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Ci sono città che invece vengono scelte ed amate da chi il potere lo fa derivare non dal dominio amministrativo ma da quello economico, dal denaro e dal lavoro: sono città moderne e dinamiche, dall'assetto pragmatico ed efficiente, con infrastrutture efficaci e collegamenti ben sviluppati, città al passo con i tempi, a cui non interessa il passato ma il futuro. Sono città fatte di vetro, per vedere lontano, e di metallo, per essere solide ma flessibili. Sono città sempre di corsa, multitasking, che parlano e fanno, che inseguono un obiettivo, ma più ancora che il fatto di raggiungerlo sono mosse dall'adrenalina che il movimento fa scaturire.
Ci sono infine città che sono scelte dagli artisti.
Città che non hanno la bellezza sfavillante data dal lusso, ma ne hanno una genuinamente luminosa, a suo modo semplice, eppure resa intensa dal chiaroscuro di qualche cono d'ombra, di qualche segreto, di qualche malinconia viva ed agrodolce.
Antibes, perennemente affacciata sulle sue scogliere a picco sul mare, con i suoi abiti bianchi leggeri accarezzati con passione dal vento, i capelli sciolti e lo sguardo pensieroso ed impenetrabile perso lontano sulla linea dell'orizzonte, là dove il sole e l'acqua si sciolgono in un abbraccio dorato - appartiene di diritto a questa categoria.
E questo non solo perché Fitzgerald l'ha scelta come teatro di uno dei suoi capolavori ("Tenera è la notte"), non solo perché Picasso l'amava talmente tanto da diventarne cittadino onorario, o perché Monet e gli altri impressionisti erano rimasti incantati dalla sua luce unica.
I grandi nomi che si legano alla storia di una città sono una conseguenza di quella scintilla speciale che si nasconde nel nucleo della sua essenza - ma questa scintilla esisterebbe a prescindere: non ha bisogno di essere celebrata, non ha bisogno di essere immortalata.
Immortalarla e celebrarla è un atto che noi umani, artisti e non, talentuosi e dilettanti, facciamo per noi stessi, per riuscire a fotocopiare, attraverso le parole o i tratti del pennello, qualche soffio della sua aura, per riuscire a portarcelo appresso, o perlomento per creare un collegamento rapido con quella parte remota e nascosta della nostra anima in cui essa è riuscita ad imprimersi, una sorta di chiave che riesca ad aprire il ricordo di quel momento in cui siamo entrati in contatto con essa. Ed un po', in quel momento, anche se non ce lo ricordiamo più, anche noi siamo cambiati.
Il cuore di Antibes, il nucleo vivo ed abbacinante della sua aura che tutti gli artisti vogliono provare ad immortalare quando la incontrano, è la città vecchia - accoccolata e nascosta fra i suoi bastioni fortificati, passa il tempo a riempirsi gli occhi della bellezza del mare. E l'anima del suo mistero.
Per raggiungere il suo cuore bisogna salire - ma è una salita dolce, poco ripida, che si effettua quasi con leggerezza, quasi scivolando, con gli occhi che si distraggono con il viola rosato delle boungavillee, ad immaginare le storie nascoste dietro le finestrelle di legno.
Qualche gatto si affaccia, fa finta di niente - forse stai disturbando i suoi pensieri, o forse lo incuriosisci, forse è il suo modo per darti il benvenuto.
Se il resto della Costa Azzurra visitato finora ha i colori caldi del sole e degli agrumi, Antibes invece è fatta di bianco.
Forse è proprio questo candore che l'ha fatta diventare la prediletta da chi ha un animo portato per esprimere la complessa e dolorosa bellezza della vita e farla conoscere al mondo: nel suo bianco porta la stessa infantile spontaneità e la stessa deliziosa maledizione che fioriscono nel cuore di qualsiasi artista.
Il bianco di Antibes scivola distratto lungo le sue salite lastricate: a tratti si declina con qualche ombra più scura, si dipinge di qualche pennellata color crema, si denuda col grigio tenue delle pietre.
Ha finestre di legno azzurre e verdi che lasciano intravedere qualcosa del suo quotidiano, dei suoi ricordi.
Ha lampioni che la illuminano d'oro e arbusti, o vitigni rampicanti, dietro cui si nasconde un po', per potersi meglio perdere dietro ai suoi pensieri.
E poi, ad un certo punto, ha il mare...
E qui si apre, qui sorride e piange - non di dolore, non di felicità, ma forse di qualcosa che sopraffà entrambi.
Qui ti spiega il perché del suo bianco: perché è fatto per buttarsi a capofitto fra le braccia aperte e magnetiche del mare, per tingersi del suo stesso colore, riflettere il suo mistero - per fargli da complementare, completarsi a vicenda, sposi & amanti, nati l'una per l'altro...
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