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[Approfondimenti tematici] La coscienza di Zeno di Italo Svevo

Creato il 31 luglio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Approfondimenti tematici] La coscienza di Zeno di Italo SvevoTitolo: La coscienza di Zeno
Autore: Italo Svevo
Editore: Newton Compton
Anno: edizione 2010
ISBN: 9788854120136
Formato: libro, disponibile in eBook
Lingua: italiana
Numero pagine: 288
Prezzo: € 6,00 (eBook: Euro 0,99)

Contenuto: La storia di Zeno Cosini, inetto a vivere: una specie di marionetta tirata da fili che quanto più egli indaga, gli sfuggono. Una coscienza inutile a mutare un destino che sembra ineluttabile. È il capolavoro di Svevo, la prima storia italiana dove entra prepotentemente in scena la psicanalisi come coprotagonista; forse il più grande romanzo del Novecento italiano e uno dei maggiori della letteratura europea di questo secolo.

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Italo Svevo

Chi non conosce questo romanzo alzi la mano. Spauracchio delle interrogazioni di Italiano e del tema di maturità, tutti ci abbiamo avuto a che fare. Alle superiori avevo una copia del romanzo rimasta intonsa per anni, anche quella era della Newton Compton. La copertina era verde, prezzo Lire 3.900. Mi chiedo dove sia, ora. Molto probabilmente sta prendendo polvere sopra qualche armadio (non ho voglia di prendere la scala e cercarlo). Per il momento ho rimediato un’edizione di fortuna.

Il libro ha una storia tutta sua: avevo letto, ricordo, solo il primo capitolo, quello del fumo. C’è voluto poco, nulla perché lo catalogassi tra gli antipatici. Non senza sensi di colpa. Devo ammettere, in fondo, che il capitolo sul fumo era scritto piuttosto bene, anche se lo trovavo noioso, pesante.

Perché riprenderlo in mano ora?

Per fare un esperimento. I classici sono quei libri che non smetteranno mai di dire quello che hanno da dire (credo sia una frase di Italo Calvino). Sono quelli che durano nel tempo, che prepotentemente ritornano, che dopo vent’anni sono ancora tra gli scaffali delle librerie. Non c’è Dan Brawn che li scalzi. Io mi chiedo piuttosto quanti romanzi, pubblicati oggi, li ritroveremo fra tre, quattro lustri.

Fatta questa premessa, apriamo il libro e vediamo cos’ha da riferirci.

Di fatto è un diario scritto a fini terapeutici, un inventario di cose fatte, non fatte, taciute e confessate:

«Scriva, scriva. Vedrà, arriverà a vedersi intero»

questo è l’invito del Dottor S. al suo paziente.

Grazie alla scrittura il tempo si arresta, torna indietro, non trascorre invano. È possibile ritrovare il bandolo perduto della matassa. Con il tempo si può persino giocare, meditando sull’arcana successione di cifre e date: il 9/9/1899, l’1/1/1911. La scrittura è più potente della psicanalisi, l’ultima venuta che pretende di scoperchiare il vaso di Pandora, avvicinandosi alla verità ultima, qualunque essa sia. Qual è l’affezione di Zeno? Da cosa deve guarire? Di che genere è la sua malattia?

Le risposte sono le più diverse: Zeno Cosini non è contento della propria sorte, soffre di un difetto di resistenza, di una buona dose di inaffidabilità, di un impegno discontinuo che è una serie infinita di buoni propositi mai portati a termine. Ebbene non dovrà curarsi in eterno, dovrà dare l’addio al dottore, alle medicine per guarire dai suoi malanni. Questo lo scopo del romanzo.

Ci hanno insegnato che La coscienza di Zeno sin dall’inizio assume i contorni di una storia dell’inettitudine. Tuttavia Zeno Cosini si offre al lettore come un uomo del proprio tempo, non ha nulla di meno (e soprattutto nulla di più) di coloro che lo circondano. La malattia di cui soffre è più comune di quanto si creda, è universale. In questo è unito all’amico Tullio, succube anch’egli dei propri malanni.

Insomma: ogni cosa ha da trovarsi a portata di mano, difetta la forza di viverla o conquistarla con travaglio: il fumo, la morte del padre, il matrimonio, l’amante, l’associazione commerciale, per Zeno sono prove peggiori delle fatiche di Ercole.

Prendiamo per esempio il fumo (il capitolo che conosco meglio). La sua volontà, capricciosa e infantile, asseconda il vizio in tutti i modi, giungendo a escogitare ingegnose trovate per non smettere.«Ha mai pensato di fumare di meno?» gli chiede il dottore. Questa domanda gli offre una giustificazione in più per non arrivare mai all’ultima sigaretta. Astenersi non si può: significa rinunciare al cappello, al bastone, a un’insegna.

Non sorprende più di tanto il fatto che della sua inettitudine (o inerzia) Zeno quasi si compiace. Muove le pedine che ha intorno, intuisce i giusti incastri, calcola, ma non osa, tira a indovinare. Non è mai autore degli eventi, si lascia trascinare, sperando che tutto proceda per il verso giusto. Tra alti e bassi le cose gli vanno bene, altri non se la passano meglio, sembrano più malati di lui (il padre, il suocero, Ada, Tullio, Guido). Ha modo persino di consolarsi della propria debolezza, riconoscendo in sé una grandezza latente. Recupera così sprazzi di salute a spese di altri: alla morte di Guido, suo cognato e socio in affari, cammina col passo vittorioso, gli arride la Borsa, ripiana le perdite commerciali sofferte in società con lui.

La sua cura è proprio questa “grandezza latente”, mai manifesta, presunta, giocata sul confronto con gli altri.

Nelle ultime pagine incontriamo Zeno tale e quale quello delle prime, intento nuovamente a baloccarsi col tempo e la simmetria di una data (il 15/5/’15) che poco si confà alla realtà delle cose, ma molto col suo spirito. Il mondo va a catafascio, gettato nella I guerra mondiale, durante la quale Zeno ritrova la salute, una propria simmetria. Sta quasi bene.

Paradossalmente è tanto malato Zeno Cosini che la salute gliela concede la guerra. Si sente il più furbo, il più ingegnoso, il più forte. La vita stessa è una malattia, guerra perenne di tutti contro tutti. Variano gli strumenti, le occasioni: è una lotta a sopraffarsi a vicenda, un tentativo disperato di non perdere terreno di fronte al vicino, fosse anche il socio in affari, il cognato, il padre. Non sarà il dottor S. a fare la diagnosi giusta.

Sarà la cognata, piuttosto, sarà Ada a sferzarlo e ad aprire, a cose ormai fatte, il vaso di Pandora. Adopera parole dure, che non sono di condanna. Ricorda i successi dei suoi affari dopo la morte di Guido. Preso in parte, gli dirà:

«Non lo amavi, come forse non lo amavamo noi, troppo tardi ti sei dato da fare per lui.»

Se è stato così facile accomodare le cose dopo la morte di Guido, cosa ha impedito a Zeno di muoversi per tempo? Ciò che ci blocca è la nostra stessa natura, carente di amore, ecco la diagnosi – quella vera – di Ada. Zeno si trova a essere un uomo in una umanità senza amore, così ben riassunta nel finale profetico che abbiamo studiato a scuola (e che secondo me vale tutto il libro):

Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. E un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie.


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