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Archeologia. Scoperto a Sant’Agata di Bologna il pozzo delle meraviglie
Creato il 11 novembre 2013 da Pierluigimontalbanodi Alessandro Belardetti
Bologna. E’ diventato il pozzo delle meraviglie, era diventato la ‘cassaforte’ di una villa romana . Un giorno dopo l’altro sono venuti a galla oggetti antichi e preziosi, mandando così in estasi gli archeologi che stavano scavando per arrivare alla fine del pozzo della villa romana — 2.100 metri quadrati, risalente alla seconda metà del I secolo avanti Cristo — di Sant’Agata.
«Alla fine dei lavori il pozzo si è rivelato profondo 10,7 metri (ad agosto si era arrivati a sei, ndr) — spiega Tiziano Trocchi, funzionario della Soprintendenza regionale —. Fino a sette metri non abbiamo trovato nulla, poi verso gli otto sono apparsi oggetti meravigliosi, tra cui una quarantina di vasi in ceramica e quattro vasi (pentole e brocche, ndr) di bronzo e rame, tutti perfettamente intatti».
Gli studi preliminari hanno consentito di stabilire che il pozzo fosse un deposito di materiali di uso quotidiano e oggetti di valore. «Probabilmente gli abitanti della villa hanno depositato volontariamente questi reperti — prosegue Trocchi —, per preservarli da eventi traumatici. Indicativamente siamo tra il VI e VII sec. d.C., così si può pensare alla Guerra Gotica tra Impero bizantino e Ostrogoti in Età Longobarda. Il territorio era in subbuglio e, avendo trovato strati di fogliame tra il vasellame, pare logico che questi oggetti venissero considerati importanti a tal punto da conservarli».
La villa è stata attiva, con la sua parte rustica e quella produttiva, fino al III sec. d.C. e infatti sono stati trovati anche pettini, cucchiai, coltelli e altri beni (104 reperti in tutto). Ma aver portato alla luce un pozzo deposito, usato dal I sec. a.C. fino al VII d.C., all’interno del suo contesto ambientale è il primo caso tra Bologna e Modena. «Un aspetto che stupisce è aver trovato una brocca di bronzo rattoppata diverse volte — analizza Trocchi —: non potevano buttarla e si capisce che erano periodi duri dal fatto che è stato conservato anche vasellame in ceramica».
A spiegare l’importanza sul piano storico della scoperta, ci pensa il sindaco di Sant’Agata, Daniela Occhiali: «Si tratta di un tesoro che nessuno pensava fosse lì. Man mano che andavamo avanti quel pozzo diventava un oggetto del desiderio e ci ha regalato forti emozioni. A un certo punto con la Soprintendenza, il Museo Archeologico Ambientale e la Partecipanza abbiamo dovuto cambiare strategia: trovare finanziamenti e mezzi nuovi. I costi sono lievitati: solo per il pozzo hanno raggiunto i 30mila euro, ma rifarei tutto. Vogliamo che tutti i resti archeologici trovati rimangano qua».
Fonte: Il Resto del Carlino
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