Anthony Ryan: Il canto del sangue

Creato il 15 luglio 2014 da Martinaframmartino

Il canto del sangue è stato il mio primo ebook. In realtà avevo già riletto un romanzo che avevo letto anni prima in formato cartaceo, e avevo letto Giuseppe figlio di Giacobbe di Silvana De Mari in formato ebook, ma quelli non li considero. Il primo, come detto, era una rilettura, quindi conoscevo già la storia e la mia attenzione andava più sulle diverse percezioni di adesso rispetto a quelle di una quindicina d’anni fa che al supporto di lettura. E poi stavo prendendo appunti in vista di un possibile articolo che forse scriverò e forse no, quindi è stata una lettura particolare.
Quanto a Giuseppe figlio di Giacobbe è scritto bene, mi è piaciuto come mi sono piaciute tutte le opere della De Mari, ma è talmente breve che non ho fatto in tempo a entrarvi davvero. Cioè, ero nella storia, ma il supporto è stato ininfluente.

Il canto del sangue invece è un romanzo che non conoscevo e dalle dimensioni considerevoli. Il libro mi è piaciuto, la storia scorre che è un piacere anche se tanti aspetti sono ormai dei cliché. Anche i cliché però si possono usare se si sa come farlo, e Anthony Ryan almeno per il momento ha dimostrato ottime capacità. Per settembre è prevista la traduzione del suo secondo romanzo, Il Signore della Torre, e conto di leggere pure quello, anche se non ho ancora deciso in che formato. Ho letto il primo libro in ebook, e visto che tendo a comprare le opere di una serie tutte nello stesso formato dovrei prendere l’ebook pure del secondo, giusto? Però non mi è piaciuto leggere in ebook, ho sentito la mancanza della carta fra le mie mani. Leggere è anche un atto fisico, ci sono le pagine che si sfogliano, il volume delle pagine a destra che diminuisce per far aumentare quello delle pagine a sinistra, e c’è una visione della pagina che è diversa da quella di un monitor. Non so, quest’estate leggerò almeno altri due ebook che ho già comprato – ma entrambi sono sotto le 200 pagine, e non è la stessa cosa – e poi forse avrò le idee più chiare. Intanto vi lascio alla recensione.

Il canto del sangue inizia in un modo abbastanza tradizionale: un ragazzino viene portato in una scuola che forma abilissimi guerrieri attraverso un addestramento particolarmente duro. Senso di abbandono da parte del padre e distacco totale dalla famiglia di origine, cameratismo con i nuovi compagni, insegnanti severi, selezione spietata che, in alcuni casi, provoca la morte di chi non supera l’esame: gli elementi di partenza non sono nuovi, ma quello che li rende interessanti è il modo in cui Anthony Ryan narra l’intera vicenda. La storia è estremamente scorrevole, senza troppi dettagli che ne rallentino il ritmo: quello che viene narrato è interessante e allo stesso tempo funzionale alla trama. Il mondo viene costruito grazie alle azioni dei personaggi, al loro rapportarsi a esso, e man mano che si procede nella lettura si scopre che è molto più complesso di quanto poteva sembrare in un primo momento.
Ci sono gli Ordini, delle guerre da affrontare, duelli, intrighi e personaggi che ricoprono ruoli già visti molte altre volte e che trovano le loro radici negli archetipi, ma Vaelin Al Sorna è un personaggio reale, e se anche è dotato di notevoli capacità questo non significa che non sia attraversato da dubbi o non commetta degli errori. Un po’ meno individualizzati sono i suoi compagni, grazie a una cappa di riservatezza che offusca molti dettagli del loro passato. Il che significa che l’aspetto più interessante di Vaelin si manifesta quando deve rapportarsi con qualcuno che si trova fuori dalla sua cerchia ristretta come il sovrano o sua figlia, un paio di guaritrici o un compagno il cui cammino da un certo momento in poi si discosta da quanto insegnato dall’Aspetto del suo Ordine.
Con il mondo che si arricchisce, e i personaggi che devono capire quale sia il loro ruolo e trovare il giusto equilibrio, nella trama compaiono misteri insospettabili all’inizio i cui sviluppi potenzialmente enormi sono ancora tutti da valutare.
La narrazione delle vicende di Vaelin è incastonata in una cornice di poco successiva a parte degli eventi stessi, perciò almeno su determinati elementi della trama il lettore si pone interrogativi e aspettative. Le risposte, quando arrivano, sono soddisfacenti. Non così con lo sviluppo della cornice, che nell’ultimo resoconto sembrerebbe non essere all’altezza di quanto proposto in precedenza. Non lo sarebbe, se davvero quella fosse la conclusione che lo scrittore stava chiaramente preparando per i lettori. Ryan però chiude con un ultimo capitolo perfettamente coerente con la trama ma capace di rimettere in discussione ogni certezza e di donare nuova luce a fatti che sembravano già definitivamente acquisiti. Le premesse perché il secondo volume della trilogia, Tower Lord, da poco pubblicato in lingua originale, si riveli un’altra piacevole lettura ci sono tutte



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