Dopo numerosi processi Videla viene condannato a 2 ergastoli ovvero 50 anni di carcere per crimini contro l’umanità e i quali l’assassinio e la tortura di 30000 persone, attualmente l’ex presidente Videla è in carcere. Una storia tragica quella dell’Argentina all’epoca di Videla salito al governo il 24 marzo 1976 con la sua giunta militare nota al mondo intero per la violazione dei diritti umani è continua, in quegli anni in Argentina si vive nella continua sospensione delle libertà civili e sindacali; decine di migliaia di persone vengono rapite, massacrate, torturate e fatte sparire. Per essere vittime della dittatura bastava essere ritenuti militanti di organizzazioni studentesche, sindacali, politiche o che si ritenesse potessero svolgere una qualsiasi attività che interferisse con le politiche nazionali. E’ la desaparecion: ratto, tortura e scomparsa. In quegli anni connivente con il regime di Videla è la chiesa. E’ Videla stesso che ammette la connivenza tra la sua giunta militare e gli uomini della Chiesa in una delle ultime udienza
Secondo Videla la Chiesa si spinse addirittura a “offrire i suoi buoni uffici” affinché il governo informasse della morte dei figli tutte le famiglie che si fossero impegnate a non rendere pubblica la notizia e a smettere di protestare. È la prova che la Chiesa era a conoscenza dei crimini della dittatura militare, come risulta dai documenti segreti pubblicati in libri e articoli e la cui autenticità l’Episcopato è stato costretto a riconoscere dinanzi alla giustizia. Ma è altresì la prova di un coinvolgimento attivo dell’Episcopato per garantire il silenzio dei familiari delle vittime, silenzio di cui la Chiesa era garante. Videla ha detto che non fornirono informazioni sui desaparecidos affinché nessuna madre chiedesse “dove è sepolto mio figlio per portargli un fiore? Chi l’ha ucciso? Perché? Come l’hanno ucciso? A nessuna di queste domande fu data risposta”.
Il ragionamento è il medesimo che Videla fece il 10 aprile 1978 nel corso di un cordiale pranzo alla presenza della commissione esecutiva dell’Episcopato. Secondo la nota informativa inviata dai vescovi al Vaticano, Videla aveva detto loro che “sarebbe ovvio” affermare che nessuno è desaparecido, che “sono morti”, ma che una tale affermazione avrebbe “alimentato una serie di domande sul luogo della sepoltura. Era forse una fossa comune? E in tal caso: chi li ha messi in questa fossa? Insomma una serie di domande alle quali il governo non poteva rispondere sinceramente per le conseguenze a carico di alcune persone”, vale a dire per proteggere i sequestratori e gli assassini. (Il Fatto)
Anche la Chiesa sapeva quel che accadeva in Argentina, tanti sono gli uomini di Chiesa citati nei processi a testimoniare, tra di essi spicca il nome del Papa Francesco I.
L’ex dittatore argentino, Jorge Videla durante il processo ha rivelato
le pesanti complicità delle gerarchie ecclesiastiche con il regime militare. Intervistato in carcere, ha fatto presente come l’allora nunzio apostolico Pio Laghi e l’ex presidente della Conferenza episcopale di Argentina Raul Primatesta, assieme ad altri vescovi, abbiano concretamente dato al governo dei golpisti consigli su come gestire l’uccisione dei desaparecidos. Ma Videla conferma non solo questo, ma che la Chiesa offrì i suoi “buoni uffici” al governo per informare della sorte atroce dei desaparecidos esclusivamente quelle famiglie che avessero scelto poi di non divulgare pubblicamente i crimini e di interrompere le proteste.
Negli incontri con i prelati, anche in episcopato, religiosi e militari si accordavano persino per gestire le uccisioni dei desaparecidos, in modo da minimizzare fughe di notizie. Tutti nuovi elementi che confermano ulteriormente il lavoro di giornalisti come Horacio Verbitsky, sulle connivenze pesanti tra Chiesa cattolica e regime militare.
Ad esempio, gli ufficiali che prendevano parte alla mattanza dei detenuti politici si sarebbero consultati con le autorità ecclesiastiche per ucciderli nella maniera “più cristiana e meno violenta” possibile. Per la cronaca, la soluzione era un’iniezione di penthotal per sedare le vittime, che venivano poi buttate a mare da un aereo e che quindi affogavano.
Un capitano di marina, Adolfo Scilingo, che prendeva parte ai ‘voli della morte’ turbato si rivolse ad un sacerdote. Il quale, citando alcune parabole bibliche, sosteneva che i desaparecidos uccisi così non avevano sofferto. Fu quindi concordato con la Chiesa questo modo per somministrare una ‘dolce morte’ ai dissidenti. Perché la fucilazione di migliaia di persone avrebbe destato le proteste del papa. E gli imbarazzi di tutti quei prelati legati a doppio filo col regime. (UAAR)