Tra le novità che la casa editrice NPE porterà alla prossima Lucca Comics c’è anche un saggio scritto da Valentino Sergi e dedicato a Mike Mignola, uno dei maggiori fumettisti statunitensi, creatore di Hellboy e di tutto l’universo di personaggi fantastici a esso collegato.
Il saggio è già preordinabile sullo Shop della casa editrice e le spedizioni avranno inizio a partire dal 10 novembre 2014.
Alieni di carta e pipistrelli di celluloide
La copertina del primo numero dell’adattamento ufficiale di Bram Stoker’s Dracula. ©Topps 1992.
L’ingresso, anche se dalla porta di servizio, nel mondo del cinema da parte di Mike Mignola avviene nel 1992.
Dopo l’esperienza di Dead Things Rot, una storia breve per il numero 13 della collana antologica Clive Barker’s Hellraiser – in cui Mignola dà una convincente prova grafica dei tormenti inflitti al genere umano dai supplizianti –, la casa editrice Topps, specializzata nella produzione di serie derivate da film e serial televisivi, gli affida i disegni dell’adattamento ufficiale di Bram Stoker’s Dracula (titolo italiano: Dracula di Bram Stoker), pellicola di grande successo diretta da Francis Ford Coppola con un cast di rilievo.
Non è un’operazione semplice. Come sappiamo Mignola attendeva da anni l’occasione di potersi misurare con il classico della letteratura horror, ma la possibilità si presenta con la forma dell’adattamento di un adattamento, un’operazione già nelle premesse minacciata dall’impoverimento progressivo del testo di partenza sia dal punto informativo (da romanzo a pellicola, da pellicola a fumetto; tali passaggi comportano una perdita notevole di informazioni ipotestuali a causa della sintesi temporale operata dai medium visuali), che da quello stilistico, essendoci l’obbligo di fare riferimento all’opera intermedia, un’interpretazione. Eppure tale attività, la riproduzione pedissequa di un film su tavole di fumetto, conosce un boom negli anni ’90 ed è considerata da molti editori un filone redditizio. Allo stesso tempo però, proprio per la loro natura di “copie”, c’è una scarsa considerazione nel settore editoriale di tali opere e nella maggior parte delle occasioni vengono affidate ad autori meno esperti o come commesse da svolgere in rapidità, per far coincidere l’uscita dell’albo con la proiezione nelle sale.
Il Bram Stoker’s Dracula di Roy Thomas e Mike Mignola riesce però ad elevarsi rispetto alla media di simili prodotti. Thomas, uno degli sceneggiatori storici di Marvel e DC, attinge in diversi momenti dal romanzo originale per recuperarne la dimensione letteraria. Per questo motivo il progetto viene esteso in quattro albi, in modo da evitare un’eccessiva compressione della storia.
Allo stesso tempo la pellicola di Coppola si presenta con una sceneggiatura e un discorso filmico di alto livello, densi di riflessioni metalinguistiche, come sottolinea Gino Frezza in una profonda analisi del 1995:
“Il film di Coppola è una colossale operazione riflessiva sulla profondità della materia trasparente e liquida delle superfici e degli specchi dispiegati sul cinema. Coppola ricuce la metafora del mito di Dracula andando al cuore della visione cinematografica del corpo, della sua mutazione storica e tecnologica. […] Con lo sceneggiatore James V. Hart, il regista italoamericano considera la storia del vampiro antesignana della sostanza simbolica e mitologica incarnata dal cinema: schermo sulla cui piatta dimensione si creano pulsive emozioni che rimandano a energie sotterranee, a movenze non tollerate dalla razionalità positivistica, eppure capaci di determinare il volto del nuovo mondo.”
La versione a fumetti, pur limitandosi a una fedele riproduzione, deve a Mignola un impatto grafico mozzafiato. Il disegnatore dedica alle tavole tutto il proprio talento, impregnandole di un antico gusto gotico, di un nero espressionismo, trasfigurando i volti delle icone del divismo per renderne su carta uno spettro emozionale estremo e riappropriandosi in questo modo degli strumenti di caratterizzazione.
