In ogni storia c'è un antagonista. Talvolta è interno e psicologico, altre volte può essere un gruppo o un sistema sociale, altre volte ancora una forza della natura. Ci sono perfino casi in cui l'antagonista non è chiaramente definibile, ma c'è lo stesso.
Il più delle volte, però, l'antagonista è un personaggio. O magari più di uno, e in questo caso si può discernere tra il semplice nemico e il grande arcinemico. Un esempio conosciutissimo lo si può trovare in Harry Potter: Draco Malfoy è un nemico, Voldemort è l'arcinemico.
Io penso che l'antagonista sia il personaggio più affascinante di una storia. Perché? Magari perché il male ha sempre un suo fascino magnetico, magari perché rappresenta le paure del personaggio. L'ipotesi più probabile, però, ha a che fare con le motivazioni dell'antagonista e la curiosità di conoscerle.
Ovviamente, ogni antagonista può avere motivazioni diverse: pazzia, vendetta, sete di potere e/o denaro, cieca fede religiosa e/o politica, sfiducia nel genere umano, ossessione, gelosia, invidia, sadismo, disperazione e moltissime altre. In fondo, se l'antagonista è un personaggio umano, non sarà mai totalmente cattivo. O meglio, esistono i "cattivi assoluti" nella narrativa e nel cinema, ma si tratta di personaggi trattati superficialmente e senza approfondimento psicologico.
Ad ogni modo, tratterò la costruzione dell'antagonista in un articolo apposito di "Scrittura e narrativa di genere".
Ora vi starete chiedendo perché vi sto dicendo tutto questo. Be', volevo introdurre una domanda: qual è il vostro antagonista preferito?
Il mio è Melanchthon ("La Figlia del Drago di Ferro" o "Cuore d'Acciaio", Michael Swanwick). Si tratta di un drago biomeccanico ispirato al Satana del "Paradiso Perduto" di Milton e alla filosofia di Schopenhauer. Melanchthon è la personificazione del pessimismo, del nichilismo e della misantropia.
Ecco un suo discorso:
La vita esiste, e tutti quelli che sono vivi sono nati per soffrire. I momenti migliori sono fugaci e acquistati a prezzo di acuti tormenti. Ogni affetto finisce. Chiunque ami muore. Tutto ciò che stimi trapassa. In tale vessatoria esistenza, la risata è pazzia, e la gioia è follia. Dobbiamo rassegnarci a che tutto accada senza ragione, senza causa? A che non ci sia nessuno da incolpare se non noi stessi? Ma accettare la responsabilità è inutile, perché farlo non può alleviare, differire, né placare il dolore. Improbabile! È tanto più consolante erigere una figura di paglia sulla quale riversare tutte le colpe.
Arthur Schopenhauer
Affascinante, vero? E, ancora più importante, divide i lettori: molti di voi già lo stanno odiando, altri lo capiscono.Le premesse del pensiero di Melanchthon non sono dissimili da quelle di Schopenhauer: «La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente fra noia e dolore, con intervalli fugaci, e per di più illusori, di piacere e gioia.»
Il drago biomeccanico, però, trova una soluzione ben diversa da quella del filosofo tedesco. Se per Schopenhauer la fine della sofferenza umana sta nella negazione della volontà, per Melanchthon sta nella distruzione dell'intero universo. Può sembrare assurdo e brutale, eppure l'intenzione è buona e il ragionamento ha una sua logica. Il ribelle Melanchthon non può che affascinare per il coraggio nello sfidare la vita stessa. Perché in un mondo così crudele, tutto perde significato.
Non si può rimanere impassibili davanti a un personaggio del genere!
Altri antagonisti che mi hanno particolarmente colpito sono: Izma (Le Follie dell'Imperatore), Gollum (Il Signore degli Anelli), Thanos di Titano, Cersei Lannister (Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco) e Marisa Coulter (Queste Oscure Materie).
E il vostro antagonista preferito qual è? Ps: l'antagonista (arcinemico) del mio romanzo è il Teocrate. Qui potete leggere un discorso in cui è coinvolto.