Altro appuntamento, altra pianta con proprietà antiparassitarie. Dopo aglio, equiseto, ortica, peperoncino, pomodoro, felce aquilina e tanaceto, è la volta dell’Artemisia absinthium, meglio conosciuta come Assenzio. No, non sto cercando di far emergere il Decadentismo che c’è in voi ma più semplicemente di farvi sfruttare la sua azione repellente nei confronti di afidi e molte specie di lepidotteri.
L’Assenzio è una pianta perenne appartenente alla più grande famiglia esistente, quella delle Asteraceae. Diffusa in buona parte dell’Europa centrale e meridionale, e quindi anche in Italia, questa pianta decidua può raggiungere il metro e mezzo di altezza ed è costituita da un fusto semilegnoso e ramificato nella parte alta. Le foglie sono dentellate e risultano grigiastre grazie alla fitta peluria bianca che le ricoprono e che, smorzando il verde di base, fa assumere loro quel colore così tipico. I fiori sono costituiti da gruppi di capolini sferici e gialli, pendenti verso il basso.
Apprezzato fin dall’antichità (sembra ci siano riferimenti anche nella Bibbia) per le sue qualità fitoterapiche (in prevalenza toniche, antinfiammatorie e digestive) l’Assenzio conobbe grande notorietà durante il 1800 quando (per il suo costo tutto sommato a buon mercato) si diffuse, in modo trasversale tra i vari ceti, il consumo del distillato, che porta appunto il nome di Assenzio, nel quale la nostra pianta è in realtà una delle tante presenti nella ricetta. Prima che nel 1915 venisse proibito in Francia, il distillato di Assenzio ebbe modo di entrare nell’immaginario collettivo non senza un preciso alone “maudit”, dovuto all’associazione con gli scrittori del Decadentismo e soprattutto al suo erroneo accostamento alle droghe: falsi convincimenti infatti volevano che tra gli ingredienti di questo distillato ci fosse l’oppio o che venisse consumato con l’aggiunta del laudano, e per questo considerato pericoloso.
Le sue proprietà antiparassitarie sono dovute alle sostanze che contiene la pianta, tannini e resine in primis, ma soprattutto a un famoso terpene, il tujone, che abbiamo già riscontrato in un altra pianta appartenente alle Asteraceae, il tanaceto; per ottenere tale effetto si usano tutte le parti della pianta, fusto, foglie e fiori, raccolte nel periodo che va da giugno a settembre.
L’assenzio può essere usato sia come infuso che come macerato e le dosi consigliate sono di 300 grammi di pianta fresca (o 30 grammi di pianta essiccata) ogni 10 litri di acqua. L’infuso può essere diluito ma io consiglio di usarlo puro: contro la cavolaia durante il suo sfarfallamento o spruzzato direttamente sulle piante per combattere afidi e altri bruchi. Stesso utilizzo non diluito per il macerato, da spruzzare direttamente sulle piante contro gli afidi nel periodo che va dalla primavera alla fine dell’estate.
Entrambe e forme (infuso e macerato), se spruzzate su di loro, sono utili anche per allontanare le formiche: queste ultime non danneggeranno direttamente le piante ma, essendo ghiotte delle sostanze zuccherine secrete dagli afidi, spesso e volentieri “coltivano” questi fastidiosi parassiti accudendoli e trasportandoli (leggi: diffondendoli) sulle piante contigue aumentando così l’invasione.
Foto di epanto