Antonello da Messina, San Gerolamo nello studio
Una piccola tavola di tiglio che Antonello ha fortunatamente inclusa nella propria cornice dorata dipinta a trompe-d'oeil, che lascia passeggiare sul bordo il pavone e una coturnice, simboli della fede, ma pure utile strumento d'illusione per far percepire la tavoletta di 45x36 cm come una composizione vastissima. Perchè è proprio la dimensione percepita per via della cornice che viene calibrata dalla lunghezza dei volatili. Questa la prima lezione del curioso dipinto: i quadri hanno una dimensione concreta e una psicologica. E così si apre la mente a un percorso lungo e meditativo nelle epoche e negli stili di quell'ultimo quarto di Quattrocento, quando Piero della Francesca sta dipingendo la Madonna di Senigallia e Hugo van der Goes il Trittico della Natività, che l'anno seguente il banchiere Portinari spedirà a Firenze per dimostrare quanto la pittura a olio possa battere quella all'uovo.Questo per spiegare un epoca di incroci estetici che Antonello raccoglie nel suo operare.Curiosissimo caso il suo, primo pittore d'una Sicilia che dovette aspettare quasi mezzo millennio per avere altri esimi pittori nella modernità. Perchè lui sarà pure il Messina, ma di siciliano non ha nulla. Anzi è proprio di Messina, dove passavano le navi veneziane che scendevano l'Adriatico facendo rifornimento a Senigallia e da lì incrociavano quelle che salpavano dalle Fiandre oppure talvolta le inseguivano. Quindi l'estetica di Antonello passa da questi scampi culturali tra Venezia, centro Italia e Fiandre.Particolare con il cencio appeso, il vaso di garofani e i due uccelli
L'aver preceduto i fiorentini nel dipingere con l'olio è forse privo di merito, poichè la ricetta è direttamente fiamminga, ma aver capito a che cosa poteva servire quest'olio è segno di genialità, con le mille inclinazioni narrative che si offrono alla mano sapiente guidata da una mente fervida: i legni col dettaglio delle assi e la struttura delle venature, le pietre con l'indicazione della loro composizione geologica, il vaso di garofani pronti alla loro vitrea spezzatura e la natura morta infinita che si conclude con uno di quei cenci a bordature blu, appeso al chiodo senza rivelare la sua provenienza, poichè appare uguale nella pittura di Gand e in quella di Siena. E non a caso questo dipinto viene citato per la prima volta a Venezia mezzo secolo dopo come opera di maestro fiammingo!!!