Ai primi di ottobre del 1937 Fosco Maraini si trova a Gangtòk, la capitale del Sikkim, di ritorno dal Tibet. Gli resta ancora un mese prima di tornare in Europa e pensa di organizzare una breve visita ai monti più alti della terra. Il 7 ottobre parte da Gangtòk (“Quando si lasciava Gangtòk, ai confini dell’India, si diceva addio alla civiltà e al mondo per sei mesi. Potevano essere scoppiate dieci guerre, non l’avremmo saputo; era affascinante quel tuffo nel nulla”, dirà in un’intervista) insieme ad alcuni portatori. Lo accompagna anche Drolmà, un’affettuosa e sveglia cagnetta tibetana tutta nera.
Maraini, etnologo, antropologo, orientalista, viaggiatore, alpinista e fotografo, raccoglie una relazione di questo viaggio, seguendo gli appunti che butta giù quasi ogni sera.
“A scuola, ricordo, ero un cannone in geografia; sapevo perfino dove si trova il Sikkim. Questa nozione, insieme alle altre d’Urga capitale mongola, Tupungato montagna dell’America meridionale, Jan Mayen isola norvegese e Koko-Nor lago dell’Asia centrale, costituiva uno di quei gioiellini da collezionisti che mi rendevano assolutamente imbattibile.
Se chiudo gli occhi e mi riporto con la memoria all’aula stracca dove andavo assaggiando i primi bocconi del sapere, vedo ancora un vecchio mappamondo appeso alle pareti, e lì, a Nord dell’India, ricordo che spiccavano tre misteriosi staterelli: a sinistra c’era il Nepal, a destra il Bhutan, e la perlina di mezzo, più piccola di tutte, era appunto il Sikkim incastrato a viva forza fra le due sorelle maggiori e proprio a ridosso d’una catena di monti, I’Imàlaia, la quale, a giudicare dalla cupezza delle tinte marroni, doveva essere altissima.”
In occasione del centenario della nascita di Fosco Maraini, Corbaccio ripubblica un volume di grande valore, Dren-Giong. Appunti di un viaggio nell’Imàlaia, il primo libro di Maraini, uscito nel 1938 per Vallecchi e da allora mai più ristampato.
Un omaggio necessario e indispensabile al grande studioso e “italiano insigne” (come scrive il Dalai Lama nella prefazione) che, come scrive Andrea Casalegno, rappresenta “quella specie rara di etnologi-narratori capaci di immergersi incondizionatamente nei più diversi universi culturali, sociali e umani, insegnando ad essere cittadini del mondo”.
Fosco Maraini
Dren-Giong
Corbaccio
2012