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La politica che vorrei – Pepe Mujica a Barcellona

Da Giulia Calli @30anni_Giulia

Faccio parte della grande percentuale di popolazione delusa dalla politica, sia italiana perché è quella che conosc(ev)o meglio, sia mondiale. Delusione generalizzata derivante dalle discussioni con gente di tanti Paesi diversi e con la quale, nonostante le incredibili differenze culturali, si arriva sempre al nodo maledetto: i nostri politici ci hanno deluso e non ci sentiamo rappresentati da loro (eppure continuiamo ad andare a votare...). Giusto per fare un esempio del mio stato d'animo, ieri lasciavo un commento sfiduciato sul tema nel post "In Fuga" del blog di Stefano.

Eppure oggi io e altre 450 persone - più centinaia di altre che non sono riuscite a entrare - ci siamo riunite in un centro civico di Barcellona per ascoltare un politico che riesce a far convivere in un discorso lucido e realistico le parole felicità, globalizzazione, deforestazione e politica monetaria. E non ci parlava in vista di elezioni o per accaparrarsi dei voti. È un presidente nazionale uscente, vedete un po' voi.

Un ottantenne ateo, umile, innamorato della vita e della sua vieja Lucia - politica anche lei - sua compagna dagli anni della dittatura e della lotta sociale e con la quale ora condivide la vita in una casupola di un paese di campagna a 20 km da Montevideo, Uruguay.

Oggi ho conosciuto Pepe Mujica e Lucia Topolansky.

Pepe è un politico ma forse no. Il moderatore lo ha chiamato filosofo, e non so se dargli ragione. Io preferisco chiamarlo saggio: un uomo che, insieme a Lucia, ha lottato e sofferto tanto per i suoi ideali e che è riuscito a portare in politica la realtà, quella vera, che prescinde dalle logiche di potere e dai soldi, con un discorso non nazionalista, aperto alle differenze, alla concreta decisione politica, alle novità e - perché no - anche alle cose belle della vita, l'amore, gli amici, la felicità.

Oggi ha parlato di America Latina e della sua relazione con il nostro vecchio e piccolo continente europeo, preoccupato per una crisi che - parole sue - il Sud del mondo guarda con invidia, se confrontata con i suoi problemi. Noi che non ci preoccupiamo di avere fame, di subire ingiustizie che limitano le nostre libertà di base, che abbiamo paura dell'estraneo e di perdere il nostro gruzzoletto accumulato con ore di lavoro extra che ci allontanano dal nostro tempo libero e dalle persone che ne fanno parte, immersi come siamo in un vortice di consumismo sfrenato che ci impedisce di pensare.

Ascoltando Pepe può succedere di sentire una pugnalata al cuore e di ritrovarsi con le lacrime agli occhi mentre parla della potenza dei nostri sogni, di quanto ci auto-costringiamo in un sistema che non ci rende felici, di quante mancanze ci circondiamo come scusa alla nostra immobilità di fronte al cambiamento.

Un'ora e mezza di ispirazione, un concentrato di speranza e scosse elettriche di triste realtà:

La vita mi ha dato molti schiaffoni eppure se tornassi indietro chiederei di riviverla, anche se le sofferenze sono state molte. Eppure non conosco paradiso migliore. Non sono d'accordo con chi dice che questa vita è una valle di lacrime che dobbiamo attraversare in attesa di un paradisiaco aldilà. Il paradiso e l'inferno sono qui e ora, e la preponderanza dell'uno o dell'altro dipende da noi. La felicità sta nella nostra testa, e di certo non abbiamo bisogno di cose per ottenerla, non abbiamo bisogno di cambiare il cellulare ogni tot mesi per poi pagarlo a rate, non abbiamo bisogno di sentirci schiavi del nostro lavoro solo per accumulare più soldi né di evitare di fare figli con la scusa che non ce lo possiamo permettere. Ci diciamo "non voglio che a mio figlio manchi niente", e alla fine l'unica cosa che gli manca siamo gli stessi genitori. Abbiate il coraggio di affrontare la vita e i suoi cambiamenti, e non parlo solo della lotta politica, ma anche dell'amore e delle vostre relazioni con le persone che vi circondano. Mobilitatevi contro il pessimismo. Smettiamola di etichettare la gente in uomini e donne, bianchi e neri, giovani e vecchi: ci sono solo due categorie umane, coloro che si impegnano per cercare di cambiare in meglio la loro vita e quella degli altri, e coloro che scelgono di non farlo.


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