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"Another Earth”, più che un’opera prima, è quasi un figlio per Mike Cahill, che non solo l’ha prodotto e diretto, ma ne ha ideato il soggetto, curato la sceneggiatura, la fotografia e il montaggio. Il film, decisamente indipendente, ha vinto il premio speciale della giuria e il premio Sloan al Sundance Film Festival del 2011. L’incipit è singolare: nella notte in cui viene scoperto una sorta di duplicato del pianeta terra s’incrociano, loro malgrado, le vite di una studentessa di astronomia e di un abile compositore, coinvolti in un tragico incidente.
Ma la fantascienza è per Caihll solo un pretesto per indagare l’animo umano. Chi siamo veramente, da dove veniamo, e dove siamo diretti, sono gli interrogativi che prima o poi tutti ci poniamo; in “Another Earth” è come se avessimo l’opportunità di guardarci allo specchio e vedere un’altra immagine, diversa da quella con la quale siamo abituati a convivere.
La tragedia che lega Rhoda e John permette al narratore di scrutare in profondità un’ampia gamma di sentimenti: il dolore per la perdita di chi si ama, la difficoltà nel riprogrammare la propria vita in virtù di questa perdita, la quasi impossibilità ad accettare i propri errori, che rende improbabile riuscire a perdonarsi per averli commessi. Tutto questo è in un film credibile e ben girato, dove niente e lasciato al caso, e in cui un’ottima fotografia è padrona della scena, assieme a Brit Marling, che per il ruolo di Rhoda ha vinto il premio come miglior attrice allo Sitges, Festival Internazionale del Cinema della Catalogna, e a William Mapother, noto al pubblico televisivo per il ruolo del malvagio Ethan Rom nella famosa serie di J. J. Abrams “Lost”.
La coppia Marling e Mapother funziona, il loro relazionarsi è coinvolgente, in un crescendo di emozioni che coesistono con lo stupore per il pianeta gemello. L’esistenza di un’altra terra lascia aperto, nella mente di Rhoda, uno spiraglio di salvezza: e se un’immagine di noi, che risiede altrove, ha avuto la possibilità di compiere azioni diverse, che hanno permesso, in una sorta di ‘Sliding Doors’ interplanetario, la realizzazione di un percorso di vita differente?
Another Earth e' un film intenso e di forte impatto emotivo. E' una metafora, una allegoria di un percorso personale verso la espiazione e la redenzione dei propri peccati, delle proprie colpe. E' un viaggio alla ricerca di se stessi, del vero 'io' quello piu' interno e nascosto. Ed e' anche una ricerca della felicita', forse vano, di quei frammenti di felicita' e gioia che ognuno di noi cerca per poter sopravvivere a noi stessi e andare avanti nel percorso chiamato "vita".
Tutte queste metafore si materializzano nel volto triste di Rhoda, una ragazza dalla mente brillante che eppure si rende a suo malgrado l'artefice di un terribile incidente automobilistico che costera la vita a tre persone. L'errore di un attimo, la sbadatezza di un istante si trasformeranno in un inferno personale dal quale la protagonista cerchera' di uscirne. Rhoda passera' quattro anni in prigione, eppure la sua coscienza non sara' ancora pulita, i sensi di colpa restano fitti e dolorosi come la prima volta. E attorno a tutto questo dolore inplacabile c'e' l'evento straordinario di un secondo pianeta, uguale alla terra, che fara la sua apparizione nel giorno dell'incidente (il pianeta e' la causa dell'incidente) e poi col passare degli anni diventera' un modo per espiarsi, diventera' un rifugio di speranza, il solo spiraglio di luce in una esistenza cupa e tenebrosa, come quella di Rhoda.
La pellicola scorre piacevolmente in un’armoniosa fusione tra sentimento e fantascienza, dove gli alieni siamo noi stessi, che spesso non abbiamo cognizione di come basti un secondo per cambiare la direzione della nostra vita.
di Maria Grazia Bosu
Fonte:http://www.ecodelcinema.com
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