Alla fine resta solo il necessario. E’ il titolo del libro di Fabio Rondot (edito da Sonda) che ho da poco finito di leggere. Cosa influenza l’apprendimento? Perché non impariamo tutti allo stesso modo? Perché una persona riesce meglio in una materia piuttosto che in un’altra? Come si misura l’apprendimento? “Apprendere: istruzioni per l’uso” è un libro che spiega le fasi che attraversiamo per imparare, cosa ci facilita il compito e quali errori ci ostacolano.
Fabio Rondot è psicologo e psicoterapeuta. Ha sviluppato metodologie e applicativi per la valutazione degli apprendimenti. L’obiettivo della sua attività è elaborare soluzioni a sostegno dell’apprendimento.
Il saggio esplora le fasi dell’apprendimento dal punto di vista psicologico. La prima parte spiega i presupposti che vengono presi in cosniderazione per compore il quadro del processo di apprendimento. Nella seconda parte l’autore analizza singolarmente ogni componente del processo, portando sempre l’attenzione su ciò che ognuno può osservare nella propria quotidianità.
Prendiamo ad esempio i verbi dell’apprendere: percepire, comprendere, sperimentare, commentare, condividere, contestualizzare, generalizzare. Potrebbero sembrare dei sinonimi facilmente interscambiabili e invece implicano un coinvolgimento diverso, con risultati differenti tra loro. A livello di studio scolastico potrebbero essere paragonati al metodo di insegnamento scelto.
Siamo i soli resposnabili del nostro apprendimento? Sicuramente no. Ognuno di noi appartiene a una rete entro la quale si muove anche nel momento in cui deve imparare. Le persone che ci stanno intorno sono i nostri riferimenti: giudici attivi o non, artefici di un contesto se pensiamo alla famiglia, parte dell’apprendimento se pensiamo agli insegnanti che passano agli insegnanti ciò che loro stessi hanno appreso.
Il primo insegnamento di questo studio è che l’apprendimento ci aiuta a cambiare punto di vista, esercizio che si sviluppa ascoltando, confrontandosi, lavorando insieme. Proprio per questo è importante anche saper dimenticare e cambiare schema. Un esempio è dato dai progettisti che hanno dovuto abbandonare le nozioni apprese sull’uso di riga e squadra per passare ai software più moderni.
Come si può valutare alla fine se l’apprendimento sta funzionando bene? Per non svelare tutte le riflessioni del libro, propongo queste domande aperte: il voto di valutazione deve giudicare la capacità di rendere esattamente quanto spiegato? di saperlo riutilizzare in un contesto non scolastico? come si esce dalla griglia valutativa?
Il libro che ho letto è:
APPRENDERE: ISTRUZIONI PER L’USO – Alla fine resta solo il necessario
Fabio Rondot
Edizioni Sonda