Ci fu un’epoca in cui “tu” non esistevi, eppure il mondo continuava ugualmente ad esistere. Gli uomini e le donne lavoravano nei campi, i nobili vivevano nei loro manieri, e i chierici lavoravano e pregavano nei chiostri e negli scriptoria dei loro monasteri. Erano tutti in attesa della fine dei tempi. I dotti scrutavano i cieli per leggere i segni della prossima palingenesi:
Dies irae, dies illa
solvet saeclum in favilla,
teste David cum Sybilla.
Quantus tremor est futurus,
quando judex est venturus,
cuncta stricte discussurus.
Cantava Tommaso da Celano nel XIII secolo.
Tutti in attesa, dunque, del Giudizio Universale: contadini, chierici e guerrieri. La verità è stata completamente rivelata agli uomini: è racchiusa nelle Sacre Scritture. Tutto è stato decretato, tutto è stato stabilito. I monaci copiavano laboriosamente le frasi degli Antichi o dei Padri della Chiesa, e misuravano “il tempo consumato, le fatiche fatte per scriverli, l’opera di penitenza che varrà loro il paradiso” (J. Le Goff). Copiavano in un’elegante calligrafia il sapere degli Antichi, ma i libri non erano copiati per essere letti, bensì per essere tramandati.
Sei apparso sulla scena il giorno in cui le città si destarono dal lungo torpore nel quale erano nei secoli caduti. Hai visto come la circolazione del denaro cambiava gli usi e i costumi della gente, come faceva saltare gli antichi valori della tradizione, come trasformava i rapporti umani. Sei rimasto sconcertato da questo mutamento sociale. Non avevi ancora gli strumenti della scienza economica che ti facessero comprendere quanto accadeva intorno a te. Col denaro cominciarono a circolare anche gli uomini e le idee. Platone lo aveva ben intuito, il commercio mina le basi dello Stato. I tempi sembravano in preda a una grande confusione. Eri del tutto spaventato di quello scompiglio che l’uso della moneta provocava. Sembrava che la diffusione del denaro avesse come risultato di livellare tutte le qualità. Il denaro è lo sterco del diavolo, dicevano i teologi, e loro sì che si intendevano di sterco! Amavano spargerlo nelle menti di tutti i poveri dannati della terra col ferro e col fuoco. E nella profondità dell’anima ti tormentavi per le conseguenze dei tuoi peccati, e soprattutto tormentavi quelle vecchie pergamene su cui vergavi le tue colpe. Ma stavi rinascendo. A nuova vita o a vita nova. Cominciava a farsi strada nel tuo animo un orgoglio che da tempo o da secoli non riuscivi più a provare. Ora ti sentivi investito di nuova missione che Dio stesso ti aveva affidato di compiere. Il travaglio dei tempi ti fece comprendere che stavi vivendo in una epoca rinnovata. Tra te e il passato remoto s’apriva uno iato, un divario incolmabile. Guardavi al passato con nostalgia, come a un’età dell’oro perduta per sempre. Tutto ciò che sapeva d’antico era ritenuto in somma considerazione. I grandi modelli venivano dal passato, da un’era incontaminata, pura come l’oro delle monete che passavano di mani in mani.
Essere come loro, come gli antichi. A questo sogno t’aggrappavi quando il lume della lucerna spandeva la fioca luce del tuo scrittorio, tu, ch’eri così venerato nelle fastose corte dei principi, dove i tuoi consigli erano sentenze da rispettare. Tu, che hai saputo raccogliere la sapienza degli antichi, ora ti proponi come un modello da imitare. Da te s’irradia una luce capace di penetrare nei recessi oscuri dell’anima. Dove arriva la tua parola, i cuori s’accendono, le anime si risvegliano dal lungo torpore nel quale i secoli le avevano fatte precipitare. Tutte le arti risorgono all’unisono. Un nuovo canto sembra espandersi tra le pareti immense del Cosmo. E le menti s’aprano all’infinito, come i confini del mondo. Di colpo tutte quelle barriere che impedivano alle menti di solcare gli oceani scompaiono d’incanto. Sì, è come se un magico incantesimo avesse colpito la tua mente che va alla ricerca di una sapienza segreta, risposta nei geroglifici che soltanto menti eccelsi, superiori, sanno decifrare….
Ora, ti vedi nascere a fatica nel mondo, e muovi quei primi passi che ti conducono ad esplorare i confini immensi dell’universo, e ti fanno sentire micro e macro allo stesso tempo, ora che più non hai bisogno di graffiare la carta, e raccogli i fogli incollati uno dopo l’altro, eppure, ti senti smarrito e perso in quel grande oceano che la conoscenza e il sapere aprono alla tua mente come l’oro e l’argento che arrivano da lontano ad invadere le corti e le città.
Novità, novità, novità. Ti guardi intorno e la gente, che tu chiami pubblico, altro non vuole che novità, cose nuove, esotiche e moderne. Tu ti senti balestrato, guardi al passato e temi il futuro, e vivi intanto nell’angoscia del presente. Le biblioteche si riempiono di libri. Ma anche i salotti. Persino le vecchie cucine che un tempo odoravano di aglio. E poi ci sono i treni, i lunghi e noiosi viaggi. E un tempo monotono, da riempire nei suoi vuoti prolungati con drammatiche storie di eroine che soffrono d’amore. Le gazzette gridano il tuo nome in ogni angolo di strada e i telegrafi annunciano il tuo arrivo nelle sfavillanti città.
Adesso vedo il tuo profilo e conosco il tuo nome stampato nelle vetrine. Li vedo riflessi nel mio cuore e nella mente, e come ombre m’accompagnano ogni sera alla luce di un’abat-jour. Talvolta li vedo riflessi su uno schermo. Sono tanti nomi, eppure mi sembrano tutti uguali, come i caratteri che vedo scritti in questa luce schermata. Ora, più non tremi: perché tremare? Tanto tu sai di vivere nell’attimo effimero di un secondo. Poi la luce si spegne e i buoni uomini e le buone donne vanno a dormire nei loro letti caldi sognando un’altra primavera. Un’altra vita, non meno effimera di quella che vivono oggi, in questo eterno presente attualizzato.