Avete mai quella sensazione d’instabilità dell’anima che vi corrode da dentro?
Ci sono giorni in cui mi sveglio in totale armonia col mondo, con gli affettuosi saluti del mio cane e con la fragranza di qualcosa che sta o che dovrebbe cambiare improvvisamente.
Mi sono chiesta più volte se questa necessità parta dalla stasi momentanea di una vita work in progress o se sia solamente un bisogno di riciclo costante del proprio essere.
Ognuno di noi si nasconde dietro paure stupide, che diventano lentamente ossessioni e blocchi, senza stare lì a valutarne il peso prima, nel momento in cui si trasformano da acerbe a mature. Nella metamorfosi, il passaggio al nuovo stato, però, ha qualcosa che potrebbe intralciarsi con la constante sensazione di dover essere lì, fermi, sempre, a motivare la propria sonnolenza a qualcuno.
Ci sono molte persone che bussano alla tua anima esigendo richieste, fatti, dati, numeri, risultati, espressioni, aiuti.
In realtà quanto di donato torna indietro? E o ma dovrebbe tornare indietro?
Non sono d’accordo sul fatto che il ricevuto debba essere per forza restituito, ma non è neppure giusta la concatenazione di situazioni che si crea attorno a una vita quando stai bene; come se tutti percepissero la tua stasi e per invidia venissero ad attingere alla fonte per trovare una motivazione alla loro mancanza di tranquillità. Un po’ come le donne quando non sono ricambiate in amore. Possono essere le tue più intime amiche, ma se a te piace uno, e loro non sono corrisposte dagli altri, trovano mille e milioni di difetti affinché tu perda quel briciolo di affidabilità nei confronti dell’ individuo amato (o che tenti di amare). E lo fanno con più subdolo degli escamotage!
Il primo che mi viene in mente, ad esempio, è il denigrare l’abito, il capello, le scarpe o il modo di fare dell’altro, solo per compiacere il proprio odio.
Per una come me che ha sempre inquadrato una persona valutando qualità dell’anima, che ha sempre avuto la capacità di sondare l’essenza di un soggetto senza stare a considerare gli orpelli di rappresentatività, è una condizione devastante.
L’ipocrisia negletta che ci accerchia è talmente invasiva che ci plasma le visceralità più chiare del nostro essere uomini e donne divincolati, sciolti e aperti. Buona parte della massa è arrabbiata per scopi di differente natura e cerca un appiglio vendicativo per distruggere l’altro in modo più autocompiacente.
Mi sono chiesta se serva; se occorre lanciarsi in piena energia verso la cancellazione di questa logica corrosiva.
E’ sempre un viaggio distruttivo che bisogna compiere con scarpe solide e cuore pulito, e saper trovare l’equilibrio giusto per imparare a rispettare ciò che si è, ma abituandosi anche soppesare la corsa prima di aver lasciato i piedi in ammollo in acqua per troppo tempo, affermando le proprie necessità con smoderata chiarezza, e senza lasciare che il dubbio consumi, totalmente, quello che eravamo fino a pochi chilometri prima.
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