Antonio Razzi e la politica del “fatti li cazzi tua”

Creato il 24 gennaio 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online

Secondo alcuni, la maggioranza, è giunto sulla cresta dell'onda della politica nostrana non tanto per merito personale o per le scomode vicende giudiziarie che lo riguardano, quanto, piuttosto, grazie alla formidabile imitazione che ne fa il suo alterego Maurizio Crozza.

Sto parlando del sen. Antonio Razzi, classe 1948, di origine abruzzese, emigrato in Svizzera nel '65, comincia la sua folgorante attività politica alla presidenza della Federazione Emigrati Abruzzesi in Svizzera, che successivamente al suo ritorno in patria lo denuncerà per uso personale dei fondi dell'associazione.

Nel 2006 viene, qualcuno direbbe "purtroppo", eletto alla Camera dei deputati tra le fila dell'Italia dei Valori, che lo riconfermerà nelle successive elezioni del 2008. Per sua stessa ammissione Antonio Di Pietro avrebbe dovuto studiarsi meglio le teorie di Cesare Lombroso prima di affidare il proprio futuro politico, e in parte l'Italia, a personaggi che felicemente avremmo preferito rimanessero sconosciuti. Sì, perché, compagni di Razzi, nel medesimo partito, erano Scilipoti e Degregorio.

Sono certo che tutti si ricorderanno le temerarie e improbe battaglie politiche sostenute dal trio dei Valori, in grado certamente di offuscare la spiacevole vicenda, tutta da verificare visto il calibro dei protagonisti, di politica-mercato che li ha ingiustamente portati alla ribalta su giornali e media italiani ed esteri. Hanno provato ad erodere la consolidata credibilità del sen. Antonio, sostenendo velatamente che avesse votato la fiducia al governo Berlusconi solo per motivi di tornaconto personale economico. Ma per Fantantonio non è stata una questione economica: "Silvio è il nostro unico Dio" , ha ammesso folgorato sulla via di Arcore.

Dal 2013 il Nostro è assiduamente impegnato, come membro di punta della Commissione Esteri, nella delicata missione diplomatica in Corea del Nord. Tornando dai suoi viaggi ha sempre espresso grande ammirazione per il popolo coreano, per il suo dittatore "moderato" e la sua politica. Ha infatti negato che il Paese sia sotto , paragonando la Corea del Nord alla "Svizzera d'Oriente" con "strade sono belle e molto pulite [...] Lì puoi andare tranquillo, nessuno ti tocca. Mica è . Forse è la nazione più sicura che conosca".

Chissà perché allora nessuno gli ha ancora suggerito di trasferirsi? Forse ci ha già pensato e starà vagliando le pratiche per il mutuo?

Che il sen. Razzi rimanga o meno, poco cambierà per il nostro Paese. Razzi infatti non è nient'altro che il simpatico emblema, in salsa tutto pizza e spaghetti, della nostra credibilità e serietà. E' il solito discorso che il lungimirante Giorgio Bocca scrisse, anni fa, in un suo editoriale per l'Espresso. La classe dirigente è inevitabilmente espressione dei valori e dei vizi del suo popolo. Se un popolo ha più vizi che valori, allora anche la sua classe dirigente non potrà esimersi . E'assolutamente paradossale, oltre che inutile e scorretto, lagnarsi. Razzi è stato eletto e ce lo meritiamo tutto. Lui, come tutti gli altri! Non dobbiamo infatti dimenticare che Razzi è solo il caprio espiatorio, la vittima di un sistema ben più scaltro di lui. Vendersi per una tangente non è forse la regola in Italia? In una società individualista, di furbi e disonesti, lo Stato, la classe politica è prima inter pares. E' la parabola dell'italiano medio che partecipa ad un evento per assaltarne il banchetto: è storia italica. E' la regola del chi arriva per primo mangia di più e gratis, e se stai ad aspettare, rimani con il solo piattino in mano. Per questo al senatore mancava Italia e, giustamente, assai difficilmente, se ne andrà.

Quindi "facciamoci li cazzi nostri" e chapeau ad Antonio Razzi.


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