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Anteprima: I burattini di Mastr'Aligi di Nicola Lombardi
Creato il 14 marzo 2012 da Alessandro Manzetti @amanzettiDa ieri è in edicola il il Weird Tales Book nr.1, dal titolo Il giardino di Adompha, primo volume di collana che pubblicherà racconti horror, fantastici e weird. I WeirdTales Book affiancano la pubblicazione della rivista Weird Tales approdata in Italia da poco più di un anno. In questa antologia sono pubblicati racconti di Clark A. Smith (Il giardino di Adompha) H.P. Lovecraft (Aria fredda) Luigi Boccia (L’uomo coyote) Marco De Franchi (Domus Nigra) Chris Ward (L’uccello della professoressa Ito) Paolo Di Orazio (Dal primo all’ultimo sangue) Dario Tonani (I mattatoi del cielo) e Nicola Lombardi (I burattini di Mastr’Aligi).
Per questa anteprima Il Posto Nero pubblica un estratto di uno dei racconti contenuti nel Weird Tales Book nr.1, I burattini di Mastr’Aligi di Nicola Lombardi. Ma non finisce qui con Nicola Lombardi; più avanti nell'articolo troverete anche il primo capitolo del suo romanzo I Ragni Zingari, pubblicato nel 2010 da Edizioni XII, e dulcis in fundo, l'incipit del nuovo romanzo Madre Nera, al quale l'autore sta attualmente lavorando. Buona lettura e buon viaggio nelle atmosfere e nelle ombre di Nicola Lombardi.
I burattini di Mastr'Aligiestrattodi Nicola Lombardi
Era stato lo spettacolo più emozionante cui avesse mai assistito, e provò una lieve puntura al petto per il fatto che fosse terminato.Non che Tobia avesse una grande esperienza, in fatto di spettacoli di burattini; nell’arco dei suoi dodici anni aveva assistito sì e no a una decina di rappresentazioni del genere: a scuola, al teatrino parrocchiale, nella piazzetta del paese, o nel vecchio campo di calcio, dove ora si trovava, leccando le ultime tracce di vaniglia che il gelato gli aveva lasciato sulle dita.Gli occhi erano ancora fissi sul piccolo palcoscenico allestito davanti alla porta rugginosa, sulla quale brandelli di rete svolazzavano come rozze ragnatele sotto l’alito di settembre. La gente stava cominciando ad allontanarsi, e l’eco degli applausi si era già disciolto in un vacuo vocio che gli ronzava indistinto nelle orecchie. Il siparietto di velluto rosso ondeggiava, celando il lavoro che vi si stava compiendo dietro per risistemare ogni cosa, e Tobia cercò di immaginare il fantastico Mastr’Aligi intento a riporre tutte le sue cose, tutte le sue creature, dentro un baule, o una cassa, per riaccompagnarle dentro il grosso camper parcheggiato poco distante, in fondo al campetto.Per una settimana non aveva fatto che smaniare al pensiero dello spettacolo. Aveva addirittura conservato un volantino pubblicitario, ben piegato e riposto nel cassetto delle sue cose preferite, assieme alla trottola, alle figurine degli animali preistorici e al coltellino a scatto.“Mastr’Aligi presenta: Pulcinella nel Castello degli Spaventi”, recitavano le lettere rosso fuoco in campo giallo. Diamine, aspettare il Gran Giorno era stata dura, ma alla fine ne era valsa davvero la pena! La folla si allontanava chiacchierando, ma Tobia sentiva le gambe pesanti, quasi insensibili. Non era proprio così, naturalmente; però gli piaceva pensare che fosse tutto il suo corpo a ribellarsi all’idea di tornare a casa, e non soltanto il suo cervello invi-schiato in uno sciocco capriccio da ragazzino.Gli sembrava impensabile doversi scrollare dalla testa le fenomenali avventure che lo avevano rapito per più di un’ora; quelle mirabolanti vicissitudini che ancora si rigiravano irrequiete appena dietro le sue palpebre, là dove rimanevano imprigionate tutte le fantasticherie, tutte le meraviglie che ai suoi occhi illuminavano la vita. Le vicende di Pulcinella – intento a stanare e sconfiggere il Conte Dracula nel suo Castello degli Spaventi – lo avevano privato, momentaneamente, del senso della realtà. Avvertiva come una traccia di vuoto allo stomaco, adesso, ma non si trattava di fame. I concetti di cena, di casa, di quotidianità gli apparivano sbiaditi, delineati appena sull’orlo dei suoi pensieri, troppo sfuocati per poter essere presi in considerazione. Mastr’Aligi trafficava, con grande impegno, facendo la spola fra l’improvvisato palcoscenico e il camper. Accanto a lui, impegnata a rendersi utile come meglio poteva, c’era quella ragazzina...Tobia non