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Antonio Cabrera - Pietre nell'acqua

Da Ellisse

MAntonio Cabreraesi fa, nell'inviarmi il suo bel libro "Piedras al agua" (TusQuets Editores, Barcelona 2010) Antonio Cabrera allegava un biglietto in spagnolo in cui con molta modestia mi scriveva: "Amico Giacomo, sebbene abbia tradotto Vattimo, la mia conoscenza dell'italiano scritto e parlato è meno che elementare. Me ne scuso". Ebbene, anche io devo scusarmi, perchè mi trovo nella stessa situazione con lo spagnolo. Tuttavia, siccome non credo che questo possa inibire del tutto la voglia di ascoltare la voce lirica di Cabrera, con un pò di ausilii e di empatia poetica, ho provato a tradurre qualcosa da questo libro, che certo meriterebbe una versione integrale e accurata per il pubblico italiano. Chiedo venia per eventuali svarioni. Di Antonio Cabrera avevo già pubblicato su Imperfetta Ellisse, nella ottima traduzione di Emilio Coco, versi da "La meditazione del vetro e altre poesie" (v. QUI)


PIEDRAS AL AGUA

AHORA que todo es superficie,
que nada hierve ni se agita,
que en el estanque se dibujan
las cosas acabadas, solas;
ahora que no hay destellos,
porque la luz se duerme en el regazo
abierto y neutro de este instante;
ahora que está vacío el cofre
del afuera, que junco y árbol
ignoran su raíz;
ahora, justamente ahora,
voy a tirar piedras al agua
con las que remover
este limo contrario,
este cieno exterior
de las cosas visibles.
INVENTARIO MATINAL
AHOGÁNDOSE en el humo
de los automatismos,
un resto de deseo de dormir.
La combustión de lo que hoy diré:
calor de la sintaxis.
Cierto argumento errado
a favor del placer de un desayuno
en soledad.
El enlace fortuito de recuerdos,
y su huella
como palabra lánguida
que no se ha completado y se evapora.
Aún la resonancia de la noche
contra el bulbo raquídeo.
Dudas
que palpan otras dudas: un tumulto
sin sitio a donde ir.
Los olores se estorban,
a punto de mezclarse.
En la piel de los brazos, helada, la baranda.
Y la mañana nítida,
y el cielo no mental,
y la flecha diaria de lo externo
vertiginosamente en mí.
VISITA A LA CASA NATAL DE GEORG TRAKL

(Salzburgo)
NADA era azul,
tampoco el cielo visto en el cuadrado
del patio. Nada que pudiese hablar
de ese color de tarde corrompida
y paz insana
con el que sus poemas se tiñeron,
azul
para un trato confuso con la muerte.
Desde el umbral al fondo, sólo piedra:
en un arco interior, en adoquines,
en losas. Geometrías
que por el pulimento de la vida
y de la nieve
habían adquirido resplandores
vulgares.
Al pozo que en un ángulo callaba
el niño Georg se asomó tal vez,
en horas impacientes bajo el oscuro oro
que da la primavera.
Después madurarían
—hacia el color azul, hacia el venado
solitario y lunar,
hacia el verde crepúsculo del bosque—
las semillas de imagen que allí vio.
Ajenas finalmente,
hubieron de borrarse en lo más hondo.
A menudo,
en la capa visible de lo material
o en el tiempo vivido, el que entra en los pulmones
—el del muchacho Georg
sentado, solo, en la escalera aquella—,
algo hace que los símbolos resbalen.
Piedra, ninguna petrificación.
No había rastro de su entrega azul
a la brumosa muerte.

Pietre nell'acqua

Ora che tutto è superficie,
che nulla s'agita o ribolle,
che nello stagno si disegnano
le cose come definite, sole;
ora che non ci sono scintillii,
perché la luce dorme nel grembo
aperto e neutro dell'istante;
ora che  il baule dei dintorni
è vuoto, che il giunco e l'albero
ignorano la radice;
ora, esattamente ora,
vado a tirar pietre in acqua
con che sommuovere
questo limo avverso,
questo fango esteriore
delle cose visibili.
Inventario mattutino
Annegando nel fumo
degli automatismi,
un resto di desiderio di dormire.
La combustione di ciò che oggi io direi:
calor della sintassi.
Certo argomento sbagliato
a favore del piacere di una colazione
solitaria.
Una coincidenza fortuita di ricordi,
e la sua impronta
come parola languida
che non si è compiuta e che si evapora.
Ancora il risuonar della notte
contro il bulbo rachideo.
Dubbi
che palpano altri dubbi: un tumulto
senza un posto dove poter andare.
Gli odori si intralciano,
al punto di mischiarsi.
Nella pelle delle braccia, nascosta, la ringhiera.
E il mattino nitido,
e il cielo non mentale,
e la freccia quotidiana dell'esterno
vertiginosamente in me.
Visita alla casa natale di Georg Trakl

(Salisburgo)
Niente era azzurro,
nemmeno il cielo visto nel quadrato
del patio. Niente che potesse parlare
di questo colore di pomeriggio infetto
e pace insana
di cui le sue poesie si tinsero,
azzurro
per un tratto confuso con la morte.
Dalla soglia sullo sfondo, solo pietra:
in un arco interiore, in selci,
in lastre tombali. Geometrie
che dal lavorio della vita
e della neve
avevano acquisito splendori
ordinari.
Al pozzo che in un angolo taceva
Georg bambino si sporse qualche volta,
nelle ore impazienti sotto l'oro cupo
che dà la primavera.
Poi matureranno
- verso il colore azzurro, verso il cervo
solitario e lunare,
verso il verde crepuscolo del bosco -
i semi d'immagini  là viste.
Aliene finalmente,
ebbero a cancellarsi dal profondo.
Spesso,
nella cappa invisibile della materia
o nel tempo vissuto, quel che  entra nei polmoni
- del bambino Georg
seduto, solo, su quella scalinata - ,
un pò fa sì che i simboli falliscano.
Pietra, nessuna pietrificazione.
Non c'era traccia del suo azzurro
consegnarsi alla brumosa morte.



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