“Io voglio tornare in Italia. Non per un colpo di testa, ma perché penso sia necessario farlo. Vi sembrerà una follia, ma spero di convincervi del contrario. Qui si tratta di tornare per incontrare le tante persone, giovani e non, che ci sono in Italia. Dire loro che le cose possono funzionare. Lo hai visto con i tuoi occhi e vorresti ricrearlo a casa tua, nel tuo piccolo“.
E” un messaggio decisamente in controtendenza, quasi spiazzante, quello che Clara Lopez, 27 anni, architetto a Londra, lancia da Oltremanica. Chi pensa che i giovani professionisti italiani emigrati abbiano completamente rinunciato a dire la loro dovrà insomma ricredersi…
Parte da lontano la storia di Clara Lopez: il nome spagnolo nasconde in realtà un’identità “italianissima”. Tuttavia, i primi anni di vita Clara li trascorre proprio a Madrid, al seguito della famiglia. Poi torna in Italia, frequenta le scuole qui e riparte -per gli studi universitari- in direzione Svizzera, Accademia di Architettura a Mendrisio.
“Armata di laurea con lode e tanta voglia di fare sono quindi tornata a Milano, la mia città natale, alla ricerca di un lavoro“, racconta Clara. Il risultato di questa ricerca è decisamente frustrante: diversi colloqui, tutti con esito negativo. Soprattutto, tanta ostilità, pregiudizi e insopportabili manifestazioni di maschilismo.
Concluso così un lavoro a progetto di tre mesi (l’unico trovato sull’asfittico mercato lavorativo italiano), Clara riparte per Madrid, ma la crisi che attanaglia la Spagna la riporta presto indietro. Un tentativo di lavorare come libera professionista nel Belpaese si rivela un buco nell’acqua: troppa la burocrazia, troppe le file all’ufficio di turno, anche solo per capire cosa sia titolata a fare, un giovane architetto outsider come lei, in un Paese dominato da caste e corporazioni.
Il volo per Londra è così pronto: in Gran Bretagna Clara trova un lavoro con uno “stipendio buono, straordinari pagati, disparità sessuali inesistenti. Fantascienza per le mie orecchie e per i miei occhi“. Il finale della storia è ancora tutto da scrivere. Lei, “nomade da tempo“, in Italia ci vuole tornare. E cambiare le regole del gioco.
Ospite della puntata è Nicola Di Battista, architetto, docente universitario, già vicedirettore della rivista Domus. Con lui, esempio di architetto che lavora a stretto contatto con i giovani, cerchiamo di capire come si possano -concretamente- cambiare le cose, riportando il “sistema-archiettura” Italia ai fasti che merita, dopo questi ultimi decenni di declino.
Nella rubrica “Expats” restiamo a Londra, per raccontarvi un bel progetto online, che racconta l’emigrazione dei giovani professionisti dalla Campania. Lo ha realizzato la giornalista Valentina Romeo, lei stessa espatriata in UK. Si chiama, con un messaggio anche in questo caso improntato alla positività, “Good Times for a change”.
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La discussione di dicembre: “Una maggiore e più concreta integrazione università-mondo del lavoro può evitare la fuga dei talenti dall’Italia, favorendo canali sani e meritocratici di ingresso? Con esperienze reali fin da studenti? O serve anche altro?”
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