La Calabria è una terra bellissima, con un panorama talmente vergine, da sembrare inverosimile. Eppure per quanto è splendida, per quanto rievochi miti, altrettanto è una terra aspra e dura. Finché hai un entusiasmo, uno stimolo che ti sprona ad andare avanti, cerchi di restare arroccata a queste immagini di paradiso dalle sfumature mediterranee: il sogno della Magna Grecia sembra essersi fermato nel tempo. Ma quel tempo non c’è più. E quando scopri che tutto è caduco, che i tuoi sforzi sono vani, decidi di smetterla con le illusioni. Ecco perché tanto tempo senza scrivere. Questo tempo e questa terra ti sfiancano. Non la Calabria in sé, che come lido mantiene il suo fascino, appunto immutato, ma la sua anima, la complessità della sua gente ti spossa: un genere che sembra non conoscere il senso civile. Non voglio dire che tutti i calabresi contribuiscano alla realtà di miseria della Calabria, voglio solo dire che non hanno voglia di cambiare, di ribellarsi ad una cultura sotterranea fatta di compromessi, di facciate imbiancate e di chiusura. E questo vale anche per la brava gente, che è davvero tanta in Calabria.
Io non ho avuto voglia di prendere in mano una penna, perché il paesaggio desolato che ho davanti mi deprime e mi lascia disarmata. Ho perso la fiducia, in tutto e in tutti, perciò ho deciso di intraprendere un viaggio, quanto lungo non lo so. Voglio scoprire quanta radice ci sia in me e cosa ci sia oltre quell’orizzonte. Prima Bologna, maestosa, romantica, pregna di cultura, poi Ferrara, che sembra nascondere delitti oscuri nelle sue nebbie, adesso Bergamo dove mi aspetta un pezzo di famiglia già emigrata e domani Milano, dove forse sarà la mia famiglia. Mete che mi sono prefissata, un po’ per fuggire, un po’ per ritrovare la strada.
Lo scrittore, il giornalista, chi vive di scrittura ha bisogno di osservare, e a tratti anche di pensare. Io ho pensato, ora ho bisogno di osservare. Non so se mi ritornerà quella voglia infinita di scrivere. Fiumi di inchiostro che sembrano non appartenermi più, perché anche la mia scrittura sente di dover virare, aspettare un altro vento, ingranare quella marcia che ora le manca.
Buone cene a tutti; senza proclami e senza auguri particolari: solo che qualcosa cambi. Tutto qui. Ironia a parte.