L’Armenia, con la ratifica del trattato a Minsk, ha ufficialmente aderito all’Unione Doganale Euroasiatica, la creatura di Putin finalizzata a dar vita ad una nuova comunità di stati tra i quali ci sia un accordo di libero scambio e che, sotto la guida di Mosca, possa tener testa ad Unione Europea, Stati Uniti e Cina, oltre a creare un nuovo blocco in grado di contrapporsi alla Nato.
Stati membri di questa nuova organizzazione sarebbero però solo repubbliche ex sovietiche, la cui influenza economica sul panorama globale è minima: a Russia, Bielorussia, Kazakistan ed ora Armenia si potrebbero infatti aggiungere Kirghizistan e Tagikistan, vantando così un prodotto interno lordo di poco superiore ai 2.000 miliardi di dollari, nulla rispetto agli oltre 17.000 miliardi dell’Ue, ai 14.000 miliardi degli Usa o agli oltre 8.000 miliardi cinesi.
A neanche 24 ore dall’adesione però, per manifestare il loro dissenso nei confronti della decisione del presidente Sargsyan, decine di migliaia di armeni sono scesi nelle piazze di Erevan, scandendo slogan contro il governo; l’entrata nell’Unione Doganale è stata però di fatto una scelta obbligata: l’Armenia si trova infatti in una situazione di isolamento politico, dovuto alle sue politiche nei confronti dei paesi vicini, oltre che in una condizione di dipendenza economica dalla Russia, che le garantisce la disponibilità di gas, forniture di uranio per le centrali nucleari e armi, necessarie per tener testa al vicino Azerbaigian, in rapida crescita economica e militare, del quale occupa l’altopiano del Nagorno-Karabakh ed altre sette province circostanti (in totale il 20% del territorio azero) e con cui è in guerra da oltre un ventennio.
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Armenia. Proteste ad Erevan per ingresso in Unione Doganale, ma la scelta è obbligata
Creato il 11 ottobre 2014 da Giacomo Dolzani @giacomodolzaniPossono interessarti anche questi articoli :
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