aveva ancora speso tempo a riflettere sulle ragazze. Alcuni suoi amici - uno e due anni più vecchi di lui - non facevano che parlarne, e dalle loro parole aveva ricavato un’impressione oscura, contorta, fatta di cose segrete, di risatine, di bisbigli. Non capiva, ma neppure gli pareva poi troppo importante capire. Anzi, a volte provava una punta di commiserato disprezzo nei loro confronti, perchè gli era evidente che avevano abbandonato lo scintillante binario al quale lui sapeva di essere ancorato per saltare su un altro che li avrebbe condotti altrove, chissà dove, verso un’imprecisata foschia senza ritorno. Non erano andati con lui perchè uno spettacolo di burattini, gli avevano detto, è roba per bambini. Lui aveva reagito con una spallucciata, però la cosa lo aveva ferito più di quanto preferisse ammettere. Aveva accusato il colpo. Alla fine, poi, la decisione era arrivata, trionfante, nella sua testa, seppure ac-compagnata da un conflitto che aveva lasciato qualche graffio. Be’, poco male. Si era divertito, e non poco. Non avrebbe raccontato nulla ai suoi amici (amici?). Quello che aveva vissuto, quello che aveva provato, andava conservato gelosamente. Come in quel suo cassetto, accanto al volantino giallo.Ma la ragazzina... Di quando in quando gli lanciava fugaci occhiatine da dietro la morbida cascata di lunghi capelli biondi, biondissimi, continuando ad aiutare suo padre.A Tobia bastò un solo istante per capire cosa gli stava accadendo, e fu una consapevolezza che lo atterrì: non era per Pulcinella, non era per il Conte Dracula né per tutti gli altri personaggi di legno, se non riusciva a decidersi a tornare a casa. Se ne stava lì, impalato, quando ormai tutti gli spettatori non erano più che un’ondulata massa di sagome in lontananza. Il cuore si contrasse, per un istante, e sentì gli intestini scuotersi come una serpe molestata nel sonno.Si ritrovò a ricambiare il suo sguardo. Non sarebbe stato in grado di riconoscere il fatale passo che aveva appena compiuto; eppure, proprio in quel preciso istante, aveva senza saperlo esalato l’ultimo respiro dell’infanzia, per inalare subito dopo l’aria frizzante di una vita nuova, a lui totalmente sconosciuta. Di tale sconvolgimento Tobia non ebbe che un confuso sentore, limitandosi a registrare con disappunto il lievissimo capogiro che accompagnò il pizzicore sotto le piante dei piedi.Si riscosse soltanto nel momento in cui avvertì che anche l’allampanato e un po’ goffo Mastr’Aligi si era accorto della sua presenza. L’uomo lo aveva squadrato, nella frazione di un secondo, e Tobia sperò intensamente che non si fosse accorto dell’espressione con cui stava osservando sua figlia. Ma era certo, purtroppo, di essersi lasciato sorprendere con un’aria stupida appiccicata alla faccia.La ragazzina sorrise, abbassando lo sguardo.Tobia si sentì avvampare le gote.L’infanzia era finita davvero.
I Ragni Zingaridi Nicola LombardiDescrizione
Settembre 1943, Armistizio. Michele, ricoverato presso un ospedale militare in Albania, dopo il proclama di Badoglio sceglie di tornare a casa, assieme a tanti altri giovani allo sbando. Qui ritrova la madre, la giovane sorella Adele, il nonno e zio Berto.Subito Michele deve affrontare una penosa situazione: suo fratellino Marco, undici anni, è scomparso da alcuni giorni. A nulla sono valse le indagini del commissario Pellegrini, indagini comunque inevitabilmente blande, dato il particolare momento storico che tutti stanno attraversando.Tra incubi e atroci ricordi, Michele si ritrova così a sostenere il peso di questo cupo rientro dal fronte. Sullo sfondo, onnipresenti, pullulano i ragni zingari (immaginarie creature legate alla tradizione orale che si dice escano dagli specchi per recare oscuri presagi, visibili solo ai margini del campo visivo).Mentre in paese si organizzano i primi gruppi per la resistenza, il vecchio parroco rivela a Michele i particolari di un duplice delitto compiuto tanti anni prima da suo zio Berto. Costui diviene allora, agli occhi del ragazzo, il più attendibile indiziato per la scomparsa del fratello.Il violento confronto fra i due farà emergere tutta la follia, tutte le segrete morbosità e paure che gravano sulla sua famiglia. E alla fine Michele, esasperato, sceglierà la via più drastica, ma forse anche più significativa, per redimere sé stesso e le persone che ama, guidato dalle ombre dei ragni che albergano nel suo cervello.Intanto, i primi contingenti tedeschi arrivano per spazzare via ciò che resta dell’estate.