E in questo senso Mignola coglie in pieno uno degli effetti di senso pregnanti della pellicola, come osserva ancora Gino Frezza:
“Nel film di Coppola le trasmutazioni del corpo del Vampiro appaiono in una sofferta e tragica consapevolezza delle soglie che bisogna valicare, in un periglioso viaggio che getta, tra film e fumetti, il senso delle responsabilità edificabili nei passaggi da medium a medium.”
Lavorare a Bram Stoker’s Dracula permette inoltre al disegnatore californiano di avere il primo contatto con gli studi di Hollywood e di collaborare con George Lucas e lo stesso Coppola anche se, come avrà modo di sottolineare in molte interviste, il suo coinvolgimento nella lavorazione del film è stato spesso sopravvalutato:
“La Topps mi chiamò mentre vivevo a NY e mi propose di fare l’adattamento del film. Sapevo che gli adattamenti di film sono orribili, ma si trattava di Coppola e di Dracula, per cui decisi di vedere di cosa si trattasse. In quel periodo mi trasferii a San Francisco: abitavo proprio vicino alla Zoetrope Pictures, la compagnia di produzione di Coppola. Visitai il set, incontrai Francis e lui diede un’occhiata al mio lavoro. Venne fuori che c’era un modello per il castello di Dracula che non soddisfaceva Francis al 100%. Sono convinto che mi chiamarono perché avevano il mio numero, perché stavo disegnando l’adattamento e perché abitavo vicino. Fatto sta che mi fecero lavorare su quel modello. Fu un problema interessante perché il modello era già costruito. Suggerii delle modifiche, ma mi dissero che erano troppo dispendiose. Ma in quel modo riuscii a entrare nella sede della Zoetrope e a ottenere materiale di consultazione. […] Non avevo mai lavorato per il cinema e all’improvviso mi ritrovavo a guardare un film tra il tizio che aveva girato Guerre Stellari e quello del Padrino. Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere. Conosco diversa gente del campo cinematografico: a loro non è mai capitata una simile occasione. Sono entrato nel mondo del cinema dalla porta principale. Ho lavorato su storyboard di scene che loro hanno discusso. Il mio coinvolgimento in Dracula è stato sopravvalutato. Fu molto breve. C’è un castello che si vede in un flashback, ed io l’ho parzialmente disegnato. Tutto qui.”
Proseguendo nella lettura dell’intervista di Dan Epstein, emerge un altro particolare d’interesse riguardo una discussione con George Lucas su due scene disapprovate da Mignola; durante la visione del montaggio provvisorio insieme ai due registi, l’artista californiano difatti ebbe da ridire sulla scena finale in cui Mina taglia la testa a Dracula (“era una bella scena romantica e all’improvviso il personaggio di Winona Ryder prende e gli taglia la testa. Questo toglie romanticismo alla scena. Non ero d’accordo.”) e sulla sequenza in cui Van Helsing uccide le tre donne vampiro decapitandole:
“Originariamente non si sarebbe dovuto vedere che lo faceva. Winona Ryder si sveglia, si guarda intorno e Hopkins esce fuori dal castello con le teste delle tre vampire in mano. Ha un grande coltello in mano, sangue dappertutto e le teste. Io pensai che fosse una bella immagine. George pensò che il pubblico sarebbe stato confuso perché non aveva visto Hopkins uccidere le donne. Io replicai: “Cosa dovrebbero pensare? Che le ha trovate sul pavimento della cucina? È insanguinato e ha un coltello in mano!”. Ma prevalse la tesi di George, che si dovesse cioè mostrare Hopkins che tagliava loro la testa.”
Entrambi i frammenti incriminati rimasero nella versione cinematografica, ma Mignola si concesse la soddisfazione di adottare la propria visione del secondo nell’adattamento, senza mostrare l’atto della decapitazione da parte di Van Helsing. Una piccola affermazione di autonomia, segno però di una forte volontà autoriale nel voler imprimere al volume il proprio marchio anche nella messa in sequenza.
