulio Andreotti.
Difatti, se si pensa che nello stesso anno vi saranno opere che rivedranno in forma molto più innocua una revisione del recente passato italiano, come “Sotto il sole di Roma” di Renato Castellani, Zampa dirige invece questa parabola amaramente infuocata d'indignazione e amarezza, ma anche molto lucida, sulle persone che come il personaggio principale di Spadaro, hanno dovuto mantenersi in un difficile equilibrio tra gli interessi privati e quello pubblico, in una società autoritaria. Che è anche e certamente un ritratto come detto molto lucido, sulle politiche degli anni del fascismo in Italia;
In quello che sembra iniziare come una cronaca leggera, caratterizzata da un sentimento nostalgico e sentimentalmente precoce, come quello attuale nel film di Castellani, ciò diventa rapidamente un racconto politicamente audace, qualcosa di relativamente raro nei film del neo-realismo, e con una relativa nota di assenza di manicheismo. I film e l'industria del cinema per esempio, da opportunisti come furono stati per la maggior parte dei cinematografari fascisti di vecchia data, erano in quel momento diventati grandi amici degli americani, dopo il fallimento del fascismo. Ma lo stesso discorso non è molto diverso per i timidi giovani antifascisti, che diventati rapidamente vecchi e inconcludenti, continuano velleitariamente a incontrarsi clandestinamente in farmacia. Il proprietario della stessa (Aldo Silvani) è stato mandato dai fascisti al confino a Lipari dopo un'esplosione emotiva tra la folla che inneggiava isterica, agli altoparlanti che trasmettevano la dichiarazione di guerra di Mussolini contro la Francia e la Gran Bretagna, nella sciagurata data del 10 giugno 1940.
Il film di Zampa non si tira mai indietro dal mostrarci le prigioni e le morti provocate dal fascismo, anche se spesso lontano dai nostri occhi e distintamente dal tono grandioso ed eroico dimostrato in film come "Roma, città aperta" (1945). La simpatia con i militari americani qui non è stata condivisa, e ci mostra come essa sembri molto al solito più frutto di opportunismo che di sincerità. Girato in modo abbastanza tradizionale, questo film compie però come detto un uso interessante delle immagini d'archivio tra quelle di finzione, qualcosa di molto comune al giorno d'oggi, ma probabilmente un'idea originale all'epoca. La narrazione nella versione anglofona internazionale fu scritta addirittura da Arthur Miller, la quale venne incorniciata non da una voice over di John Garfield per tutto il film, che lungi dall'essere eccessivamente invadente, riprendeva le prime pagine dei giornali, i commenti radio e anche una delle centinaia dei brevi film di propaganda prodotti dall'Istituto LUCE, l'istituzione educativa e documentaristica fascista. Oltre ad un archivio di immagini di quegli anni, che sono state inserite nella diegesi, vi è questo commento evidente del narratore che aiuta proprio ad illustrare il tempo che passa.
Forse uno degli elementi più importanti del film è stato quello di essere un veicolo per molte delle cose represse nella società italiana in tutti quegli anni di fascismo (e naturalmente nei suoi film), mostrando un volto umano sotto le apparenze. Ciò è particolarmente vero per il momento in cui Giovanni (Massimo Girotti) si ravvede completamente e definitivamente sugli eccessi dei tempi appena passati, tempi “da stivaloni e moschetti della prima guerra mondiale, che certo non avrebbero mai spaventato il mondo”, come si sente dire nel film, e i continui "Signor Sì", il subordinato saluto militare molto popolare in quegli anni, non solamente nell'esercito, e ugualmente molto presente nei film di guerra di allora diretti da nomi come Roberto Rossellini, Alessandro Blasetti o Augusto Genina. Questo film anticipa anche in maniera importante, la vena di satira politica, che si sarebbe molto diffusa e non solo nel cinema italiano, dei successivi decenni.
Ma l'ostracismo e una strisciante censura verso questo film sono perdurati più dei decenni successivi, basti pensare che l'ultimo e forse unico passaggio televisivo di questi data addirittura il 1966. Il film all'epoca della sua uscita fu dichiarato opera non gradita in pratica a sinistra quanto a destra, dalla quale fu addirittura denunciato per il solito ridicolo “vilipendio alla patria” (ma la patria e il fascismo non dovevano oramai essere due cose ben diverse?).
Soprattutto, non era proprio piaciuto quel suo affrontare l'argomento tabù del coinvolgimento italiano nella guerra civile in Spagna, che come detto non sarà praticamente mai affrontato fino alla fine degli anni ’60, figuriamoci nel 1948, e in maniera già documentata.
Un film che ha il protagonista e il suo baricentro, fra tanti personaggi, in Aldo Piscitello padre di famiglia interpretato, da Umberto Spadaro, anche se pure Massimo Girotti come il di lui figlio Giovanni è al massimo della forma. E il film stesso è pieno di interpretazioni corali memorabili, da parte di interpreti tutti bravi, non soltanto per il gusto dell'epoca. Doveroso citare almeno Ernesto Almirante (zio di Giorgio dell'MSI) che interpreta il Nonno, Milly Vitale (Maria), Enzo Biliotti (il viscidissimo barone), Carlo Sposito (come Carletto Sposito, interpreta Riccardo) Loris Gizzi (Il Federale) Aldo Silvani.
Come ricordato il film venne basato su di una sceneggiatura scritta basandosi sul suo libro, dallo stesso stesso Brancati con l'inseparabile Sergio Amidei e Franco Evangelisti e Enrico Fulchignoni (nella versione americana l'adattamento sarà come detto niente di meno che firmato da Arthur Miller, mentre la voce narrante sarà quella di John Garfield), come per i già menzionati e successivi “Anni facili”, e “Anni Ruggenti”, che tratterrò successivamente e che anch'essi furono a dir poco ostracizzati e perseguitati dalla censura.
Il film vinse la Coppa ENIC al Festival Cinematografico di Venezia del 1948.
Napoleone Wilson
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