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Antichrist

Creato il 05 aprile 2010 da Eraserhead
AntichristMentre guardavo Antichrist mi chiedevo come avrei riempito queste righe. In che modo sarei riuscito a dipanare l’enorme matassa ingarbugliata di foglie secche, nebbia, urla e sangue per stenderla sul tavolo autoptico del blog? Intuivo che l’impresa era ardua e probabilmente inutile perché a fornire chiavi di lettura per aprire porte sull’ignoto ci avevano già pensato molti critici decisamente più bravi e coraggiosi di me.
Perciò ho deciso di fuggire da questo film.
Perché mentre osservavo quell’uomo e quella donna dentro il Giardino mi sentivo di troppo. Un ospite sgradito, non volevo vedere né sentire tutto quell’orrore mostruoso che avevo visto in tanti altri film ma che qui era emotivamente distruttivo, di una potenza catartica quasi stordente. Nemmeno il mio cinico voyeurismo voleva continuare ad assistere alla proiezione: mi diceva basta, che senso ha tutto questo? È un dolore che non appartiene a te, non potrai mai capirlo a fondo, ti è lontano incomprensibilmente diverso, e probabilmente è per questo ti spaventa così tanto.
Già, non appartiene a me, non appartiene a noi.
Ogni fotogramma, dal monumentale rallenti iniziale passando per le repentine zoomate sugli organi sessuali deturpati, concludendo con le donne senza volto del finale, ogni movimento, parola o silenzio, sussurro disperato o grido di sfacelo, ogni filo d’erba gialla e radice avvizzita, contorta, diabolica, ogni ghianda che cade come un senso di colpa, ogni cosa assume i lineamenti di un uomo sulla cinquantina nato lassù al Nord, in terre lontane. Fredde. Buie.
Quell’uomo è lui: AntichristEcco perché mi sentivo fuori posto durante la visione. Questo non è un film per noi ma solo per lui. Antichrist È lui.
Lo vedo nudo come un verme, appesantito, sdraiato su un divano rosso intarsiato d’ottone che (ci) parla, e sopra la sua testa appare una nube nerastra in cui si materializzano i suoi fantasmi: delle querce marcite, un corvo dissotterrato, una costellazione che non esiste. E poi il terrore archetipale di precipitare nel vuoto, l’incapacità di camminare per il mondo con scarpe al contrario. Una piramide specchio delle sue inquietudini. La distanza a volte incolmabile tra il corpo e la mente, tra il sentimento e l’armonia.
Ha paura quest’uomo. Tanta. E noi non possiamo farci niente perché questa è un’opera solo sua, di cui fa parte in prima persona nelle profondità dell’esistenza che vive. Certo, anche io avevo e ho paura nel guardare Antichrist, non tanto per l’horror inscenato ma per l’orrore umano contemplato, tuttavia mi sono sentito un estraneo per aver messo il naso in cose non mie.
Mi spiace Lars, lascia che io pianga per lenire almeno un poco il tuo dolore.

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