Antonello Negri, L’arte in mostra. Una storia delle esposizioni, Milano, Bruno Mondadori, 2011. Recensione per Milano Arte Expo di Luca Pietro Nicoletti > La storia delle mostre consente di tracciare una “storia moderna dell’arte” secondo una nuova ottica relazionale, fatta di intrecci e connessioni fra arte e società. Come aveva mostrato Francis Haskell, a cui si devono gli studi fondativi di questo metodo di approccio alla storia dell’arte, le opere d’arte vivono una storia esterna diversa da quella dei loro creatori: vale in modo particolare per gli “antichi maestri”, ma vale anche, secondo dinamiche proprie, per l’arte contemporanea. La storia delle esposizioni d’arte, infatti, permette di scrivere una storia dell’arte, anzi una vera e propria storia sociale dell’arte fondata su un’analisi dei meccanismi, delle modalità e delle tipologie di circuiti espositivi, senza però scordare di interrogarsi sulla ricezione da parte del pubblico e senza trascurare la dialettica costante tra forme “alte” dell’espressione artistica e forme “basse” di produzione di immagini di ampia circolazione.
È questo, forse, uno dei punti che stanno più a cuore ad Antonello Negri, e che fa da motivo conduttore del suo L’arte in mostra. Una storia delle esposizioni, pubblicato nella collana “Sintesi” di Bruno Mondadori.
Negri ha una particolare predisposizione per le opere di sintesi: un punto di riferimento, in tal senso, il volume su Il Realismo (Laterza, 1989 e 1994), che compie una rassegna analitica di tutte le declinazioni di poetica che questo ha avuto da Courbet agli anni Ottanta del Novecento, con una linearità e limpidezza di scrittura di rara accessibilità, mai banale, che si ritrova in tutti i suoi libri.
Si ha la sensazione, leggendo le prime pagine, che questo libro sia ben più di una compilazione ricapitolativa sulla storia delle mostre. Il volume, infatti, è disseminato di note e osservazioni che, oltre ad illuminare lo specifico argomento del libro, mettono in nuova luce fenomeni e dinamiche della produzione artistica degli ultimi due secoli (per esempio il fatto che fra i gladiatori pompier e quelli di Kubrick e Ridley Scott «c’è un filo ininterrotto, dal punto di vista del gradimento del pubblico; del resto, tutti i quadri di Gérôme, si può dire, sono stati prima o poi trasformati in una qualche scena cinematografica, o potrebbero esserlo»). La storia delle esposizioni d’arte, infatti, è storia delle opere non fini a se stesse, ma calate in un contesto sociale fatto di artisti che cercano una via di visibilità e di un pubblico che ne fruisce, con una ricezione più o meno problematica. Proprio su questo punto, infatti, si noterà che è nell’Ottocento che si annidano le radici della modernità e dell’attuale sistema delle arti. Si può benissimo scorgere la dinamica di un fenomeno di lungo periodo, ad esempio, quando si legge che «le esposizioni accademiche ottocentesche […] sono lo specchio di un rovesciamento di “valore” delle opere d’arte che è, naturalmente, un riflesso della storia. Il quadro è sempre meno un veicolo di idee dipinto a regola d’arte, come Diderot pensava dovesse essere, e, dopo di lui, anche tanti maestri accademici dell’Ottocento, ma entro un contesto ormai totalmente cambiato rispetto all’età dei Lumi; e sempre di più un ornamento domestico per un pubblico variegato, che nell’opera d’arte cerca il buon gusto o il virtuosismo esecutivo, i riflessi del genio o delle eccitanti sperimentazioni formali ma anche scene in cui banalmente riconoscersi, o al contrario scene raccapriccianti, erotiche, avventurose, patetiche».
Questa prospettiva, oltretutto, consente di sottolineare le dinamiche di lungo periodo della storia dell’arte e di capire come le istanze della modernità siano inscindibilmente legate alle loro premesse tardo settecentesche: la contemporaneità, è bene ribadirlo, è quindi una questione che per forza di cose deve abbracciare gli ultimi due secoli, e non può restringersi ad un lasso di tempo più limitato, se non a patto di una visione riduttiva e superficiale.
