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Sinossi:
Doppio Senso è una piccola città dove le strade sono tutte a senso unico. Qualcuno, arrivando da fuori, sarebbe portato a pensare che si possa solo entrare ma non uscire, invece, la circolazione scorre tranquilla e, prima o poi, la strada per andare a In Mona, il paese vicino, la trovano tutti.Nella sala conferenze della biblioteca comunale è in corso la presentazione del libro di Armando Bentivoglio, un noto scrittore sui generis con monomanie bizzarre. Il romanziere, a un certo punto, decide di scrivere sulla lavagna una frase ricca di significati e che possa contenere un’emozione: “Ah… Ahh… Ahhh”. Basta una semplice parola, pronunciata in modo diverso, a suggerire sensazioni di piacere o di dolore, secondo l’interpretazione del lettore, in grado di andare oltre il volere dello stesso autore. La differenza tra “il come si scrive” e “il come si legge”. Il ritrovamento di un cadavere richiederà la presenza del commissario Loquace, un poliziotto dai metodi alquanto singolari.Un turbinio di battute e dialoghi caustici, spesso inconsapevolmente comici dei vari protagonisti, caratterizzerà in maniera originale le varie scene, creando un surreale collage di schegge impazzite. Una parody comedy all’italiana con le sue nevrosi e le sue megalomanie grossolane e i suoi personaggi grotteschi non meno suggestivi.
"«Una parody comedy all’italiana». Così la nostra Autrice presenta il romanzo breve dal titolo evocativo Ah… Ahh… Ahhh. E non c’è definizione migliore per descrivere questo piccolo scorcio di sarcasmo, doppi sensi e originalità. Fra protagonisti paradossali, quasi comici, e uno stile asciutto, mai scontato, il lettore sarà coinvolto in un’indagine per omicidio, dalle tinte ironiche e caustiche, sullo sfondo di una cittadina immaginaria ricca di “doppi sensi”. Consigliato agli amanti del genere comico, delle parodie in stile Pantera Rosa, di una lettura semplice ma intrigante."
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L’autore:«Rispettando lo spirito di appassionata sperimentazione dei nostri poeti, rinuncio al mio nome. D’ora in poi chiamatemi Nuwanda.» (cit. film L’attimo fuggente).L’autore, alla sua prima opera, ha scelto questo pseudonimo che rievoca uno spirito: i capi indiani d'America si facevano dipingere il simbolo di Nuwanda, un fulmine, sul petto per esprimere la propria forza. Nuwanda: un fulmine che illumina il buio della notte.
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