. Quel "Cazzo!", pronunciato sapientemente da Zavattini, nel 1976, fece rumore. Anzi, fragore
Fra i rappresentanti e i rappresentati, è un gioco di specchi infinito. Così l'esibizione di chi "ce l'ha duro" si alterna al grido di "Forza gnocca". Mentre si sviluppano relazioni internazionali tra "Cavalieri arrapati" e "Culone inchiavabili". Di recente, infine, nelle piazze, nei palazzi e sui media echeggiano i "vaffanculo", ripetuti all'infinito. Da chi rifiuta di dialogare con i "morti-che-parlano-e-camminano". Con i "padri puttanieri della Patria". Che sono già morti. E, comunque, "devono morire". Il più presto possibile. Per cambiare davvero il Paese.
E, allora, perché resistere? Perché rivolgersi, ancora, agli altri in modo educato? Perché chiedere rispetto: tra genitori e figli, professori e studenti, autorità e cittadini, immigrati e residenti, vicini e lontani, amici, conoscenti e sconosciuti. Perché? E perché limitarsi alle parole e non passare alle vie di fatto? D'altra parte, la distanza è breve. Le parole sono fatti.
Perché mai, allora, io - proprio io - dovrei essere l'ultimo "coglione" rimasto in circolazione? L'unico a trattare tutti, ma proprio tutti, con rispetto? Anche coloro che non rispetto?
Così mi arrendo. Al clima e al linguaggio del tempo. E, per chiudere, rilancio un elegante adagio raccolto al Bar da Braun: "Andate tutti a-fare-inculo. Voi e la vostra politica del cazzo".
Ho svolto il filo del discorso sul rapporto - degenerato - fra linguaggio, politica e società cercando di essere coerente. Fino in fondo. Eppure, questo linguaggio mi dà fastidio. Scrivere così, a maggior ragione, mi dà (e io mi do) fastidio. Non lo farò mai più. ILVIO DIAMANTI
Concordo con Diamanti e mi rendo conto di essere anch'io fra gli ultimi 'coglioni' e
ricordo bene quella parola di Zavattini alla radio,in diretta.
Sarà anche che davanti a mia madre non osavo neanche dire la parola 'innamorati', perchè sottintendeva immagini osè e non volevo ricevere un'occhiata di rimprovero, fatto sta che sono cresciuta con un linguaggi 'pulito', ma ora non mi dispiace e mi da fastidio quando mia figlia pronuncia parole volgari davanti alle sue, di figlie.
Non che io sia una moralista bacchettona, ne faccio una questione di educazione e di stile
al di là del denaro e della posizione sociale, e anche un modo per non seguire,ancora una volta, il gregge, un modo per non adeguarsi sempre alle mode del momento, un modo per fare una scelta personale.
Le mie nipoti sanno che non amo il linguaggio scurrile e sanno il perchè. Davanti a me a volte scappa loro un 'merda' o "culo' e mi guardano un po' disorientate.
Quando erano più piccole, sui 6-7 anni, facevo loro lezione di parolacce, spiegandone il siglificato ed evidenziando che sciorinare parolacce non significa essere più evoluti, anzi, significa imitare gli altri. Giocando con le parole e con esempi - loro a volte dicono che in me c'è un rametto di pazzia- ho cercato e cerco di far loro capire quanto sia bello ragionare con la propria testa ed evitare i conformismi, ispirandomi a David Riesman :
nella società contemporanea, multirazziale, internazionale, delle comunicazioni, del terziario e dei consumi, liberal-democratiche si genera paradossalmente una conformità spaventosa. Il singolo individuo per sfuggire alla solitudine, all'isolamento, è sempre alla ricerca di una identità comune con tutti gli altri, senza che nessuno tra l'altro gli imponga niente. Riesman chiama "etero-diretto" l'individuo tende ad essere simile agli altri per adeguarsi alle aspettative altrui.