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Apertura batte chiusura. Partita finita

Creato il 24 ottobre 2013 da Giuseppe Bonaccorso @GiuseppeB

SaureusbacteSono ormai convinto di poter sostenere una tesi: l'apertura è generalmente preferibile alla chiusura. Un pensiero che potrebbe apparire ovvio, ma proprio grazie alla sua ovvietà, sfugge al panorama dei possibili per rifugiarsi in una "extrema ratio" da evitare prima d'ogni altra scelta. Quando ero piccolo, i raffreddori erano alquanto comuni: correvo, giocavo, sudavo, prendevo freddo... e mi raffreddavo. Non poche volte mi sono preoccupato per i problemi che il mio stato (normalissimo, d'altronde) avrebbe causato in chi mi accudiva, ma non potevo far nulla: raffreddarsi era (è) normale.

Ad ogni boccata d'aria, carica di essenziale ossigeno, si associa sempre un mugolo di batteri che vagano sperduti nell'aria.  Il nostro sistema immunitario li combatte: a volte non accade nulla, a volte la reazione è palese (e sgradevole). Respirare, quindi, come atto essenziale di apertura, comporta il rischio di ingerenze non del tutto piacevoli. Ma è un rischio che nessun essere vivo può permettersi il lusso di non correre. Pensate (per nulla stupidamente) se è meglio un'influenza o un'asfissia. Entrambe le risposte sono valide, ma dubito che chi preferisce la seconda sia in grado di esprimere il suo parere.

Perfino nelle fogne di Calcutta (espressione cara a Paolo Villaggio), è molto meglio respirare (e magari infettarsi) piuttosto che auto-sopprimersi soffocando. Certo, mi si potrebbe obiettare che in talune situazioni è possibile usare delle bombole d'ossigeno, ad esempio andando sott'acqua, ma anche quelle hanno durata limitata e poi, avete mai pensato cosa significhi respirare ossigeno puro non filtrato dall'acqua? Se disgraziatamente doveste farlo, il risultato sarebbe un'ustione ben peggiore di una sorsata di mare.

Insomma, l'uomo non sfugge alla sua necessità di apertura, nè biologicamente, nè tantomeno esistenzialmente. Isolarsi è possibile solo a patto di riconoscere l'altro e di porlo in contrapposizione a sè, ma nel fare ciò, la chiusura diviene un atto dinamico che si deve reiterare ad ogni tentativo, come se ciascun batterio bussasse alla porta e venisse respinto. Ma nell'atto del respingimento, nasce una dialettica e quindi un'apertura, che magari ha come esito quello di far preferire il momentaneo isolamento. Resta quindi impossibile trasformare l'oblio per l'altro (illusorio) in chiusura e, perciò, influenza docet, l'uomo non può che accogliere ogni cosa, fornirle la dignità (almeno) d'oggetto e interagire con essa per determinarsi nelle proprie azioni future.

La tesi è pertanto semplice: meglio l'immondizia che il nulla, a meno che non si capisca (cosa che prima o poi avviene sempre) che il nulla è proprio ciò rende l'immondizia qualcosa che può (e deve) entrare in costante relazione con noi.


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