[Articolo pubblicato nella Webzine Sul Romanzo n. 4/2012]
Piazza d’Italia fu scritto nel 1973 e pubblicato nel ‘75, anni in cui Tabucchi era già un giovane lusitanista, e quelle finestre volanti mi hanno sempre fatto pensare alla possibilità di leggere tutta la sua opera alla luce non solo delle ben note influenze portoghesi sul piano tematico, ma anche delle interferenze linguistiche in chiave di bilinguismo ludico, esplorativo, riflessivo. Persino in un romanzo così intriso di elementi regionali prima ancora che italiani (storia di tre generazioni di anarchici toscani) e apparentemente lontano dalle atmosfere di altri testi in cui l’elemento lusitano è evidente già nei livelli più superficiali di lettura, guardando in
filigrana una frase come «partirono le finestre» si scorge un calco linguistico che in un altro scrittore verrebbe scartato come mera coincidenza, ma in Tabucchi rivela una sorta di ispirazione bilingue. Una traduzione portoghese molto fedele ai significanti, ma non del tutto infedele ai significati, suonerebbe più o meno così: partiram as janelas.
In area iberica, però, “partir” si è mantenuto più vicino all’etimo latino del verbo “partio” (che significa “dividere”, da cui l’idea di separazione e,
dunque, l’esito di “partire” in viaggio) ed è sfociato nel significato di “spaccare”, “rompere”, “fracassare”. Vale a dire che, in quella semplice frase, una lettura bilingue individua una situazione pensata realisticamente in portoghese (i nazisti spaccano le
finestre del borgo), ma che in italiano cambia soggetto e... prende il volo.
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