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Affascinante e misterioso, fenomeno durevole ed insieme effimero, l’arcobaleno è stato sempre collegato alle divinità da molte culture del mondo.
Per i cinesi l’arcobaleno era una fessura nel cielo sigillata da una divinità con pietre di sette diversi colori. I Greci credevano fosse il sentiero percorso da un messaggero che gli dei inviavano agli uomini. Per i Vichinghi l’arcobaleno era invece un ponte, che collegava la dimora degli dei e la terra degli uomini. Per gli Indù è l’arco di Indra, il dio del fulmine e del tuono.
C’è anche una curiosa leggenda che lega l’arcobaleno ai folletti.
In particolare in Irlanda si crede che un particolare folletto irlandese (il leprechaun) nasconda il suo prezioso pentolone pieno d'oro proprio alla fine di un arcobaleno.
Questa luce multicolore è anche un simbolo di speranza, dopo l’oscurità e i pericoli della tempesta.
Secondo un antico racconto biblico, quando smise di piovere e le acque cominciarono a ritirarsi, Dio stesso pose il proprio arco sulla terra per suggellare la promessa di non inviare più il Diluvio sulla Terra.
L’arcobaleno è un po’ anche il simbolo della fantasia, del saper guardare oltre le nubi. Gianni Rodari l’ha descritto così:
“Dopo la pioggia viene il sereno,
brilla in cielo l'arcobaleno:
è come un ponte imbandierato
e il sole vi passa, festeggiato.”
Gianni Rodari (Omegna il 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980) nacque sul Lago d’Orta e in questi giorni ricorre il 21° anniversario della sua morte. per ricordarlo, la cittadina di Omegna alcuni anni fa ha realizzato il Parco della Fantasia. Su una piccola altura che sovrasta la città, nota come Monte Zuoli, sono stati realizzati i "Giardini della Torta in Cielo", dal titolo di un omonimo racconto di Rodari.
Vi sono degli spazi attrezzati per il pic nic e ogni piramide che ospita i tavoli è sormontata da un arcobaleno colorato. E nelle belle giornate occorre partire la mattina presto per assicurarsi un posto a tavola su quella collina da cui si ha una delle viste più belle sul lago d’Orta!
Una cosa curiosa, che collega il luogo alla speranza, è che nelle vicinanze vi sono alcuni massi con delle coppelle incise e delle rocce levigate. Secondo un’antica tradizione si tratta di “scivoli della fertilità” su cui le donne che non riuscivano a rimanere incinta si lasciavano scivolare nella speranza di concepire un figlio.Tratto da La Bottega del Mistero a Siamo in Onda su Puntoradio del 16.04.2011.La foto è una cortesia di ELE.
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