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Apple: think different, be slave!

Creato il 22 febbraio 2012 da Elvio Ciccardini @articolando

Apple: think different, be slave!“Bene o male purché se ne parli”, si dice. Così vale anche per Apple che, da qualche tempo, è sotto attacco per le condizioni dei lavoratori negli stabilimenti dei fornitori in Cina.

Un dollaro e 78 centesimi l’ora di paga. Dormitori come celle. Non sono racconti, ma notizie e immagini documentate dalla tv Abc, dentro la fabbrica di Foxconn a Chengdu. Aggiungiamo pure 18 suicidi negli ultimi due anni tra le migliaia di operai.

Sono solo dati? E’ un sistema che vuole le imprese di tutto il mondo competere su lavoro a basso costo, assenza di diritti e programmazione della società su base schiavista. In alcuni Paesi, ci sono imprese “eccellenti”.

Accantoniamo il “miracolo economico” statunitense e anche l’”economia sociale” europea. Ormai i mercati sono globali.

In altri tempi, qualcuno avrebbe potuto pensare che i lavori cinesi hanno quello che si meritano. La loro condanna non sarebbe stata nostro pericolo. Più o meno come capitava all’ora di pranzo in molte famiglie italiane che si nutrivano anche della fame africana, servita dai telegiornali a periodi ricorrenti. L’indigenza altrui aiutava a sentirsi sazi.

Una volta, però, c’erano le barriere tra Stati e mercati. Oggi siamo globali. La nostra sorte è la vita altrui, perché i mercati, prima o poi, si livellano e, nel breve, non certo al rialzo.

Il distacco sconcertato, condito di pietismo, del passato, non salverà i lavoratori contemporanei. E’ per questo che si dovrebbe iniziare a considerare i brand per quello che sono e non per come appaiono dietro a slogan lobotomizzanti. Ieri era “sensibilità”, oggi è “necessità” per sopravvivere.

Un primo passo avrebbe dovuto farlo la politica, almeno in Europa. Così non è stato. Anche le organizzazioni sindacali, tuttavia, dovrebbero spingersi oltre confine e coordinarsi su scala globale.

Apple è un caso aziendale, in ottima compagnia, in cui all’”immagine” non corrisponde affatto “un animo” imprenditoriale. Il business non è sociale.

Le scelte di acquisto dei consumatori sono a un bivio. Possono continuare a ricalcare il comportamento di Apple, acquistando “immagine” e non “valore sociale”. Oppure fare il contrario.

Nessuno, tuttavia, può far finta di  non sapere che il mercato globale, senza valore sociale, ci renderà “diversamente pensanti”, come vuole lo slogan di Apple, ma anche “ugualmente schiavi” di un degrado sociale, che ci saremmo colpevolmente meritato.


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