“I ragni zingari” – titolo palindromo che rimanda a un continuo, fluido scambio fra realtà e riflesso, fra quotidianità e incubo – è un romanzo che attinge a un humus folkloristico per innestare propaggini fantastiche in un corpo, quello della Storia recente, già devastato da orrori ben più insostenibili, perché concreti.La vicenda si muove su due piani: quello del reale, col protagonista disertore che torna a casa per trovare la morte da cui aveva tentato di sfuggire; e quello della fantasia, dell’allucinazione. Piani che sembrano paralleli, ma che – seguendo un’angolazione impercettibile ma inesorabile - convergono, e inevitabilmente si inter-secano; ed è lì, sulla fatale linea di intersezione, che si snoda il racconto.Il mondo oltre lo specchio è identico a quello che conosciamo, se escludiamo un dettaglio di non poco conto: ogni cosa è rovesciata. Lo sono le immagini, i suoni, ma non solo; anche i pensieri scorrono secondo logiche inverse, e così i sentimenti, le emozioni, le paure. Tutto muta di segno, e la vita si trasforma nel proprio opposto, anche se non è possibile rendersene conto. Il rovesciamento della prospettiva investe anche ogni percezione, quindi lo specchio è al tempo stesso liberazione e trappola. Il protagonista che si ritrova a esplorare l’Altra Parte incontra un mondo placido popolato di ombre, di incubi, e ricordi, e fantasmi… L’universo oltre lo specchio come allegoria di un possibile aldilà, quindi; di un personale Altrove e di un Dopo che invece sono già Qui e Ora, e ci stanno aspettando in silenzio. Come ragni.
I Ragni Zingaridi Nicola Lombardiprimo capitolo
«Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».M.llo Pietro Badoglio, 8 settembre 1943
«Ditemi, amico mio, come mai quando vogliamo raccontare qualcosa di terribile, misterioso e fantastico non è dalla vita che attingiamo il materiale, ma immancabilmente dal mondo dei fantasmi e delle ombre dell’aldilà?»«Fa paura ciò che non si capisce».«Perché, voi capite la vita? Non vorrete dirmi che comprendete la vita più di quanto non comprendiate il mondo soprannaturale?»Anton Cechov: Paura
1. 9 settembre 1943Quella che scorreva dietro i vetri sporchi doveva essere ancora l’estate.I campi fluttuavano sotto una cortina grigio cenere, attraverso la quale, di tanto in tanto, occhieggiavano chiazze brune. Un cielo di ardesia lucida stava facendo del proprio meglio per liberarsi dalla coltre gelata della notte, consegnandosi alla luce smorta di quel mattino che sorgeva con esasperante lentezza. Un sospiro onnipresente, pesante come il piombo, ruvido come l’angoscia, rendeva difficile credere alla concretezza della vita che nonostante tutto respirava, là fuori, ovunque lo sguardo riuscisse ad arrivare.C’era nell’aria qualcosa di inafferrabile, di impenetrabile. O forse era qualcosa che mancava, ora che tutto sembrava finito. Michele non sapeva decidere. Si limitava a scrutare il paesaggio mentre gli sfrecciava incontro, rigato dalla sporcizia tenace che incrostava il finestrino del treno. Attorno a lui, nello scompartimento, cento altri volti come il suo – a eccezione di quelli che galleggiavano tra sonno e veglia – rivolgevano sguardi di fantasma a quel mondo che correva, correva…Di quando in quando, udiva bussare dentro la sua testa. È la paura, si diceva. È ancora qui, dentro di me. Mi darà ascolto, se le chiederò di andare via? Era solo il graffio di una pallottola, pulsante al di sotto della fasciatura, niente di più. Un colpo di striscio alla tempia, un piccolo marchio d’orgoglio da portarsi a casa, assieme al tremore alle mani.Gli altri ragazzi, grigi pure loro come tutto il mondo, alternavano stupefatti sorrisi sbilenchi a espressioni attonite, smarriti in un labirinto di domande senza risposta. Le stesse che dalla sera prima non avevano cessato di farli sentire, se possibile, ancora più insensati e vuoti di quanto si fossero mai sentiti durante quegli ultimi anni.Qualcuno sfregò un cerino. Una sigaretta si accese.