Dopo l’uscita dell’ultimo numero della miniserie dedicata a Dracula, la stessa casa editrice commissiona a Mignola l’adattamento del racconto La città per il quarto albo dei Ray Bradbury Comics, progetto ambizioso che coinvolge artisti internazionali del calibro di Moebius, Richard Corben, Dave Gibbons, Harvey Kurtzman, Matt Wagner e altri ancora, ma destinato a chiudere con il numero seguente.
L’autore fatica a tradurre su carta lo stile letterario denso ed evocativo del maestro della fantascienza ed emerge subito l’incapacità di ridurre il testo. Ci troviamo così di fronte a una serie di diapositive dei protagonisti – una squadra d’esplorazione spaziale in lotta con la tecnologia di una città ostile – appesantite da lunghe didascalie o balloon. La soluzione adottata appare quasi simile a un racconto illustrato e, per quanto la storia in sé sia suggestiva, Mignola non riesce a dargli una propria impronta discorsiva.
La copertina di Aliens Salvation. ©Dark Horse Comics 1993.
Altra questione per Aliens: Salvation, interessante intrusione nella fantascienza cinematografica.
Dark Horse verso la fine degli anni ’80 aveva acquisito da Twentieth Century Fox la licenza per lo sfruttamento a fumetti dei blockbuster cinematografici Alien e Predator e a partire dagli anni ’90 inizia a produrre numerose avventure con protagoniste le due razze aliene, inserendole in contesti diegetici comuni (idea alla base dei recenti Alien vs Predator).
Aliens: Salvation, scritto da Dave Gibbons, a dispetto del titolo non ha un rapporto diretto con il sequel di James Cameron, ma si limita a sfruttarne alcuni topoi (la caccia ai sopravvissuti, il sacrificio dell’androide, la paranoia, l’inefficacia della tecnologia militare di fronte alla creature) per confezionare un volume di 48 pagine inserito in un luogo narrativo autonomo. Il soggetto non si discosta dalla struttura standard delle pubblicazioni di questo tipo dove una compagnia intergalattica, impegnata nello sfruttamento delle creature aliene per lo sviluppo di biotecnologie a scopo bellico, affida un carico di uova extraterrestri a un’astronave cargo. Questa, puntualmente, incontra una qualche difficoltà per cui la covata si schiude e le creature massacrano l’equipaggio. La reiterazione dello stesso plot appare quasi inevitabile, se consideriamo uno degli elementi caratteristici del franchise:
“Alien rimane ai bordi: non approda alla Terra, non penetra nella città, non sconquassa la metropoli come un qualunque Godzilla. Figura liminale, fa del proprio essere sempre ai margini un elemento di ulteriore minacciosità: non è qui ma potrebbe esserci. Potrebbe arrivare. È perennemente in viaggio verso di noi. E già si scontra con altri come noi che cercano d’impedirgli di approdare sulla Terra. […] Di fronte a un pantheon cinematografico sempre più sguarnito di eroi, Alien offre al contempo un appagamento al bisogno inconscio di minacciosità e una garanzia che quella minaccia non diverrà mai reale.”
Nel caso di Salvation, alcuni sopravvissuti riescono a compiere un atterraggio di fortuna su un pianeta popolato da creature preistoriche, per poi trovarsi braccati dagli alieni in mezzo alla giungla. Il body-count prosegue sino alla pirotecnica conclusione.
Gibbons, pur senza pronunciarsi in una variazione originale, struttura un meccanismo valido contraddistinto da un’interessante variazione sul tema a livello psicologico, in particolare sul personaggio del dottor Sellkirk, sconvolto a tal punto dal confronto con il mostruoso avversario da cadere preda di un delirio religioso; mentre Mignola, supportato dalle chine di Kevin Nowlan, produce un’oscura e grottesca interpretazione dei mostri di H. R. Giger, di certo il punto di forza dell’intero progetto.
