Il termine isteria deriva dalla parola greca hystera, utero. E’ molto difficile dare una definizione univoca di isteria, in quanto i sintomi che caratterizza(va)no questa condizione sono cambiati nel corso dei secoli, così come i metodi di cura. La convinzione che misteriose malattie in grado di alterare le capacità mentali (e riproduttive) delle donne derivassero proprio dall’utero risalgono all’antico Egitto.
Gli egiziani consideravano l’utero come un’entità a sé stante, attribuendogli di volta in volta caratteristiche benigne o maligne. Ritenevano che modificazioni della sua posizione originaria fossero alla base di sintomi simil-isterici, da trattare mediante manipolazioni, fumigazioni o pozioni di vario tipo.
Anche Ippocrate, nella Grecia antica, attribuiva le cause dell’isteria alla posizione dell’utero; a lui va il merito di aver distinto l’isteria dall’epilessia vera e propria. Le cure di Ippocrate per l’isteria erano diverse per donne vergini e donne vedove anche se, per entrambe le categorie, la cura migliore restava il matrimonio. A riprova della credenza del ruolo dell’astinenza sessuale nello sviluppo di tale condizione.
I medici romani, tra cui Celso, ripresero inizialmente le idee di Ippocrate. E’ prima con Sorano, e quindi con Galeno, che si modifica la concezione dell’isteria, da patologia dovuta a malposizionamento dell’utero, a patologia dovuta alla ritenzione di secrezioni da parte dell’utero, secrezioni in grado di corrompere il sangue e causare l’irritazione dei nervi. Di qui la comparsa dei vari sintomi somatici tipici di questa condizione.
Nel medioevo, con l’avvento del cristianesimo, l’isteria, a causa delle sue manifestazioni eclatanti e del suo supposto legame con l’organo chiave della riproduzione femminile, viene concepita come l’espressione di un rapporto tra la donna e il diavolo. Durante il periodo dell’Inquisizione, numerose donne affette da questa condizione vennero torturate allo scopo di ottenere confessioni farlocche e quindi condannate a morte mediante annegamento o rogo.
E’ nel 1500, con Paracelso, che l’isteria viene per la prima volta inserita all’interno delle malattie mentali, pur mantenedo delle controverse connessioni con l’utero.
Gli studi sull’isteria si susseguirono per tutta la durata del ’700, rafforzando l’ipotesi neurologica della sua origine. Pinel, medico francese di stanza alla Salpêtrière di Parigi -l’istituto dove venivano ricoverati i malati di mente- definì l’isteria come una “nevrosi genitale femminile”. Ne correlò l’insorgenza con alterazioni del ciclo mestruale e dell’attività sessuale, e indicò come cura il matrimonio (ancora!).
Il maggior studioso dell’isteria, fu Jean Martin Charcot (1825-1893), neuropsichiatra francesce collega di Pinel all’istituto Salpêtrière. Fu il primo ad applicare i rigorosi metodi dell’osservazione scientifica allo studio di questa condizione e in breve tempo arrivò a distruggere tutta la precedente letteratura sull’argomento, sostenendo che si trattasse di “una nevrosi sprovvista di un danno anatomico specifico ad andamento periodico”. Confutò il suo leggendario legame con l’utero, così come la convinzione che si trattasse di una condizione tipicamente femminile. Coraggiosamente per l’epoca, indicò tra le cause di isteria i traumi psicologici di importante entità e suggerì come terapia l’allontanamento del/della paziente dal suo contesto sociale e familiare. A lui dobbiamo inoltre l’accurata descrizione degli attacchi isterici, suddivisi per comodità in diverse fasi non sempre chiaramente identificabili:
-fase epilettoide, con contrazioni muscolari improvvise, spasmi violenti, arrossamenti, disturbi motori, rotazione dei bulbi oculari e protrusioni.
-fase dei grandi movimenti, caratterizzata dall’assunzione di pose plastiche o atteggiamenti apparentemente inspiegabili.
-fase degli atteggiamenti passionali, con allucinazioni uditive.
-fase terminale, in cui permane il delirio, generalmente a sfondo erotomanico.
Freud (1856-1939), fu profondamente influenzato dagli studi di Charcot, di cui fu allievo per un breve periodo alla Salpêtrière e di cui tradusse l’opera dal francese al tedesco. Sviluppò in particolare il concetto secondo il quale l’attacco isterico serviva al/alla paziente per rivivere il proprio trauma psicologico originario. Freud si spinse ad affermare che tale trauma fosse costantemente ascrivibile alla sessualità infantile del soggetto.
Con la crisi della psicanalisi, anche la nozione di isteria andò in frantumi, e la sua descrizione scomparve dal Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali nel 1952 (DSM II). Oggi il campo dei sintomi “ex-isteria” viene ricondotto, a seconda dei casi, all’interno dei disturbi fobici, ansiosi e somatoformi.
Bibliografia essenziale:
“Figure dell’isteria” – Refolo, Ferri, 1996
“Donne e psicanalisi” – Miller, 1975
“Sulla teoria dell’attacco isterico” – Freud Breuer, 1892
“L’invenzione dell’isteria. Charcot e l’iconografia fotografica della Salpêtrière” – Didi-Huberman, 2008
“Il secondo sesso” – de Beauvoir, 1949
Immagini:
1. isteria
2. A. Broulliet, Charcot dimostra l’isteria all’istituto Salpêtrière