Sottotraccia, però, questo libro è anche una riflessione sull’arte nella stampa periodica (e sulla “moltiplicazione” dell’arte) e sull’illustrazione satirica come testimonianza sociale della ricezione delle arti contemporanee. Questi, del resto, sono da anni i temi guida della sua cattedra di storia dell’arte contemporanea presso l’Università degli Studi di Milano. In un certo senso, in questo libro Negri riannoda i vari filoni di una vita di studi, da quelli sull’arte fra le due guerre (con particolare attenzione per l’area tedesca) e sull’arte di impegno sociale a quelli sui nessi con la produzione industriale, fino, appunto, alla produzione visiva per l’editoria di larga diffusione. E varrà la pena di ricordare anche che si deve a lui la prima traduzione italiana di un libro importante come La fine dei Salons dell’americana Patricia Mainardi (Nike, 1998). Non è un caso nemmeno che in copertina del volume sia stata pubblicata una vignetta di Grandville, a cui Negri nel tempo ha dedicato studi significativi.
Questa abbondanza di testimonianze “basse” da quotidiani e periodici, segnano un tratto caratteristico di questo libro e ne fa qualcosa di diverso dal “museo effimero” di Haskell.
Sotto un “diluvio di giornali”, come recitava un volume sull’illustrazione satirica curato dallo stesso Negri (insieme a Marta Sironi, Skira, 2007), la storia dell’arte non poteva più essere la stessa di prima.
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Antonello Negri, L’arte in mostra. Una storia delle esposizioni, Milano, Bruno Mondadori, 2011.
http://www.brunomondadori.com/scheda_opera.php?ID=4208
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Luca Pietro Nicoletti
Storico dell’arte, nato il 4 febbraio 1984, ha studiato con Giovanni Agosti, Paolo Rusconi, Silvia Bignami e Antonello Negri presso l’Università degli Studi di Milano. Sta svolgendo un dottorato di ricerca sugli scambi tra Italia e Francia fra anni Cinquanta e anni Sessanta. Luca Pietro Nicoletti collabora con l’Archivio dell’Arte Metafisica di Milano e con la cattedra di Storia dell’arte contemporanea dell’Università degli Studi di Milano. Nel 2006-2007 ha contribuito alla stesura del catalogo Altri quaranta dipinti antichi della collezione Alberto Saibene a cura di Giovanni Agosti. Ha scritto di pittura del Tre e del Cinquecento nell’Italia centrale e di pittura, scultura e grafica del secondo Novecento nell’Italia Settentrionale, con un particolare interesse per la produzione artistica della cosiddetta “generazione di mezzo”. Da diversi anni si occupa dell’opera dell’editore, scrittore e critico d’arte Gualtieri di San Lazzaro, al quale sta dedicando uno studio monografico, e di cui sta curando la riedizione del romanzo Parigi era viva (Mauro Pagliai Editore, Firenze 2011 - vedi sotto). Collabora con alcune gallerie private italiane (Associazione Culturale Renzo Cortina, Milano; Spazio Tadini, Milano; Galleria Scoglio di Quarto, Milano; Bludiprussia, Albisola Marina; Officina dell’arte, Rho; Arianna Sartori, Mantova) e a Parigi (Orenda Art International) e con altre istituzioni culturali (Fondazione Sandrò Passarè, Milano). Fra le mostre più significative: Dino Villani. L’opera xilografica (Milano, Fondazione Corrente, febbraio 2010); Giancarlo Cerri. Dalla figurazione all’astrazione (San Donato Milanese, Cascina Roma, 2010); Bruno Polver (Busto Arsizio, Fondazione Bandera, 2011). Suoi articoli sono comparsi su «Arte incontro in Libreria». Leggi alcuni brani del libro: Gualtieri di San Lazzaro: Parigi era viva. La capitale nell’arte del Ventesimo secolo – Mauro Pagliai editore, a cura di Luca Pietro Nicoletti - (Blog di Luca Pietro Nicoletti: http://natisottosaturno.blogspot.com/)