«Un tiro, Michele?»Michele scostò il capo dal vetro, lasciandovi una sparuta impronta di capelli unti. Fissò per alcuni istanti il minuscolo tizzone ardente puntato contro di lui. Scosse la testa, premurandosi di strizzare l’occhio perché apparisse meno brusco il suo rifiuto; quindi tornò a riempirsi la mente di quel paesaggio sfuocato e sporco.Era finita davvero? Così, all’improvviso? Sarebbe stato bello poterci credere… Invisibili bocche senza voce andavano bisbigliando, dentro ognuna delle teste ammassate su quel treno, che il peggio, per quanto incredibile, doveva ancora arrivare, ora che pareva non esserci più nessuno a stringere le redini delle loro vite, per quel che valevano. Alcuni avevano pensato di rivoltare la divisa, indossandola al contrario, non avendo idee migliori per nascondere agli occhi di chissà chi la propria condizione. Poi, però, in troppi avevano cominciato a imitarli, e le divise rovesciate si erano trasformate semplicemente in altre divise. La verità era che nessuno di loro sapeva cosa stava facendo, dove stava andando. Il vuoto, quasi violento, li aveva colti di sorpresa, peggio di una granata. Chi era il nemico, adesso? E chi l’amico? Il futuro – come il presente, del resto – era un golfo grigio, insondabile, nulla di più. Un unico concetto era chiaro, e vivo, in tutti. Il ritorno. A casa.Michele si afferrò con fermezza a quel pensiero, sussultando ai ritmi sferraglianti e rugginosi imposti dal treno.La casa. Le persone care. I luoghi familiari e amati. Era più che mai urgente appigliarsi a quelle boe di salvezza. L’oceano non mostrava approdi, all’orizzonte. Ma era già tanto sapere, o credere, che da qualche parte, a dispetto di tutto, ci fosse un porto, ad attendere ciascuno di loro.Non poteva certo sapere dei ragni. Anche loro lo stavano aspettando.(...)
Chiudo questo articolo dedicato a Nicola Lombardi con un'altra anteprima: l'incipit del nuovo romanzo, Madre Nera, su cui l'autore sta attualmente lavorando. In questo caso non posso svelare nulla di più, oltre le poche righe dell'incipit:
Madre Neradi Nicola LombardiInedito - Incipit
1971
Giovedì 8 aprile - ore 9.45
Non raggiungevano i sessant’anni in dodici, e Nina, pur senza perdere mai di vista la strada, li teneva d’occhio tutti quanti, incorniciati nello specchietto retrovisore. I loro visetti riflessi raccontavano emozioni indecifrabili, frutti di un’ingenuità che ancora si arrabattava per interpretare i messaggi del cuore.
Il pulmino, un Volkswagen T2 relativamente nuovo ma già piuttosto malconcio, procedeva tossendo lungo la stradina accidentata, e Nina stringeva saldamente il volante per evitare che qualche buca o qualche sasso potesse convincere il veicolo a seguire tragitti alternativi e imprevedibili. Il centro abitato era ormai un ricordo, lasciato a sbiadirsi oltre una nuvolaglia polverosa. Campi deserti e verdeggianti avevano poi os-servato il passaggio della donna e dei suoi giovanissimi passeggeri, prima che il chiassoso automezzo grigio guastato qua e là da crosticine di lebbra rugginosa abbandonasse anche loro per imboccare la strada che conduceva alle colline, e ai boschi che le nascondevano.
“Vi state divertendo, bambini?”
La domanda rotolò lungo la corsia fra i sedili, raccogliendo uno sparuto groviglio di reazioni. Qualcuno annuì con vigore; ci fu chi azzardò un “Sììì….”, ma senza eccessiva convinzione; e non mancò chi rimase in silenzio, a bocca spalancata. Alcuni bambini continuarono a guardare compunti fuori dai finestrini. Uno di loro tracciò col polpastrello una linea curva che si impresse sul vetro come un sentierino fantasma, sovrapponendosi al paesaggio che fuggiva nel brillante mattino di primavera.
La donna puntava a tratti lo sguardo allo specchio, ammirando i dodici bimbetti. I suoi occhi, liquidi, chiari, erano arrossati agli angoli da ragnatele di capillari. Un tic le fece fremere una palpebra.(...)
Profilo dell'Autore: Nicola LombardiAutore italiano di narrativa horror, da anni presente all’interno del movimento horror nazionale, ha pubblicato i romanzi Profondo Rosso e Suspiria (Newton Compton), tratti dai film di Dario Argento e I Ragni Zingari (Edizioni XII) oltre a varie raccolte di racconti, tra le quali I racconti della piccola bottega degli orrori, La fiera della paura, Striges, La notte chiama (insieme a Luigi Boccia). Attualmente sta lavorando al suo nuovo romanzo, Madre Nera. Web: http://www.nicolalombardi.com/
Nicola Lombardi è rappresentato dalla Agenzia Letteraria Dark Circle.
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