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Anomalisa

Creato il 01 marzo 2016 da Jeanjacques
Anomalisa
Chi bazzica da queste parti, presumibilmente delle persone così annoiate dalla vita a cui nemmeno la pornografia è riuscita a porre una parvenza di rimedio, sa del mio amore verso Charlie Kaufman. Chi è Charlie Kaufman? Riassumendo, un genio. Facendo un'analisi più approfondita, potremmo dire invece che o è uno che ha capito tutto della vita, o uno prossimo a tagliarsi le vene con il pongo. Sicuramente, dal canto mio, una delle menti più geniali che esistano, qualcuno in grado di creare delle storie sì profondamente tristi ma al contempo anche ironiche, nonché racchiudenti le più grandi sfaccettature dell'animo umano. Ha iniziato come sceneggiatore, scrivendo cose assurde come Essere John Malkovich, Human nature, Il ladro di orchidee, Confessioni di una mente pericolosa e, guarda un po', Se mi lasci ti cancello, quello che è uno dei miei dieci film preferiti, poi è arrivato il suo momento di esordire dietro la macchina da presa e quindi ci è toccata una pellicola immensa come Synecdoche, NY, per alcuni la summa del suo pensiero artistico, per me un film semplicemente incredibile. Con una carriera simile una persona normale avrebbe potuto finire tutte le cose da dire, invece no, il buon Charlie ci riprova e, com'è nella sua natura, sperimenta ancora. Stavolta con l'animazione, quella in stop-motion, che per chi non digerisce i termini consiste in quella fatta con dei pupazzetti che vengono fotografati e poi messi in sequenza - gli esempi più celebri sono Nightmare before Christmas e La sposa cadavere. Contando quindi che adoro la sua inventiva e amo in maniera morbosa i cartoni animati, non potevo lasciarmi sfuggire il suo ultimo lavoro, come al solito distribuito ad minchia canis qui nel Bel Paese. Ma contando che è un suo lavoro, non lo avrei perso comunque.

Michael Stone è un famoso oratore motivazionale in viaggio di lavoro a Cincinnati, dove alloggia presso l'hotel Fregoli. E' un uomo totalmente deluso dalla vita e, nonostante sia marito e padre, pensa continuamente a una relazione terminata bruscamente dieci anni prima. La sua vita è così incolore che vede quasi tutte le persone con la medesima faccia e la stessa voce. Le cose cambiano però quando incontra Lisa Hesselman, una semplice creatura che sembra differenziarsi da tutti gli altri...

Leopoldo Fregoli è stato un famoso trasformista sul cui nome sono stati coniati due termini: uno è il fregolismo, utilizzato perlopiù per indicare il trasformismo politico, mentre l'altro è la sindrome di Fregoli, ovvero una malattia psichica che consiste nel delirio di persecuzione di un individuo che, ogni volta, appare con un aspetto diverso. Nel vedere che Kaufman ha deciso di chiamare così l'hotel dove alloggia il protagonista, vengono da porgersi diverse domande circa i fatti che si susseguono sullo schermo che possono dare la giusta chiave di lettura del film. Che non ne ha una sola, come spesso accade con le cose scritte da questo pazzoide - c'è chi dice che quando si limitava a sceneggiare erano i registi a tenerlo un po' sotto controllo, per quanto lui partecipasse attivamente alla realizzazione del film - e che qui si riversano anche nel format scelto, quello dell'animazione. Questo anomalo progetto nasce con molte difficoltà, tanto che per trovare i fondi Kaufman è costretto ad avvalersi del crowfunding in modo da poter gestire in totale libertà ogni cosa, avvalendosi della collaborazione del giovane Duke Johnson per essere aiutato nella gestione di tutte le parti animate - e anche qui l'inesperienza dell'autore si vede, a tratti, giacché non tutte le parti godono delle giuste tempistiche e sembra di soffermarsi eccessivamente su certe scene a discapito di altre. Quella che avviene non è un'animazione fluidissima e anche la rappresentazione dei personaggi ha un che di straniante, Questo perché l'idea dell'autore non è quella di fare un lavoro aggraziato alla vista, non vuole fare solo uno sfoggio di tecnica ma, come suo solito, cerca di ritrarre la piccolezza degli esseri umani dinanzi alla maestosità di una vita difficile da controllare e nella quale è quasi impossibile trovare una giusta collocazione. Se nel suo precedente lavoro Caden Cotard voleva imbastire uno spettacolo titanico che potesse racchiudere la quintessenza dell'esistenza, qui il protagonista viaggia su binari diametralmente opposti: anche lui è un depresso (una costante nelle creazioni di Kufman, che non deve essere proprio un allegrone) ma la sua intenzione non è quella di fare un qualcosa che riscatti un'esistenza magra e poco appagante attraverso l'arte. E' un uomo deluso dalla vita che non trova più nessuno stimolo, specie nelle persone che lo circondano che, oltre ad avere dei tratti similari che li fanno assomigliare quasi tutti, hanno anche la stessa voce (i doppiatori originali sono, per i protagonisti, David Thewlis e Jennifer Jason Leigh, mentre tutti gli altri hanno la voce di Tom Noonan), eccezion fatta per Lisa, la donna che scuoterà la sua esistenza incolore. Davvero angosciante inoltre che i realizzatori non fanno nulla per nascondere il fatto che quelli che si muovono sullo schermo sono pupazzi, lasciando crepe e ingranaggi in bella mostra, in modo da creare una meta-realizzazione che dà vero senso di esistere anche al media usato. Non c'è vera salvezza, tutto è dichiaratamente finto fin dai primi istanti e l'agognata salvezza che il protagonista va cercando è solo una mera illusione dinanzi alla triste realtà dell'esistenza. Il nostro tempo sulla terra è limitato ma è anche impossibile passarlo sempre come e con chi vorremmo, si cerca di motivare gli altri quando manco noi stessi conosciamo le giuste risposte per andare avanti. Tutto è disumanizzato, siamo in un mondo che sembra aver dimenticato i veri sentimenti e dove quelli autentici ci sono realmente preclusi perché, anche essi, spesso non sono altro che una proiezione mentale. In quella scena finale, con il rassegnato Michael, ci siamo un po' tutti, con le nostre fisime e i nostri sogni perduti, in un mondo che non riconosciamo e che per certi versi non ci ha mai conosciuti veramente. Può sembrare che quella che viene rappresentata è una vita triste, ma la realtà forse è che è la vita stessa a essere triste a prescindere. Spetta a noi saper trovare le cose che le danno la giusta enfasi, anche se spesso sono destinate a essere racchiuse nella crisalide di un ricordo che forse non si ripeterà più. Ma a volte è proprio sapere di aver amato almeno una volta a darci la prova che abbiamo vissuto realmente.

Imperfetto e a volte inciampa sotto la propria stessa ambizione, coi limiti di minutaggio che una tecnica simile comporta. Ma come sempre, un film coraggiosissimo e personale.Voto: ★ ½

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