Ultimi della classe in Europa, frammentati e discontinui tra regione e regione: questo è il quadro che emerge dallo studio ADAPT sull'apprendistato in Italia, pubblicato in formato e-book e recensito da Nuvola del Lavoro e Corriere Economia.
Le cause del fallimento italiano sul fronte apprendistato sono le solite: politiche schizofreniche, parti sociali scarsamente coinvolte, incertezze sul repertorio di formazione e competenze e generale mancanza di chiarezza sull'argomento. Sono dieci, questa volta, i punti dolenti: un elenco più ristretto rispetto ad altri già presentati, ma non meno amaro da mandar giù.
La ragione è evidente: nemmeno il Jobs Act del nuovo governo, nemmeno le raccomandazioni della Commissione europea, le sue stime e la sua «Alleanza Europea per l'apprendistato» hanno provocato qualche reazione e, anche quando qualcosa nel nostro paese si è mossa, la direzione è stata quella sbagliata.
Ci manca tutto: manca un quadro regolatorio stabile, manca il dialogo sociale, mancano informazioni a scuola, in azienda e presso gli operatori, ma soprattutto, nota ancora più nera, manca una cultura di integrazione tra scuola e lavoro. Parliamo ancora di alternanza, questa sconosciuta.
Non bastano i dati allarmanti sulla dispersione scolastica e sulla disoccupazione giovanile: in Italia la scuola non si fida dell'impresa e l'impresa non si fida della scuola. In Italia un ragazzo che non riesce a stare sui banchi è dato per perso ancora prima che completi la sua formazione, mentre un ragazzo che lavora è solamente "uno che non ce l'ha fatta". Un'impresa troppo vicina alle scuole è vista come minaccia per l'indipendenza dell'istruzione.
Non importa se si può imparare anche stando in piedi. Non importa poi se Austria e Germania ci danno la conferma e ci parlano di giovani che prendono titoli di studio (attenzione: forse non tutti sanno che è possibile anche da noi, sia per la formazione professionale che per quella superiore!) grazie proprio all'apprendistato. Non importa se all'estero la ricerca universitaria è considerata anche come un lavoro e da noi (salvo eccezioni!) ridotta ad un avviamento al precariato. Non importa se fuori le aziende cercano apprendisti e qua li evitano come la peste - troppe carte! Continueremo a guardare sbigottiti i numeri del declino occpazionale puntellato di leggi che non faranno mai sistema.
Invertire la rotta non è però impossibile. Il tempo perso è stato molto, ma che sia un punto di stimolo e non di scoraggiamento: non diamoci per vinti. D'altronde in Italia un modello di apprendistato funzionale e funzionante esiste e gode di ottima salute: è a Bolzano.
È un apprendistato che parla un po' in tedesco, ma è italiano quanto noi, segno che, senza rinunciare alla cultura del nostro paese, prendendo un po' di accento possiamo ritornare in carreggiata e ridare la speranza ad una generazione che vede se stessa sempre più persa e precarizzata.
Simone Caroli
ADAPT Junior Fellow