Apple infatti è l’unica azienda del settore che abbia taciuto e di fatto mentito sulle sofferenze che infligge alle persone e all’ambiente per la produzione delle proprie scatole da comunicazione. Il quadro in cui si inserisce questa storia è semplice e spaventoso: la metà dello stagno disponibile nel mondo viene usato per le saldature in elettronica di consumo e il 30% dello stagno viene estratto da Bangka Island e dall’isola Belitung in Indonesia, al largo di Sumatra con una superfice complessiva come quella della Sicilia. Per estrarlo non solo viene devastato l’ambiente terrestre trasformando le foreste in distese di sabbia acida, non solo vengono distrutte le barriere coralline sottocosta per raccogliere con le draghe il materiale, ma al lavoro vengono impegnati bambini con anche meno di dieci anni, in condizioni di sicurezza tale che ogni settimana ci scappa il morto. E come ciliegina sulla torta dell’iniquità si va diffondendo in maniera esplosiva la malaria. Tutto per spillare fino all’ultimo miserabile centesimo di profitto su oggetti che alla produzione, al netto degli ammortamenti, costano si e no il 7% del prezzo di acquisto sui mercati occidentali.
Gli Amici della Terra e la loro espressione indonesiana , la Whabi, dopo aver documentato questa sorta di catastrofe umanitaria hanno chiesto trasparenza da parte della società che acquistano lo stagno delle isole e un accordo per proteggere le persone e l’ambiente. Solo che mentre Samsung, Philips, Nokia, Sony, Blackberry, Motorola e LG hanno ammesso di procurarsi lo stagno laggiù e hanno promesso di occuparsi della situazione, Apple ha fatto il pesce in barile e si è trincerata dietro un no – comment. Così proprio l’azienda che aveva sostenuto di voler essere responsabile anche per le proprie forniture, è stata quella che alla fine ha opposto un pesante silenzio. Tra l’altro in flagranza di reato si potrebbe dire perché la stessa Apple, per bocca del responsabile delle comunicazioni aveva sostenuto che “le recenti preoccupazioni circa l’estrazione illegale di stagno da questa regione hanno spinto Apple a condurre una visita di accertamento dei fatti di saperne di più. ” Perché mai accertarsi delle condizioni se non si compra lo stagno da lì?
Più di 25.000 persone hanno chiesto all’azienda della mela di dire se compra lo stagno dalle isole indonesiane, ma non hanno ricevuto risposta. O meglio una: “non possiamo dirlo”.E così, come spesso accade per i prodotti, la “responsabilità” ufficialmente smerciata non è che ballon d’essai commerciale, una mera vernice d’immagine che poi lascia il posto al silenzio quando si dovrebbe tradurre in qualcosa di concreto, se non altro in un’ammissione. La scorsa settimana 59 organizzazioni hanno lanciato una campagna per una legge europea che obblighi le aziende a svelare quali siano le loro catene di approvvigionamento e pubblicare relazioni sui loro impatti sociali e ambientali . Perché una società dovrebbe tenere all’oscuro i propri clienti?Perché si dovrebbero conoscere solo i bilanci e non le devastazioni e lo sfruttamento che ci stanno dietro e che alla fine fanno parte di un conto finale e occulto?
In questo caso però la modernità sbruffona e ieratica degli acchiappacitrulli, lascia il posto all’etica ottocentesca dei padroni delle ferriere. Tanto ai loro clienti non importa un cazzo, sono solo una app del sistema. Ma non lo sanno come in un romanzo di Philip Dick.