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Appuntamento mancato

Creato il 12 gennaio 2015 da Diletti Riletti @DilettieRiletti

La paura dura più dell’amore

è cenere di gramigna

è cenere fredda.

È brina di primo mattino 

che mi morde le scarpe 

e deposita uova di vipera 

a rovinare il letame e le erbe.

F. De André

 

Carina, sì. Questa è carina: gambe lunghe, jeans fascianti il giusto, sguardo diretto. Molto carina, ma non come lei. Io le guardo tutte, le ragazze che incontro, anzi guardo anche le donne non più giovani: le immagino con me, immagino la loro voce al telefono, le caviglie sottili mentre corrono, i loro sguardi veloci. Assegno loro un carattere, delle parole precise, invento case nelle quali non entrerò mai, costruisco per loro una vita. Mi rimane il rimpianto indefinito di non sapere quanto vicino sono andato alla realtà. Ma scompare presto, perché adesso ho lei: forse non è la più bella, non l’ho scelta per questo, ma è esattamente tutto ciò che ho sempre desiderato.

Ogni volta che sento la sua voce al telefono, o anche quando parlo io solo e lei tace, il cuore si sposta dal petto fino alle tempie e batte come se cercasse una strada per sbucare; ogni messaggio che le scrivo nasconde tra le parole, anche le più banali, il desiderio che provo.

Spero che lo senta, che lo sappia. A volte non mi trattengo, e appena chiudo il telefono, la richiamo, anche se so che questo la fa arrabbiare molto.

L’ho incontrata in maniera buffa, il suo motorino si era fermato per strada, io l’ho aiutata. L’ho guardata negli occhi e ho capito subito che era il mio tipo: sono riuscito ad ottenere il suo numero di cellulare con una scusa, poi da cosa nasce cosa, sapete come succede. Mi è entrata nella testa, scivolata sotto la pelle, giù, giù, fino alla punta delle dita; la voglia di toccarla mi divora ogni giorno lo stomaco.

Ora sono nel bar sotto casa sua, con un cappuccino che fuma davanti a me e la aspetto: il martedì ha lezione alle dieci, sta per scendere dalle scale. Per ingannare il tempo e placare l’ansia guardo passare le altre ragazze, è vero, ma non mi sento in colpa, perché adesso ho lei e non cerco di meglio. Avrà addosso il giaccone nero, una borsa carica di libri sulla spalla sinistra, e il battito nel collo e nei polsi accelera incontrollato mentre il momento si avvicina. Il cameriere mi si avvicina all’improvviso, chiede se voglio altro. Ma non voglio nient’altro, io voglio lei, lei e questo tipo mi si piazza davanti proprio ora. Lo spingo quasi, non mi serve niente, il momento è sbagliato, tutto in un attimo diventa sbagliato.

Lei scende e mi passa davanti senza guardarmi: io mi alzo in fretta, il cappuccino ormai freddo si rovescia quando urto il tavolo, ma è tardi: inquadro solo la sua schiena diritta, il giaccone, la borsa. Ha i capelli sciolti sulle spalle e i pantaloni scuri che mi piacciono tanto e questo non fa che rendermi furioso. Afferro il cellulare che uso per lei sola e con le dita che tremano digito un messaggio prima che volti l’angolo della strada: lei si ferma, tira fuori il telefono dalla tasca e legge. Un fiotto di piacere bollente mi inchioda mentre la vedo sobbalzare e guardarsi rapida attorno, cercandomi: faccio un passo indietro, anche se sono certo che non può vedermi. Probabilmente neanche ricorda come sono fatto.


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