La locandina di Atlantis. ©Walt Disney Pictures 2001.
Dopo l’esperienza in sala proiezione con Lucas e Coppola, se escludiamo una breve collaborazione per la serie animata di Batman, l’artista di Berkeley dovrà attendere il 2001 per fare ritorno negli studios e questa volta nel ruolo di production designer per Walt Disney Pictures. Durante la lavorazione di Hellboy: Il verme conquistatore, difatti, Mignola contribuirà alla realizzazione di Atlantis – The Lost Empire (titolo italiano: Atlantis – L’impero perduto). I registi Gary Trousdale e Kirk Wise avevano deciso di contattare l’artista già in fase di pre-produzione per caratterizzare ambienti e personaggi nel suo stile.
“[...] Ero una sorta di consulente generale per il look della pellicola. Il mio primo obiettivo era la realizzazione del design della città di Atlantide [...] Realizzarono anche molto materiale in modo che assomigliasse a quello che avevo disegnato io. Quindi molte cose per cui la gente direbbe “Oh, ecco un personaggio di Mike Mignola”, anche se non c’ho avuto quasi niente a che fare. È stata un’esperienza davvero bizzarra. Ho anche scritto dei commenti alla storia. C’erano un paio di scene venute fuori da conversazioni che ho avuto. La cosa più strana era sedersi a pranzo e dire “che ne pensate di questo, e questo e questo?”, al massimo prendeva una decina di secondi per farlo, e quando tornavo un paio di mesi dopo, boom, la scena era nel film. […]”
Il coinvolgimento di Mignola, come lui stesso avrà modo di affermare in varie interviste, è limitato come impegno e comprende anche la copertina e gli sketch per l’adattamento ufficiale edito da Dark Horse. Va sottolineato comunque che il team di animatori aveva effettuato uno studio approfondito delle sue opere, realizzando tabelloni di analisi dello stile di disegno da utilizzare come guida nella lavorazione.
La copertina di The Amazing Screw-On Head. ©Dark Horse Comics 2002.
Un lavoro di studio ancora più approfondito sulle caratteristiche grafiche del segno, le tecniche d’inquadratura e lo stile narrativo lo realizzerà il team di The Amazing Screw-On Head, trasposizione animata dell’omonimo one-shot edito nel 2002 da Dark Horse.
Si tratta di una tra le opere più bizzarre mai prodotte dall’autore, sviluppata a partire da un’idea per un giocattolo e che gli varrà un Eisner Award l’anno successivo come miglior pubblicazione umorisitica.
L’automa Screw-On Head, dalla testa snodabile e il corpo meccanico, è un agente segreto americano, una sorta di Ispettore Gadget dell’800, incaricato dal Presidente Abramo Lincoln di fermare Emperor Zombie, un occultista non-morto. Il malvagio cadavere, dopo aver rubato un antico manoscritto, intende risvegliare Gung, una potente creatura soprannaturale imprigionata per millenni in una cipolla, per impadronirsi di un gioiello magico “grande quanto un melone”.
L’emittente americana Sci-Fi Channel nel 2006 finanzia la realizzazione di un episodio pilota per una serie animata basata sul personaggio affidandolo alle case di produzione Kickstart Productions e Living Dead Guy Productions. Nel cartone il protagonista ha la voce del noto attore Paul Giamatti, mentre lo script è affidato a Bryan Fuller, sceneggiatore dei serial spin-off di Star Trek Voyager e Deep Space Nine. Dietro la macchina da presa troviamo Chris Prynoski, nominato nel 2000 agli Emmy per Downtown, ma di scarsa esperienza come regista. Nonostante i nomi coinvolti e la pregevole fattura del prodotto finito, il breve cortometraggio animato di circa venti minuti non viene ritenuto idoneo per l’audience di Sci-Fi Channel e il progetto si arena.
