Liberi di ricominciare - V.R.
Ci sono momenti nella vita in cui ci si ferma a guardare “fuori dalla finestra”.
Momenti nei quali ci si deve limitare a guardare, fuori dalla finestra, le vite degli altri. C’è chi corre, chi passeggia, chi impreca perché ha perso l’autobus, chi borbotta perché ha perso l’attimo, chi fischietta perché si sente padrone del mondo.
Poi improvvisamente uno scroscio. La pioggia era nell’aria. La tempesta era nell’aria, la si ha già negli occhi quando si guarda il mondo affacciati a una finestra.
E via d’improvviso tutto viene lavato via. Ponti, certezze, fanghiglia, diamanti. Tutto viene trascinato dalla corrente.
E l’unica cosa da fare è “aspettare”. Non che la tempesta finisca: quella fa il suo lavoro. Ma aspettare altro, qualche altra cosa, qualche altra persona.
Aspettare. Fino allo sfinimento. Fino a perdere la pazienza, la speranza, la forza di crederci.
Poi arriva.
Un dolore acuto alla schiena. Sono le ali delle aquile che si svegliano. Anchilosate, dimenticate, irrigidite, ma ancora vive, funzionanti. Hanno solo bisogno di esercizio.
Allora troveremo il coraggio che ci è mancato per molto tempo.
Perché per molto tempo siamo rimasti a guardare le ombre proiettate sul muro della caverna. Per molto tempo abbiamo scambiato le tenebre per la luce. Per molto tempo siamo stati morti.
Troveremo il coraggio di spalancare le ali, anche se farà male, anche se questo ci costringerà ad abbandonare il porto sicuro della stanza per sfidare le grandi vertigini, perché è alle nuvole, al cielo, all’aria libera che noi aquile apparteniamo.
Solo un’aquila vola nella tempesta cercando l’alba.
P.s.: no Lotito, non è un post sulla Lazio.