Mignola si dirà comunque soddisfatto dell’esperienza, avendo contribuito a ogni passaggio realizzativo dell’adattamento nel ruolo di art director e co-sceneggiatore. Questo aspetto ci permette di identificare come effetti di arricchimento le variazioni attuate al testo di partenza per operare la trasposizione.
Nonostante una assoluta fedeltà alla resa della linea e della tessitura (dalle peculiari funzioni narrativo-contrastive delle ombre, a quelle patemico-estetiche del colore diretto), alle inquadrature e al racconto, il team è costretto a operare sostanziali aggiunte; i fatti narrati nelle trentadue tavole dell’albo difatti non sono sufficienti a coprire la durata prefissata per l’episodio. Allo stesso modo, alcune soluzioni visive adottate su carta si rivelano insufficienti per una coerente rappresentazione animata. Vengono quindi aggiunti personaggi, sequenze ed elementi grafici che hanno l’effetto di aumentare l’aspetto drammatico e fantascientifico del soggetto (come la sfortunata storia d’amore tra Screw-On Head e Patience la vampira e le numerose tecnologie steampunk adoperate), pur smorzandone i toni dark e l’ispirazione verniana.
In particolare, la sequenza di apertura, ricreata ex novo sulla base di alcune illustrazioni in coda all’albo raffiguranti una scimmia incoronata e tre anziane donne con un cartello al collo (recanti le diciture: Licantropo, Cannibale e Lunatica criminale), ci presenta uno scontro tra questi insoliti antagonisti, intenzionati a rapire un anziano bibliotecario capace di localizzare il libro contenente la formula d’evocazione di Gung, e un gruppo di soldati armati di fucile e lanciafiamme. Il conflitto si consuma tra corpi trapassati da attizzatoi, sparatorie ed esplosioni, con una violenza visiva distante dal fumetto (in cui non si rappresentano omicidi, né spargimenti di sangue).
In seguito, sulla note della sigla a firma di Pierpaolo Tiano, ci vengono mostrate in dissolvenza incrociata alcune imprese belliche di Screw-On Head, in lotta contro mostri tentacolari, locomotive assassine e zombie sudisti. Un chiaro richiamo a future avventure destinate però a rimanere chiuse in un cassetto.
Modelsheet del personaggio di Patience. ©Sci-Fi Channel 2006.
Tra le altre aggiunte è opportuno sottolineare le numerose sequenze in cui è presente Patience, la vampira, ex-fidanzata del protagonista e trasformata in creatura della notte da uno scagnozzo di Emperor Zombie. Il personaggio nel fumetto fa un numero brevissimo di apparizioni e il suo legame con Screw viene a malapena accennato in una scenata di gelosia dell’automa nei confronti dell’antagonista quando questi chiede alla donna di sposarlo. Nel cartone animato, tuttavia, la presenza della figura femminile assume un importanza di primo piano.
Dietro le quinte, l’aspetto forse più interessante dell’operazione è l’adozione di una tecnica di animazione limitata capace di rendere una prospettiva bidimensionale e dei cromatismi molto fedeli alle vignette.
Nell’anno di pubblicazione del fumetto di The Amazing Screw-On Head, si consolida il sodalizio con Guillermo Del Toro e Ron Perlman sul set di Blade 2, seguito della pellicola di Stephen Norrington datata 1998 e interpretata da Wesley Snipes nei panni del cacciatore di vampiri di casa Marvel. Il regista sudamericano, subentrato dopo l’abbandono di Norrington, realizza un secondo capitolo capace di oscurare il successo del precedente con un guadagno di 80 milioni di dollari negli Stati Uniti e di 150 nel resto del mondo.
Mignola lavorerà per due mesi a stretto contatto con la troupe in veste di Concept Artist realizzando disegni per i costumisti e i designer di produzione, tra cui Wayne Barlowe e Carol Spier. È in questa sede che si comincerà a parlare sul serio della realizzazione di una pellicola su Hellboy, la cui lavorazione inizierà a distanza di poco più di un anno.
Su gentile concessione di Valentino Sergi e della Nicola Pesce Editore